Una ricerca inglese: una donna su 5 considera gli alcolici un fattore di rischio per il cancro al seno. Azzerandone i consumi, in Italia si eviterebbero 5.000 casi all'anno
Mangiando in maniera equilibrata, evitando il fumo e facendo regolarmente attività fisica, si può prevenire fino a un terzo delle diagnosi di cancro. La conoscenza di queste indicazioni, sebbene non sempre tradotte nella pratica, è cresciuta di pari passo con lo spazio che la prevenzione oncologica si è ritagliata nel dibattito tra gli scienziati e all'interno della società. Ma nel «menù» delle regole da seguire per ridurre il rischio di ammalarsi, ce n'è una ancora poco nota alle donne: quella che vede l'alcol come fattore di rischio per l'insorgenza del tumore al seno, il primo della lista in Italia sia in termini di incidenza (nuovi casi) sia di mortalità (oltre 12.000 decessi nel 2015).
COSI' L'ALCOL AUMENTA
IL RISCHIO DI CANCRO
POCA CONSAPEVOLEZZA SULL'ALCOL
A far emergere la scarsa consapevolezza a riguardo da parte delle donne, è uno studio inglese pubblicato sul British Medical Journal che ha visto coinvolte un gruppo di donne alle prese con lo screening mammografico (102), un altro reclutato all'interno di una breast unit (103) composto da donne con sintomi riconducibili a un tumore al seno e un campione di operatori sanitari (33). Lo spaccato emerso descrive la comunità femminile ancora poco consapevole dei rischi connessi al consumo di bevande alcoliche. Dall'analisi delle risposte fornite nei questionari, si è scoperto che tra il 60 e il 73 per cento delle donne consumava alcolici. Ma soltanto una su sei (primo gruppo) e una su quattro (secondo gruppo) erano a conoscenza del potenziale cancerogeno collegato. Interrogate sulle quantità dei consumi, meno di tre quarti delle signore ha dimostrato di saper stimare correttamente il contenuto alcolico di un bicchiere di vino e di una pinta di birra.
Un aperitivo buono e salutare? Ecco come farlo
ALCOL E TUMORE AL SENO
All'alcol può essere rimandata una quota compresa tra il 5 e l'11 per cento delle nuove diagnosi di tumore al seno. Detto in numeri: tra 2.500 e 5.000 casi, soltanto in Italia. Non è ancora del tutto chiaro in che modo l'etanolo e il suo metabolita acetaldeide alterino il meccanismo di riproduzione di una cellula. Di certo c'è che le bevande alcoliche, apportando energia, aumentano le probabilità di insorgenza di sovrappeso e obesità: con quest'ultima fattore di rischio per l'insorgenza di diversi tumori, compreso quello al seno. A ciò occorre aggiungere che la tossicità dell'alcol, per ragioni biologiche, è più spiccata nella donna che nell'uomo. E che l'etanolo potenzia l'azione degli estrogeni, considerati la «benzina» per la crescita della maggior parte dei tumori della mammella. I consumi di alcol nelle donne adulte e anziane, secondo le linee guida internazionali, non dovrebbero andare oltre i dieci grammi al giorno (un bicchiere). Ma considerando la scarsa capacità di misurare i consumi e la tendenza del rischio a crescere in maniera proporzionale, la comunità scientifica predica prudenza: per prevenire il cancro, è meglio non bere. «Non potendo parlare di dosi minime sicure, questa è l'unica indicazione che possiamo fornire alle donne sane - argomenta Saverio Cinieri, direttore dell'unità di oncologia medica e della breast unit dell'ospedale Perrino di Brindisi -. Diverso è invece il discorso se si ha di fronte una persona ammalata. In questo caso i consumi di alcolici, se non nulli, devono essere comunque occasionali e ridotti. Le donne hanno diritto a un'informazione corretta, senza che però l'oncologo giudichi un'abitudine eventualmente sporadica. Il rischio che si corre, così facendo, è quello di determinare una reazione contraria».
PREVENZIONE, QUESTA SCONOSCIUTA
Negli ultimi anni gli scienziati hanno raccolto una serie di evidenze che testimoniano il potenziale impatto benefico che potrebbe avere la prevenzione sui numeri dei tumori. Ma il trasferimento di queste conoscenze alla popolazione è ancora lontano dall'essere completo. Dalla ricerca, per esempio, è emerso che appena meno di un terzo delle donne interpellate riconosceva l'obesità come un fattore di rischio certo per il tumore al seno. Un dato che fa riferimento alla realtà inglese, ma che non è così lontano dallo scenario del nostro Paese. «Anche in Italia si continua a sottovalutare l'impatto che l'epidemia di obesità sta avendo nella diffusione di diversi tumori, a partire dai giovani adulti - prosegue Cinieri -. Non siamo in possesso di dati analoghi a quelli inglesi, ma sulla base dell'esperienza clinica è ragionevole pensare che la consapevolezza sui rischi legati all'alcol sia analoga nella popolazione italiana».
Alcol e minori: quello che i ragazzi non dicono
ATTENZIONE (SOPRATTUTTO) ALLE RAGAZZE
I più informati sono con ogni probabilità i giovani, coinvolti in diverse campagne di sensibilizzazione nelle scuole (come accade con i progetti «Fattivedere» e «Io Vivo Sano-Dipendenze»). Ma nel caso delle bevande alcoliche, considerando che in l'Europa è il continente che ne consuma il maggior quantitativo e le modalità di approccio sempre più precoci, le ragazze rappresentano uno dei target più importanti da raggiungere. «Esiste una relazione diretta tra la quantità di alcol consumato e le probabilità di ammalarsi di tumore al seno - afferma Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio Nazionale Alcol dell'Istituto Superiore di Sanità e blogger di Fondazione Umberto Veronesi -. Il rischio relativo, quello che corre chi beve rispetto a chi non beve, cresce del sette per cento per ogni bicchiere in più rispetto alla soglia di dieci grammi di etanolo al giorno e aumenta fino al 27 per cento se il tessuto presenta i recettori agli estrogeni. L'aumento della tendenza a bere lontano dai pasti e la diffusione del binge drinking rischiano di far crescere il numero di lesioni asintomatiche che evolvono in tumori della mammella, anche tra le donne più giovani».
ANCHE I MEDICI SONO POCO INFORMATI
Per fare in modo che queste informazioni arrivino a tutta la popolazione, occorre che i medici risultino formati sui rischi oncologici legati al consumo di bevande alcoliche (che riguardano diverse forme di cancro). Secondo la ricerca inglese, soltanto un operatore sanitario su due è a conoscenza del potenziale legame con il tumore al seno. «Anche in questo caso, la situazione nel nostro Paese è pressoché analoga - chiosa Cinieri -. Quest'opera di sensibilizzazione deve riguardare noi oncologi, ma anche i medici di medicina generale, i pediatri e i ginecologi. Grazie a loro si può arrivare alle ragazze e ai loro genitori. L'esempio che danno e il controllo che attuano mamma e papà nella fase dell'infanzia e dell'adolescenza rappresentano lo strumento più efficace per ridurre l'impatto dell'alcol sulla salute».
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).