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Leucemia mieloide cronica

Leucemia mieloide cronica
 

CHE COS’È

La leucemia mieloide cronica è una neoplasia mieloproliferativa cronica caratterizzata dalla espansione incontrollata a livello del midollo osseo dei progenitori mieloidi che porta ad un incremento nel sangue periferico prevalentemente di granulociti, spesso immaturi, e in alcuni casi anche delle piastrine. Le cellule mieloidi immature possono accumularsi in organi periferici come la milza e determinare, durante le fasi della malattia, un aumento di volume della stessa (splenomegalia). La trasformazione tumorale di questi precursori del sangue è dovuta alla formazione di una alterazione cromosomica denominata cromosoma Philadelphia, determinata dallo scambio patologico di materiale genomico tra il cromosoma 9 e il cromosoma 22. Questa traslocazione genera un gene ibrido BCR/ABL1, inesistente in natura, che a sua volta viene tradotto in una proteina chimerica ad attività tirosin-chinasica costitutiva, responsabile della proliferazione incontrollata delle cellule neoplastiche.

Questa forma di leucemia è definita cronica perché ha quasi sempre un decorso clinico molto lento, spesso asintomatico (la diagnosi è spesso occasionale) o con pochi disturbi per il paziente che può quindi continuare a svolgere le sue attività quotidiane. La storia naturale della leucemia mieloide cronica è caratterizzata da una fase cronica e da due fasi di progressione della malattia (accelerata e blastica) caratterizzate soprattutto da un elevato numero di globuli bianchi più immaturi, da una resistenza ai trattamenti e da sintomi come febbricola, astenia, dolori ossei.

 


DIAGNOSI

Molto spesso, al momento della diagnosi, i pazienti non avvertono alcun disturbo dovuto alla leucemia. Questo è dovuto al fatto che la maggior parte delle diagnosi avviene in fase cronica. Ciò non toglie che anche in questa situazione possano comunque essere presenti alcuni sintomi riconducibili alla leucemia mieloide cronica: l’aumento di volume della milza, una febbricola persistente e i dolori ossei. Questi sintomi risulteranno più marcati se la diagnosi avviene nelle successive due fasi di progressione della malattia. La prima indicazione che giunge  solitamente dal medico di medicina generale è quella di effettuare delle analisi del sangue, quali un emocromo, la valutazione della azotemia, uricemia, latticodeidrogenasi. Il laboratorio evidenzia alterazioni dell’esame emocromocitometrico che inducono il medico di medicina generale a indirizzare il paziente presso un centro di ematologia dove verranno effettuate diverse indagini di approfondimento specialistico. In particolare verranno effettuati prelievi del sangue periferico e del midollo osseo per le indagini morfologiche, per le analisi dei cromosomi e le indagini molecolari che permetteranno di identificare la presenza del cromosoma Philadelphia, la proteina di fusione (p210, o più raramente p190 o p230) derivata dal gene tumorale BCR/ABL1. Una volta diagnosticata la leucemia mieloide cronica, la fase della malattia (cronica, accelerata, blastica) e la categoria di rischio (solo per la fase cronica, può condizionare la risposta alle terapie e le probabilità di sopravvivenza) vengono individuate sulla base di criteri clinico-laboratoristici relativamente alla diagnostica per immagini normalmente si effettua una ecografia dell’addome e una radiografia del torace, solo raramente e in casi particolari si ricorre alla Tac o alla risonanza magnetica.

 


FATTORI DI RISCHIO

A oggi non sono noti i fattori che determinano l’insorgenza della leucemia mieloide cronica. Sono stati riportati in passato casi di leucemia mieloide cronica in soggetti esposti a dosi elevate di radiazioni.

 

COME SI CURA

Il trattamento d’elezione per la leucemia mieloide cronica è rappresentato dall’utilizzo degli inibitori della tirosin-chinasi, come l’imatinib; questo farmaco viene assunto per  via orale e  rappresenta la molecola capostipite di una categoria di farmaci che hanno rivoluzionato la cura e soprattutto cambiato la storia naturale della leucemia mieloide cronica. Oggi infatti raramente si osservano le fasi di progressione della malattia. Questa categoria di farmaci intelligenti si legano specificatamente alla proteina tumorale BCR-ABL, bloccano la proliferazione e distruggono le cellule portatrici del cromosoma Philadelphia. Oggi la categoria farmacologica di inibitori delle tirosin-chinasi si è arricchita di  altre molecole di seconda (dasatinib, nilotinib, bosutinib) e terza generazione (ponatinib) a cui spesso lo specialista ricorre nel momento in cui l’organismo sviluppa una forma di resistenza e/o di intolleranza nei confronti della terapia iniziale. In ogni caso si tratta di molecole da assumere in modo continuativo e sotto monitoraggio clinico laboratoristico. Importante è infatti che i pazienti vengano trattati e monitorati presso i centri di ematologia dove siano disponibili le tecnologie e le competenze idonee per valutare la risposta alla terapia (monitoraggio della risposta al trattamento). Il corretto monitoraggio serve anche a valutare la tollerabilità e l’adesione del paziente al trattamento e a trattare gli eventuali effetti collaterali della terapia.

Oggi il trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche deve essere considerato solo per i pazienti refrattari/resistenti a due linee di Inibitori previa valutazione del rischio trapiantologico. Si decide infatti di procedere al trapianto dopo aver preso in considerazione l’età del paziente, le caratteristiche e la fase della malattia naturalmente e la disponibilità di un donatore HLA compatibile familiare o da registro.

 


QUANTO È DIFFUSA

La leucemia mieloide cronica è una malattia rara che colpisce prevalentemente gli individui di sesso maschile, la maggior parte dei pazienti si trova nella fascia d’età adulta-anziana, tra i 40 e 70 anni (età mediana 60 anni). Stando ai dati riportati nel volume "I numeri del cancro in Italia", redatto dall'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) e dall'Associazione Italiana Registro Tumori (Airtum), la leucemia mieloide cronica colpisce ogni anno in Italia all’incirca 1150 persone, pari al 15 per cento del totale di coloro che si ammalano di una forma di leucemia. Si tratta dunque di una forma di tumore del sangue piuttosto rara
 

Consulenza: Giorgina Specchia, direttore dell’unità di ematologia con trapianto dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Bari

NOTA BENE: le informazioni in questa pagina non possono sostituire il parere e le spiegazioni del tuo medico

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