Dopo la malattia, Alessandro e la sua famiglia hanno scoperto una forza e una consapevolezza nuove, che rendono ogni momento più prezioso. Anche se qualche paura resta
È la mattina di Natale del 2022. Marco è seduto in macchina, nel parcheggio dell’Ospedale San Matteo di Pavia. A causa delle restrizioni legate al Covid, non può entrare quando desidera, ma è lì comunque, per stare vicino a suo figlio Alessandro, di dieci anni. Il piccolo, accompagnato da mamma Tania, è ricoverato in uno dei reparti più temuti da ogni genitore, quello di oncologia pediatrica, per una febbre alta. Le sue difese immunitarie, infatti, sono estremamente basse a causa delle numerose chemioterapie che sta affrontando per ridurre la massa tumorale che lo ha colpito al bacino.
LA DIAGNOSI
Che si trattasse di sarcoma di Ewing si è scoperto pochi mesi prima, a luglio. Sembrava un semplice dolore alla gamba destra, dovuto a qualche botta presa giocando a calcio o tuffandosi in piscina durante il centro estivo. Tutto nella norma per un bambino vivace come Alessandro. Quando il dolore non passa e diventa sempre più invalidante, esami approfonditi rivelano la presenza di un tumore osseo di secondo stadio alla cresta iliaca, una parte del bacino.
Alessandro viene così affidato alle cure dell’equipe di Oncoematologia pediatrica del San Matteo di Pavia, guidata dal dottor Marco Zecca.
«Quando siamo arrivati in reparto ci si è aperto un mondo che da fuori è inimmaginabile, ma il personale sanitario è stato fantastico. Ad Alessandro è stato spiegato cosa avesse e lo hanno rassicurato sul fatto che sarebbe stato curato. L’attenzione è stata subito spostata sull’obiettivo della guarigione, un passettino alla volta», ricorda Tania.
«Quando Alessandro si è ammalato, mi sono messo in testa di fare il possibile perché guarisse. Non avendo le conoscenze e i mezzi per farlo io stesso, mi sono affidato con piena fiducia ai medici, alla scienza e alla ricerca», racconta Marco.
LE CURE ONCOLOGICHE
Le cure per ridurre la massa tumorale sono state numerose e impegnative: svariati cicli di chemioterapia, 33 cicli di adroterapia, utilizzata per trattare tumori difficili, e di nuovo chemioterapia.
«Le chemioterapie erano pesanti, avevo molta nausea», interviene Alessandro. «La perdita dei capelli, poi, è stata una delle cose più difficili da affrontare. Odiavo essere pelato, ma con bandane e cappelli è andata un po’ meglio».
Con il passare dei mesi e il proseguire delle cure, il caso di Alessandro viene studiato anche all’ospedale ortopedico Gaetano Pini. A seguito di una risonanza, il dottor Primo Daolio, già primario dell’Istituto, dichiara il tumore di Alessandro operabile.
L’OPERAZIONE
Dopo aver passato 50 giorni nella camera sterile dell’ospedale insieme a sua mamma Tania per l’ultima fase con la chemioterapia ad alto dosaggio e il trapianto autologo di cellule, Alessandro si sposta dal San Matteo di Pavia al Gaetano Pini di Milano, dove viene operato l'8 agosto 2023. La massa tumorale è rimossa e il bacino ricostruito con una parte del suo stesso perone, supportato da una barra in titanio.
Come ricorda il dottor Daolio, che ha condotto l'intervento, «ogni caso è unico. A volte, l'unica opzione per salvare il piccolo paziente è l'amputazione; altre volte si può rimuovere la massa con o senza ricostruzione della parte asportata. Trattandosi di un'operazione rischiosa per la forte probabilità di infezioni, molti colleghi avrebbero scelto di rimuovere il tumore senza ricostruzione. Questo avrebbe lasciato l'arto più corto, con una zoppia evidente. Noi abbiamo deciso di rimuovere il tumore e di ricostruire la parte del bacino utilizzando una porzione di perone prelevato dall'altro lato. È stato fondamentale il contributo del professor Innocenti, un esperto microchirurgo che ha innestato le vene e le arterie del bacino a quelle del perone, rendendo l'osso vitale e prevenendo il deterioramento che si sarebbe verificato con protesi in titanio o con osso inerte proveniente da cadavere».
UNA MONTAGNA DA SCALARE
L'operazione dura ore, ma riesce perfettamente. Il post-operatorio, però, si rivela un'altra montagna da scalare.
