Ridurre il rischio di malattia del trapianto contro l'ospite è possibile. Un nuovo protocollo di infusione in tre distinte fasi si è rivelato utile. I risultati saranno presentati al congresso EBMT

Ridurre il rischio di complicanze dovute al trapianto senza compromettere l'efficacia del trattamento. Come? Utilizzando un nuovo protocollo che prevede l'infusione delle cellule in tre distinti momenti. La terapia Orca-T, secondo i dati dello studio di fase 3 Precision-T, è stata in grado di dimezzare il rischio di malattia del trapianto contro l'ospite cronica moderata-severa rispetto al trapianto convenzionale. A beneficiarne sono stati i pazienti affetti da leucemia mieloide acuta, leucemia linfoblastica acuta, sindrome mielodisplastica ad alto rischio e leucemia a fenotipo misto. I risultati completi saranno presentati il prossimo 2 aprile al congresso dell'European Society for Blood and Marrow Transplantation (EBMT) di Firenze.
COME SI CURANO LE LEUCEMIE?
Nel trattamento di alcune forme di leucemia resistenti alle terapie convenzionali, il trapianto allogenico (ovvero da donatore compatibile) di cellule staminali ematopoietiche rappresenta da anni una delle poche opzioni curative. Questa procedura prevede la distruzione del midollo osseo malato del paziente -attraverso chemioterapia ad alte dosi- e la sua sostituzione con cellule staminali sane prelevate da un donatore compatibile. Oltre a ristabilire la normale produzione di cellule del sangue, il trapianto ha un importante effetto immunologico: le cellule del donatore possono riconoscere e distruggere eventuali cellule tumorali residue.
QUALI SONO I RISCHI DEL TRAPIANTO?
Ma il trapianto è tutt'altro che una passeggiata. Una delle complicanze più gravi è la GvHD, la malattia del trapianto contro l’ospite. In questa "sindrome" il nuovo sistema immunitario attacca i tessuti del paziente. La forma acuta compare nelle prime settimane e può colpire cute, intestino e fegato. La forma cronica, invece, può manifestarsi anche mesi dopo, diventando una vera e propria malattia infiammatoria sistemica che coinvolge polmoni, occhi, articolazioni e altri organi. Oltre a ridurre drasticamente la qualità di vita, la GvHD può essere difficile da trattare e spesso richiede terapie immunosoppressive prolungate. Per questa ragione non sempre il trapianto è indicato, specie nelle persone più fragili e negli anziani.
UN TRAPIANTO DIVISO IN TRE FASI
Ed è proprio per cercare di ridurre al minimo il rischio di questa complicanza che la ricerca si sta concentrando nel tentativo di mettere a punto delle possibili terapie anti-rigetto. Studiando i diversi attori del sistema immunitario, la compagnia biotech statunitense Orca Bio ha sviluppato un nuovo protocollo di cura denominato Orca-T. A differenza del trapianto classico, in cui tutte le componenti cellulari vengono infuse insieme, Orca-T prevede una somministrazione separata e temporizzata. Le prime a essere infuse sono le cellule T regolatorie, una popolazione altamente purificata e selezionata con una precisione superiore al 90%. Queste cellule raggiungono rapidamente gli organi solidi, preparandoli a ricevere, solo dopo alcuni giorni, le cellule T convenzionali del donatore. Quando queste ultime arrivano nei tessuti, trovano già le cellule T regolatorie in grado di modulare la risposta immunitaria, riducendo il rischio di una reazionecontro l’ospite. L'innovazione è proprio nelle tempistiche dell’infusione che permettono di contenere la tossicità preservando l'efficacia della cura.
IL PROTOCOLLO FUNZIONA
La differenza tra i due approcci è emersa chiaramente nello studio Precision-T che ha coinvolto 187 pazienti in 19 centri americani. A un anno dal trattamento, la sopravvivenza libera da GvHD cronica moderata-severa è stata del 78% nei pazienti trattati con Orca-T, contro il 38% di quelli sottoposti a trapianto convenzionale. Anche la sopravvivenza globale è risultata superiore: 94% contro 83%. I risultati completi saranno presentati all'imminente congresso dell'European Society for Blood and Marrow Transplantation. Nel frattempo, visti i risultati, l'azienda è in procinto di richiedere l'approvazione alla commercializzazione all'FDA, l'ente regolatorio statunitense del farmaco.

Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.