Far afferire i tumori pediatrici più complessi in (pochi) centri di cura ad alta specializzazione fa la differenza. Soprattutto per i tumori solidi
Nel caso dei tumori che colpiscono i bambini e gli adolescenti, fare prevenzione primaria è di fatto impossibile. La differenza, al fine del superamento della malattia, può farla la diagnosi precoce. Ma anche la scelta del centro di cura è fondamentale. Trattandosi di neoplasie comunque rare (sono i 2.200 nuovi casi annui che si registrano in Italia, tra gli 0 e i 19 anni) e piuttosto eterogenee, maggiore è l’esperienza degli specialisti che si occupano di un piccolo paziente oncologico e più sono alte le chance di sconfiggere il tumore. Un aspetto che emerge da un’indagine condotta in sei Paesi europei, i cui risultati sono stati pubblicati sull’European Journal of Cancer.
Cosa dire a un figlio se un suo amico si ammala di cancro?
CURARSI, MA DOVE?
I ricercatori - lo studio è stato condotto nell’ambito del progetto europeo «Rarenet» in sei Paesi: Belgio, Bulgaria, Finlandia, Irlanda, Olanda e Slovenia - hanno raccolto e analizzato una serie di informazioni al fine di valutare quanto il numero di casi trattati da ogni singolo centro fosse in grado di incidere sulle probabilità di guarigione di un bambino alle prese con un tumore. Osservando in alcuni casi fino a tredici anni la sopravvivenza di oltre 4.400 piccoli pazienti ammalatisi di cancro tra il 2000 e il 2007, è emerso un dato piuttosto chiaro. Indipendentemente dallo Stato considerato, il più elevato volume di attività di un ospedale è risultato correlato a un più alto tasso di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi. «Il rapporto tra esperienza ed esito positivo delle cure è noto da tempo, ma questi dati derivano da Paesi con un'organizzazione diversa da quella italiana - afferma Marco Zecca, responsabile del reparto di oncoematologia pediatrica del policlinico San Matteo di Pavia -. La cooperazione in atto ormai da molti anni tra i centri del nostro Paese ci ha permesso di rendere omogenei i tassi di sopravvivenza sull'intero territorio nazionale».
TUMORI NEGLI ADOLESCENTI: QUAL E'
LA SITUAZIONE NEL NOSTRO PAESE?
I CENTRI DI ONCOLOGIA PEDIATRICA IN ITALIA
La ricerca svela come, nel caso dei tumori ematologici, la «centralizzazione» dei pazienti incida in minore misura sull’esito dei trattamenti. Merito della diffusione dei protocolli di cura, grazie ai quali le terapie farmacologiche sono ormai standardizzate. Più ampia si rivela invece la forbice quando i tumori da trattare sono solidi: sarcomi dei tessuti molli, osteosarcomi e tumori cerebrali. Vero è che da una decina d'anni l'approccio è uniforme anche nei confronti di queste malattie. Ma poiché in simili situazioni l'approccio deve essere multidisciplinare, la necessità di avere chirurghi, radioterapisti, oncologi e anatomopatologi con un'esperienza adeguata nel trattamento di tumori comunque rari fa in modo che ancora oggi esistano centri di eccellenza per cui vale la pena di spostarsi. «Questa situazione si verifica soprattutto nei casi che appaiono fin da subito molto complessi o quando occorre un trattamento di seconda linea con farmaci ancora in sperimentazione - prosegue Zecca, che presiede l'Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica (Aieop) -. In entrambi i casi, l'indicazione deve comunque giungere dallo specialista che ha in cura il paziente». La collaborazione attiva tra tutti i centri di oncologia pediatrica in Italia - 50 in tutto, con Piemonte e Toscana organizzati in una rete di «hub» e «spoke» - permette di limitare la migrazione sanitaria. Merito soprattutto del sistema di revisione centralizzato degli esami diagnostici messo a punto dall'Aieop e disponibile gratuitamente per tutti i centri di oncoematologia pediatrica che appartengono alla rete. «Per ogni malattia oncologica infantile, esiste un gruppo di esperti nazionali che supervisiona ogni singola diagnosi». Così facendo, il rischio di iniziare una terapia inappropriata dovrebbe essere pari a zero.
TUMORI PEDIATRICI: UNA SITUAZIONE A MACCHIA DI LEOPARDO
Sono circa 1.400 i bambini (0-14 anni) e 800 gli adolescenti (15-18 anni) che ogni anno in Italia si ammalano di cancro. Oggi, grazie ai progressi ottenuti dalla ricerca, circa l’80 per cento dei bambini e degli adolescenti è vivo a cinque anni di distanza dalla scoperta della malattia. Questi sono i dati italiani, perché sulla precocità delle diagnosi e sulle possibilità di guarigione lo scenario è invece molto eterogeneo, a livello mondiale. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Oncology, la sopravvivenza globale è di molto inferiore a quella italiana (37 per cento). Ampia è la forbice tra i diversi Paesi. Il dato varia dall'otto per cento dei Paesi dell'Africa orientale all'83 per cento degli Stati Uniti e del Canada. Di questo passo, l'obiettivo dell'Organizzazione Mondiale della Sanità di raggiungere un tasso di sopravvivenza medio del 60 per cento per almeno sei tumori (leucemia linfoblastica acuta, linfoma di Hodgkin, linfoma di Burkitt, retinoblastoma, nefroblastoma e gliomi di basso grado) rischia di rimanere soltanto sulla carta.
Sostieni la ricerca contro i tumori pediatrici con una donazione per i bambini malati di tumore
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).