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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 13-02-2016

«Genetica e inquinamento alla base dei tumori pediatrici»



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Franca Fagioli, presidente dell'Associazione Italiana di oncoematologia Pediatrica: «Sono più suscettibili rispetto agli adulti. Nessun controllo più specifico per chi vive nelle aree più inquinate del Paese»

«Genetica e inquinamento alla base dei tumori pediatrici»

Individuare le cause che portano all'insorgenza di un tumore in un bambino non è sempre possibile. La «firma» può essere nascosta nel Dna fin dalla nascita oppure essere rilasciata dall'effetto dell'ambiente sul nostro codice genetico. Dare le giuste proporzioni, però, non è possibile, come spiega Franca Fagioli, direttore del reparto di oncoematologia pediatrica e centro trapianti dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino e presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia ed Ematologia Pediatrica (Aieop)

Quali tumori infantili mostrano una correlazione con l’inquinamento ambientale prodotto dall’industria pesante o dalla combustione dei rifiuti?

«Da una metanalisi pubblicata lo scorso anno, riguardante bambini italiani e americani, è emersa un’associazione tra inquinanti nell’aria e aumentato rischio di sviluppare leucemie, in particolare se esposti ad alte concentrazioni di benzene. Lo stesso risultato s’era evinto già nel 2012, pur in presenza di livelli più bassi dell’inquinante. Idem dicasi, sulla base di una revisione di studi appena pubblicata sull’American Journal of Epidemiology, a seguito dell’esposizione materna alla sostanza, che pone i bambini a rischio fin dalla loro fase di vita uterina. È il biossido di azoto, invece, l’inquinante più pericoloso liberato dal traffico veicolare.

Lo studio francese ESCALE, pubblicato nel 2011, ha evidenziato come questo possa essere responsabile di un aumento dei casi di leucemia infantile. Sia chiara una cosa, però...».

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«Non è che tutti i casi di leucemia dipendano dall'esposizione a questi inquinanti. La scienza deve ancora dirci molto, a riguardo. E non è il caso che i genitori si allarmino oltremodo, pur sapendo che i propri bambini sono stati esposti per un periodo della loro vita alle sostanze in questione. Stiamo sempre parlando di numeri limitati. I bambini e gli adolescenti che vengono colpiti da un tumore sono meno di duemila ogni anno. E comunque i tassi di guarigione sono quadruplicati (dal 20 al 78 per cento, ndr) dal 1970 a oggi».

Che ruolo hanno, invece, i metalli pesanti nella valutazione del rischio oncologico in una popolazione infantile?

«Nel 2011 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha parlato chiaro: l’esposizione prolungata all’arsenico espone i bambini a una maggiore probabilità di sviluppare un tumore alla pelle, al fegato e alla vescica. Nel caso dell’epatocarcinoma, più alta è risultata anche la mortalità, nei bambini che per lungo tempo erano risultati esposti all’elemento chimico, in passato largamente utilizzato negli insetticidi e negli erbicidi». 

È corretto affermare che i bambini sono più esposti rispetto agli adulti agli inquinanti chimici?

«Sì, ed è quanto ribadisce anche l'Organizzazione Mondiale della Sanità. I bambini sono più suscettibili agli agenti ambientali per due ragioni. In presenza di condizioni di inquinamento identiche, registrano livelli di esposizione più alti per tutte le sostanze. Ci sono poi diversi aspetti fisiologici e legati allo sviluppo associati a una loro maggiore vulnerabilità agli effetti tossici degli inquinanti ambientali. Rispetto agli adulti, i bambini hanno bisogno di energia maggiore per la crescita e lo sviluppo che si traduce in una più elevata assunzione di ossigeno e cibo per chilogrammo di peso corporeo. Questi due aspetti possono determinare esposizioni più alte, per inalazione e ingestione, a contaminanti presenti nell’aria e negli alimenti». 

 

Aria, acqua, alimenti: a quale fonte di contatto bisogna prestare maggiore attenzione nelle aree a rischio?

«È difficile sbilanciarsi, con i dati attualmente a disposizione. Si può però suggerire un approccio precauzionale nei confronti di bambini, adolescenti e donne in gravidanza. Bisogna proteggere i primi dall’esposizione al fumo passivo di tabacco e ai gas di scarico provenienti dai motori diesel e a benzina. Sarebbe inoltre importante che le famiglie ricevessero informazioni sui controlli degli acquedotti che servono le loro abitazioni e che si proseguisse con i carotaggi per definire il grado di contaminazione delle falde acquifere. Ai medici, invece, spetta potenziare le indagini epidemiologiche, se si vuole trovare una risposta univoca che spieghi gli eccessi evidenziati. Le esposizioni rilevanti possono riguardare il genitore, il bambino nel grembo materno o dopo la nascita. I tumori infantili sono il risultato di una combinazione di cause genetiche e ambientali».

Ci sono aree dell’Italia in cui viene effettuato un controllo specifico sulla popolazione infantile sulla base del contesto ambientale?

«Attualmente no, anche perché le evidenze oggi disponibili sugli effetti a medio e lungo termine dell'esposizione a cancerogeni chimici in età infantile sono inadeguate e la letteratura che affronta specificamente il rischio di tumori nei bambini e giovani adulti residenti in prossimità di siti inquinati è molto scarsa». 

Come rassicurare allora i genitori che vivono nella Terra dei Fuochi, così come quelli di Taranto e delle altre aree più inquinate del Paese?

«Non vi è alcuna indicazione a suggerire controlli più serrati nella popolazione infantile residente nei siti contaminati. Sarebbe invece più opportuno che le associazioni dei medici pediatri, degli oncologi e degli ematologi operanti nelle strutture pubbliche ospedaliere individuassero percorsi di rapido accesso ai servizi sanitari. L’unica cosa che possiamo fare, in assenza di un rapporto di causa-effetto tra l’esposizione a sostanze inquinanti e l’insorgenza di malattia, è garantire diagnosi ancor più precoci in caso di segni o sintomi sospetti». 

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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