«Subito dopo l’intervento, Alessandro ha faticato molto a mangiare, perdendo molti chili», racconta Tania. «Inizialmente la mucosite gli rendeva difficile alimentarsi, poi è arrivato un rifiuto persistente». Marco, per il mese di permanenza in ospedale dopo l’operazione, cucinava nella casa del cappellano dell'Istituto: risotto, bistecca, qualsiasi cosa potesse invogliare suo figlio. «Ogni piccolo boccone era una conquista», ricorda. «Poi, verso la fine di ottobre, Alessandro ha chiesto una Coca-Cola. È stata la cosa più bella che ci abbia detto». Da quel momento le cose sono andate meglio e, lentamente, Alessandro ha ripreso a mangiare.
PRECAUZIONI E RINUNCE
Il periodo post-operatorio è segnato da mille precauzioni e rinunce. Alessandro indossa prima un gesso a guscio, poi un tutore, giorno e notte. Non può esporsi al sole e ogni minimo spostamento richiede infinite attenzioni. «Tra gesso e catetere venoso – ricorda Tania – lo spostavamo come fosse carta velina, con mille accortezze. Doveva lavarsi a pezzi per non bagnare il catetere e non poteva far altro che stare semisdraiato».
«Tre mesi così sono stati durissimi», interviene Alessandro. «Non riuscivo a fare nulla. Ogni tanto giocavo un po’ con la PlayStation e facevo qualche giretto in macchina con i miei genitori, ma nulla di più».
Oggi, però, Alessandro sta gradualmente riprendendo la sua vita. Cammina con le stampelle e, da quest’estate, ha potuto tornare in piscina, e anche al mare. La fisioterapia, che inizialmente era una fatica immensa, è diventata più che altro un gioco. Le cicatrici, però, non sono solo fisiche.
DELUSIONI E PAURE
Con la malattia, Alessandro ha dovuto fare i conti anche con le prime delusioni. Gli amici di sempre, con cui giocava a calcio all’oratorio, si sono fatti sentire sempre meno, fino a sparire del tutto. Per fortuna, sono rimasti i compagni di scuola, che non hanno mai smesso di mostrarsi vicini, inviando regali e biglietti portati a domicilio da un compagno di classe.
«Quando doveva fare la chemio, Alessandro mi diceva: ‘Prima inizio, prima finisco’, non aveva mai paura», racconta Marco. «Ma dopo l’operazione le cose sono cambiate e ha sviluppato timori che prima non esistevano. Vista la sua immunità compromessa, in quel periodo eravamo molto attenti a quello che mangiava e persino alle punture delle zanzare. Ora Alessandro controlla e ricontrolla il cibo prima di mangiarlo e teme i ragni. Anche la decisione di farsi il buco all’orecchio, pur desiderandolo molto, è stata un motivo di ansia. L’operazione l’ha segnato, ora ha molta più paura di tutto ciò che riguarda il suo corpo».
CAMBIAMENTI POSITIVI
Anche Marco e Tania sono cambiati profondamente. «Prima mi preoccupavo troppo di tutto, e soprattutto di tutti. Ora vivo più che altro nel mio mondo, fatto di affetti che contano davvero. Non nascondo che spesso ripenso a quello che è successo, e vivo sempre in allerta per la salute di Alessandro. Ad ogni modo cerco di godermi il momento», dice Tania.
Marco, invece, si sente molto più tranquillo: «Non ho più tempo per arrabbiarmi. Il passato è passato e dobbiamo solo pensare a costruire al meglio il futuro. Voglio vivere appieno ogni secondo».
Alessandro, dal canto suo, è diventato più riflessivo e protettivo nei confronti della famiglia. «Prima pensavo meno alle conseguenze di quello che facevo, adesso rifletto due volte prima di agire e ogni sera, prima di dormire, faccio un recap della giornata. Penso a cosa è andato bene e a cosa no», racconta.
Anche se il percorso di controlli e fisioterapia non è ancora finito, Alessandro lo affronta con il sorriso, circondato dal sostegno della sua famiglia e dei suoi inseparabili amici a quattro zampe: i cani Tyson e JJ e il gatto Gastone. Prima della malattia e dell’operazione Alessandro sognava di fare il chirurgo. Ora non la pensa più così, ma non c’è fretta. Ha tutto il tempo per capire cosa vorrà fare, ma è chiaro come vuole essere: premuroso, riflessivo e molto, molto schietto.
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Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile