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Alimentazione
Caterina Fazion
pubblicato il 22-04-2025

Latte crudo: servono etichette chiare



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Per tutelare bambini e persone immunodepresse dai rischi legati al consumo di latte e formaggi non pastorizzati, servono etichette trasparenti e una filiera rigorosamente controllata

Latte crudo: servono etichette chiare

Sui prodotti caseari a base di latte crudo, che potrebbero contenere microrganismi potenzialmente pericolosi per bambini e persone immunodepresse, servono etichette chiare. Diversi studi, infatti, dimostrano che il latte crudo può contenere batteri come Salmonella, Escherichia coli produttore di tossina Shiga (STEC), Campylobacter e Listeria, capaci di causare infezioni gravi, principalmente a livello neurologico e renale.

La vicepresidente della Società Italiana di Pediatria, Antonella Di Stefano, intervenuta in audizione alla Commissione Affari Sociali, ha evidenziato i rischi legati al consumo di questi prodotti non pastorizzati.

 

L’IMPORTANZA DELLA PASTORIZZAZIONE

«È scientificamente documentato a livello globale – spiega Antonella Di Stefano – che il consumo di formaggi a base di latte crudo, non sottoposti a trattamenti termici, può rappresentare un rischio sanitario. La pastorizzazione o il trattamento ad alte temperature hanno infatti lo scopo preciso di eliminare i microrganismi patogeni potenzialmente presenti nel latte».

 

I RISCHI PIÙ FREQUENTI

Il microrganismo più frequentemente coinvolto nella malattia umana è l’Escherichia coli O157:H7, associato alla Sindrome Emolitico Uremica (SEU), una condizione che può provocare grave insufficienza renale e, in alcuni casi, portare al decesso.

«Nel 2024, in Italia, sono stati registrati 57 casi di Sindrome Emolitico Uremica, il 95% dei quali in bambini sotto i 15 anni. I più colpiti sono stati i bambini sotto i 3 anni, con una maggiore incidenza nelle femmine. Di questi, 45 casi sono stati confermati mediante test microbiologici – spiega la dottoressa Di Stefano – come infezioni da E. coli produttore di Shiga-tossina».

«Pur essendo comunemente presente nell’intestino umano come commensale, alcuni ceppi di E. coli hanno acquisito nel tempo caratteristiche di virulenza, adattandosi a nuove nicchie ecologiche e causando forme anche molto gravi di malattia, soprattutto nei bambini. I quadri clinici spaziano da sintomi gastrointestinali lievi fino a complicazioni neurologiche, come la meningite da Listeria, e come detto, alla Sindrome Emolitico-Uremica (SEU) che oltre alla dialisi, può portare al decesso».

 

SERVE PIÙ CONSAPEVOLEZZA

L’aumento del consumo di alimenti non trattati termicamente richiede maggiore consapevolezza sui rischi.  «Negli ultimi anni, la Società Italiana di Pediatria ha investito molto nella promozione di strategie di prevenzione e sorveglianza, con particolare attenzione alla Sindrome Emolitico-Uremica (SEU) e ai ceppi di Escherichia coli che producono tossine di Shiga (STEC)».

Ricordiamo che Escherichia coli produttore di tossine di Shiga (STEC) può causare Sindrome Emolitico-Uremica (SEU), ma non tutti i casi di STEC portano necessariamente alla SEU.

«Studi condotti, tra gli altri, dal Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Bari - prosegue la Di Stefano -, hanno permesso di cercare un sistema di sorveglianza clinica precoce nei bambini con diarrea emorragica, attraverso test diagnostici in tempo reale per identificare il sierogruppo e i geni della tossina. Questo approccio ha migliorato sensibilmente la capacità della sorveglianza in tutta Italia».

 

PASSI FUTURI

La SIP chiede quindi un sistema di etichettatura trasparente e una filiera controllata per garantire la sicurezza alimentare e proteggere i più vulnerabili. Per farlo, come ricorda la dottoressa Antonella Di Stefano, vicepresidente della Società Italiana di Pediatria, è fondamentale:

  1. Rafforzare i controlli lungo tutta la filiera alimentare, dalla produzione alla distribuzione, con una certificazione rigorosa delle fasi e una vigilanza post-commercializzazione.

  2. Avviare campagne di comunicazione rivolte ai consumatori, affinché siano pienamente consapevoli dei rischi legati al consumo di alimenti non trattati, soprattutto per i più piccoli.

  3. Proporre un’etichettatura alimentare trasparente e mirata, che riporti chiaramente i rischi potenziali per bambini e soggetti immunocompromessi.

Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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