Un workshop cinematografico per sensibilizzare i ragazzi sull’importanza della diagnosi precoce in oncologia perché, seppure con un’incidenza molto inferiore rispetto agli adulti, i tumori colpiscono anche bambini e adolescenti.
Un workshop cinematografico per sensibilizzare i ragazzi sull’importanza della diagnosi precoce in oncologia perché, seppure con un’incidenza molto inferiore rispetto agli adulti, i tumori colpiscono anche bambini e adolescenti.
Ogni anno, in Italia, oltre 1.400 bambini sotto i 14 anni e più di 800 adolescenti si ammalano di tumore.
Secondo Andrea Ferrari, oncologo pediatra, coordinatore del Progetto Giovani all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e membro del comitato scientifico di Fondazione Umberto Veronesi, gli adolescenti arrivano alla diagnosi con un ritardo che in alcuni casi arriva a 140-150 giorni, “perché sfuggono tanto ai pediatri, quanto agli altri specialisti”.
Per ridurre questo lasso di tempo e favorire una diagnosi precoce, che garantisce maggiori probabilità di guarigione, è nato #fattivedere, il progetto di divulgazione e sensibilizzazione destinato agli adolescenti, che ha l’obiettivo di invitare i ragazzi a rivolgersi in maniera tempestiva al medico, senza vergogna né paura, in caso di sintomi che li preoccupano.
Leucemie, sarcomi, tumori ossei e del sistema nervoso centrale: queste le malattie oncologiche che interessano maggiormente bimbi e adolescenti. La leucemia è la neoplasia giovanile più comune (più di un terzo dei casi) e comprende le leucemie linfoidi (51% dei casi) e le leucemie mieloidi acute (25%).
Parlare di malattie oncologiche è un tema molto difficile, che può spaventare o lasciare indifferenti i ragazzi: relegarlo in un futuro lontano può sembrare la soluzione più semplice per evitare di affrontarlo. Per questo abbiamo scelto di realizzare un workshop cinematografico dedicato, che i ragazzi trovano stimolante perché consente loro di partecipare attivamente ed esprimere anche gli aspetti emotivi che il confronto con la malattia inevitabilmente genera.
L’incontro prevede la proiezione del film “Quel fantastico peggior anno della mia vita” del regista Alfonso Gomez-Rejon, che racconta l’amicizia tra due adolescenti, una dei quali (Rachel) è ammalata di leucemia.
Al termine della proiezione, segue il dibattito, moderato da un giornalista di Fondazione Umberto Veronesi e a cui prendono parte uno specialista in malattie oncologiche dell’infanzia e dell’adolescenza e alcuni ex pazienti.
Nei mesi di febbraio e marzo 2024 sono previsti 6 incontri, nel format del workshop cinematografico:
Come l’hai scoperto? Faceva male, mi sentivo come un livido al ginocchio perenne, mancava il livido ma il dolore era quello, un giorno ero al bar con gli amici e boom mi cede il ginocchio, cado come un frutto maturo dall’albero; ok qualcosa non va. Faccio una risonanza al ginocchio ma niente, il problema mi dicono che probabilmente è alla tibia quindi è meglio una tac: “agli ordini”. Cosa cavolo è un osteosarcoma? Ma perché a me? In pratica sono uno sfigato, vabbè ok. 4 cicli di chemio, intervento, altri 14 cicli di chemio ed eccomi qua. Ciao sono Edoardo, sono stato malato di cancro e ora sono guarito, ho vinto. Come l’hai scoperto? A 16 anni ho iniziato ad avere problemi di sonno ed ero sempre stanco senza un apparente motivo e soffrivo di una leggera anemia. Fu considerato un sintomo poco importante finché circa un anno dopo sono sorte nuove complicazioni alla mia salute, ho trascorso diversi mesi dentro e fuori dall’ospedale, quando durante un ricovero mi avvisarono che ero affetto da un linfoma di Hodgkin e che sarei stato trasferito a un’altra struttura specializzata in questo tipo di patologie. Non ho realizzato subito che si stesse trattando di un tumore e non ho mai avuto davvero il tempo di realizzare cosa mi avrebbe riservato il futuro. Mi chiamo Stefano, sono stato più sfortunato di molti e più fortunato di altri, ma oggi sono ancora presente per poter parlare del mio vissuto. Come l’hai scoperto? Provavo un dolore persistente alla coscia destra. Per parecchio tempo non ci ho fatto caso e mi son detta: “non preoccuparti cosa sarà mai”. Come l’hai scoperto? Avevo tredici anni e la scuola stava finendo. Tutti i miei compagni si stavano preparando per l’esame di terza media. Per me come per i miei amici era un esame importante. Come l’hai scoperto? Tutto ha avuto inizio quando avevo 13 anni, avevo sempre un dolore all’addome, abbiamo consultato tanti medici, psicologi e fatto molti esami, il dolore era sempre archiviato come un dolore “psicomotorio”, frutto della mia immaginazione. La mattina di Natale fui ricoverato d’urgenza, per sospetta peritonite e il giorno dopo fui operato. Come l’hai scoperto? Mi chiamo Marco ho 22 anni e sono di Roma. Da bambino ero affettuosamente chiamato “Il torello di casa”, sempre in movimento! LA STORIA DI EDOARDO
Referto: osteosarcoma all’epifisi prossimale della tibia.
