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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 17-12-2020

Tumori al seno e all'ovaio: nuova terapia se il gene Brca è mutato



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L'ok da parte dell'Aifa apre l'era dei Parp-inibitori nei tumori con mutazione di un gene Brca. Una soluzione in più per il cancro al seno triplo negativo avanzato

Tumori al seno e all'ovaio: nuova terapia se il gene Brca è mutato

Una nuova speranza terapeutica «accomuna» le donne alle prese con un tumore dell’ovaio o al seno: in particolare quello più aggressivo, il cosiddetto cancro triplo negativo. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha dato il via libera all’uso nella pratica clinica di olaparib, una molecola della classe dei Parp-inibitori da utilizzare nel momento in cui si è di fronte a una donna affetta da una delle due malattie, ma a una condizione: che alla base ci sia una mutazione dei geni Brca 1 e 2. Nelle sperimentazioni condotte, l’uso della molecola in questo gruppo di pazienti ha determinato un miglioramento significativo della sopravvivenza. Il beneficio, in ognuno dei prossimi anni, potrebbe riguarderà un campione di 3-4.000 donne. Tante saranno infatti quelle che al termine del 2020 avranno scoperto di avere un tumore al seno o all’ovaio causato dalla mutazione di uno dei geni Brca. La verifica della predisposizione genetica diviene a questo punto determinante ai fini dell’individuazione delle cure più efficaci. 


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IL RUOLO DI OLAPARIB NEL TUMORE DELL'OVAIO

Le prime evidenze di efficacia di olaparib hanno riguardato il tumore dell’ovaio. E, più nello specifico, le pazienti con una malattia più avanzata (allo stadio 3 o 4). Queste donne, dopo essersi sottoposte a un doppio ciclo di chemioterapia, in molti casi sviluppano una resistenza ai farmaci che ha finora rappresentato il principale ostacolo sulla via della guarigione. Ricorrendo ai Parp-inibitori, si è prima visto di poter andare oltre questo limite. Ma poi si è capito che, se somministrato fin dall'inizio, olaparib è più efficace nel ridurre il rischio di progressione della malattia nelle donne con un carcinoma ovarico indotto dalla mutazione dei geni Brca. E determina un significativo aumento della sopravvivenza: fino a oltre quattro anni dall’avvio delle cure. Numeri importanti, a maggior ragione se si tiene conto che per questa malattia non esiste un protollo di screening e che «7 donne su 10 con un tumore dell’ovaio in fase avanzata è destinato a una recidiva entro due anni», afferma Nicoletta Colombo, direttore del programma di ginecologia oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia.

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TUMORE AL SENO NELLA TERZA ETÀ:
COME CAMBIANO LE TERAPIE? 

UNA SPERANZA PER IL TUMORE AL SENO TRIPLO NEGATIVO

Considerando la stretta affinità che riguarda le due malattie, in presenza di una mutazione dei geni Brca, l’efficacia di olaparib è stata valutata anche sul tumore al seno. Si è così visto che il ricorso alla molecola - al posto della chemioterapia - ha un impatto analogo a quello riscontrato sul tumore dell’ovaio: ridotto rischio di progressione della malattia e aumento del tasso di sopravvivenza. Nello specifico, il beneficio riguarda i tumori al seno portatori della mutazione e privi di qualsiasi recettore di superficie: come tali dunque insensibili alle altre terapie già in uso. «Stiamo parlando dei tumori al seno triplo negativi, corrispondenti al 15 per cento delle nuove diagnosi della malattia - spiega Pierfranco Conte, direttore dell’unità di oncologia medica dell’Istituto Oncologico Veneto di Padova e membro del comitato scientifico di Fondazione Umberto Veronesi -. In questo caso, oltre a non poter fare affidamento sulla terapia ormonale e sui farmaci che hanno come bersaglio il recettore HER2, ci troviamo di fronte a una malattia più aggressiva, che colpisce soprattutto le donne più giovani e che ha un’elevata probabilità di ripresentarsi soprattutto nei primi tre anni». Da qui la necessità di nuove terapie, una delle quali sarà subito disponibile per le pazienti italiane: ora anche al di fuori degli studi clinici. Olaparib, per l'appunto.


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GENI BRCA E TUMORI AL SENO E ALL'OVAIO

I geni Brca sono due oncosoppressori e intervengono nei meccanismi di riparazione di un danno provocato alla doppia elica del Dna. Dalla loro attività dipende il 25 per cento della probabilità di controllare il sistema, ma esistono anche altri geni minori coinvolti in questo processo. Delle loro possibili mutazioni si parla su larga scala ormai da quasi dieci anni. A «sdoganare» il loro ruolo nei meccanismi di insorgenza dei tumori al seno e all’ovaio (ma non solo) fu Angelina Jolie. La sua scelta di asportare sia i seni sia le ghiandole sessuali fu dettata dalla consapevolezza che convivere con la mutazione di uno di questi geni aumenta il rischio di sviluppare una delle due malattie. Nello specifico, chi è portatrice di queste mutazioni ha una probabilità di ammalarsi di tumore al seno compresa tra il 45 e il 90 per cento. Nel caso del tumore dell’ovaio, l’eventualità oscilla tra il 20 e il 40 per cento. Venendo ai numeri effettivi, una quota inferiore al 10 per cento dei tumori al seno diagnosticati ogni anno (all’incirca duemila) è determinata dalla mutazione di questi due geni. Si sale invece al 25 per cento - anche se a fronte di numeri complessivi ben più bassi: per un dato prossimo alle 1.300 diagnosi - nel caso del tumore dell’ovaio.


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COME FUNZIONANO I PARP-INIBITORI?

Completata la diagnosi e verificata la presenza della mutazione genetica, d'ora in avanti sarà possibile fare ricorso ai Parp-inibitori. L'azione di questi farmaci consiste nell’annullamento dei meccanismi di riparazione del Dna nelle cellule neoplastiche dell’ovaio, con la conseguente morte delle cellule malate. Ecco spiegata la particolare efficacia nei casi in cui la malattia risulta provocata da una mutazione di uno o entrambi i geni Brca. E dal momento che queste alterazioni non sono presenti nelle cellule sane, la loro azione è molto più selettiva rispetto a quella dei chemioterapici. Gli studi clinici in cui è stata valutata l'efficacia hanno fatto registrare alcuni effetti collaterali: anemia, neutropeniaastenia, dolore addominale e ostruzione intestinale. Condizioni che, trattandosi di una terapia di mantenimento di lunga durata, possono risultare anche fastidiose per le pazienti. Ma che secondo gli esperti sono comunque più tollerabili rispetto a quelle indotte dalla chemioterapia.

TEST GENETICO ANCHE PER I FAMILIARI DEI MALATI

Conoscere lo stato delle mutazioni dei geni Brca è cruciale sia per definire la strategia terapeutica più indicata sia per individuare eventuali altre donne a rischio. «A cascata, il riscontro della mutazione in una paziente di nuova diagnosi permette di intercettare i familiari portatori della stessa mutazione prima che sviluppino un tumore al seno o dell'ovaio su base ereditaria - conclude Saverio Cinieri, direttore della breast unit dell'ospedale Perrino di Brindisi e presidente eletto dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) -. A questo scenario, che riguarda donne sane e che potrebbero non ammalarsi mai nel corso della vita, si può porre rimedio ricorrendo alla chirurgia preventiva o serrando i tempi e le modalità dei controlli. Così facendo, oggi possiamo ridurre le probabilità che queste donne si ammalino e far calare le nuove diagnosi di questi due tumori. Per questo è giunto il momento che tutte le Regioni coprano le spese per il test genetico Brca e per gli eventuali percorsi di prevenzione rivolti ai familiari più stretti delle pazienti». 


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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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