Tumore maligno tipico in età pediatrica/adolescenziale, famiglia dei sarcomi, non hai una bella situazione ma si può fare.
Non c’è un perché.LA STORIA DI STEFANO
LA STORIA DI CAMILLA
Il dolore però aumentava e aumentava con l’avanzare delle settimane. Ho per molto sottovalutato il problema. Iniziai a parlarne con famiglia e amici ma, come del resto feci io, nessuno la prese sul serio. Si pensò a tutto: da un problema di tipo nervoso o muscolare di qualsiasi tipo a una botta molto forte.
Qualcosa però non tornava e prenotai privatamente un’ecografia dalla quale si identificò una massa.
Un tumore benigno, si pensava, ma senza un esame istologico non si poteva esserne sicuri.
Feci un primo intervento. Sarcoma sinoviale dei tessuti molli. Ne feci un secondo e subito iniziai un percorso di terapie: chemioterapia e radioterapia. La diagnosi è avvenuta dopo quasi un anno dall'inizio dei dolori...
Un anno dopo trovarono un’altra massa, questa volta nel polmone. Si pensò subito a una recidiva ma per fortuna era un tumore diverso, più innocuo, che grazie ai frequenti controlli si è trovato prima che potesse fare troppi danni.
Sono Camilla e ora sto bene, mi sento fortunata.LA STORIA DI CHIARA
Mi stavo impegnando. Ero felice di preparare il mio primo esame non rendendomi conto che c’era un esame tutt’altro che scolastico ma ben più impegnativo ad attendermi.
Sentivo che c’era qualcosa che non andava. Quelle forti emicranie al mattino appena sveglia, la spossatezza continua e poi quella mano i cui piccoli gesti non riuscivo bene a controllare.
Mi cadevano di mano gli oggetti, la mia scrittura non era più la stessa e a danza ogni piroette finiva con un giramento di testa. La risposta è arrivata un pomeriggio di maggio nel corridoio dell’ospedale
Solo dopo la risonanza magnetica capii. Mi dissero che c’era una lenticchia annidatasi nel mio cervelletto. In seguito, questa lenticchia venne tolta e poi…
Quello che successe in quell’estate non fu molto piacevole: chemioterapia e radioterapia, non facili da sopportare.LA STORIA DI RAFFAELE
Dopo 8 ore d’intervento uscii dalla sala, già sveglio ma un po’ stonato. Finalmente fu scoperta la causa del mio male, ma a me fu detta una bugia, per nascondere l’atroce verità: avevo un tumore ai linfonodi. Fu così che partimmo per l’ospedale. Allora avevo solo 14 anni, ma già davanti all’ospedale ebbi il primo sospetto: “Centro Oncologico”.
Perché mi avevano portato lì? Cosa mi era successo veramente?
Un medico iniziò a farmi delle domande sulla mia vita, se fumavo, cosa facevo e mi spiegò anche cosa avevo: Linfoma di Burkitt.LA STORIA DI MARCO
Questo fino all’estate del 2012, quando i miei genitori notarono qualcosa di un po’ diverso nel mio modo di essere: pallore diffuso, stanchezza ed inappetenza via via sempre più evidenti. Per questo decisero di farmi fare delle analisi che in un primo momento parvero nella norma. Mai diagnosi fu più errata e così pochi giorni dopo fui portato all’Ospedale Bambino Gesù dove venni ricoverato per ulteriori accertamenti.
Era iniziata la mia sfida: LEUCEMIA LINFOIDE ACUTA.
Oggi posso dire di essere stato, nella malattia, baciato dalla fortuna: niente trapianto e niente recidive.
Sono guarito fisicamente e dentro di me porto un peso di riconoscenza che ho sempre avvertito come un bisogno di non sprecare la vita che per la seconda volta mi veniva data. Così ho aderito con entusiasmo ai progetti di Fondazione perché finalmente posso farmi portatore di coraggio proprio per la mia esperienza verso tutti coloro che come me portano i segni della dura lotta.
*Sono tutte situazioni che, senza allarmismi, devono però essere riferite al medico e non sottovalutate.
Se vuoi saperne di più sul progetto #FATTIVEDERE
Approfondisci ancora meglio l’importanza del riconoscimento di alcuni sintomi significativi, scarica il documento che abbiamo scritto apposta per te.
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