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Cardiologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 28-04-2020

Dopo un infarto, fare attività fisica aiuta a vivere meglio



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Il movimento (150' a settimana) aiuta i pazienti reduci da un infarto a recuperare la salute fisica ed avere una buona qualità della vita

Dopo un infarto, fare attività fisica aiuta a vivere meglio

Quanto prima, il trattamento precoce. Ma poi, anche la riabilitazione. Se riconosciuto e trattato in maniera tempestiva, nella maggiore parte dei casi oggi l’infarto del miocardio non comporta la morte di un paziente. Secondo le statistiche riportate nel Programma Nazionale Esiti, oggi nel nostro Paese all’incirca 1 paziente su 10 perde la vita nei trenta giorni successivi al forte «rallentamento» della circolazione sanguigna a livello del cuore. Per tutti gli altri, invece, inizia un periodo di adattamento alla nuova vita che non può prescindere da un programma di riabilitazione. Un aspetto complementare, ma non meno importante, dell’assistenza alle persone colpite da un infarto. Per loro, con un graduale piano di recupero, l’idea di riprendere una vita senza troppi condizionamenti ha maggiori possibilità di diventare realtà.


L'attività fisica è una medicina per il cuore

 

BENEFICI PER IL CUORE E PER LA MENTE

Sono gli stessi pazienti a descrivere che, grazie all'attività fisica, «ci sentiamo meglio». Tanto sul piano fisico, quanto su quello mentale. Questo è quanto riportato in uno studio coordinato dai ricercatori dell'Università di Leeds e condotto intervistando 4.570 cittadini inglesi colpiti da un infarto tra il 2011 e il 2013. Il reclutamento è avvenuto a partire dai 48 ospedali in cui hanno ricevuto le prime cure. Nel tempo - dopo 1, 6 e 12 mesi - è stato chiesto loro di fornire informazioni circa il percorso di riabilitazione intrapreso, il livello di attività fisica raggiunto e la percezione della qualità della propria vita. Così i ricercatori - come descritto nei risultati preliminari del lavoro, pubblicati sul sito della Società Europea di Cardiologia - hanno potuto constatare i benefici che l'attività fisica è in grado di innescare nei pazienti reduci da un infarto. Tanto sul fisico - lo sport aiuta a tenere sotto controllo la pressione sanguigna, la glicemia e i livelli di colesterolo nel sangue ed è dunque fondamentale praticarlo per la prevenzione secondaria - quanto sulla mente. 

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DELL'ATTIVITA' FISICA PER LA SALUTE

RIABILITAZIONE NON VUOL DIRE SOLTANTO SPORT

Sul piano psicologico, le prime conseguenze derivano con ogni probabilità da un aumento dei livelli di endorfine, una categoria di neurotrasmettitori in grado di stimolare sensazioni di piacere e felicità. Ma molto importanti sono anche gli effetti secondari dell'attività fisica, tra questi pazienti. L'infarto, oltre a mettere a rischio la tenuta del cuore, può compromettere la mobilità e intaccare dunque l'autonomia delle persone sia nella gestione degli impegni professionali sia del tempo libero. Agevolando il recupero, si evita dunque che il problema cardioascolare si ripercuota su tutto il corpo. Per questo motivo, riabilitazione non vuol dire soltanto attività fisica. Ma anche smettere (se necessario) di fumare, modificare eventualmente la dieta e rispettare le terapie prescritte dagli specialisti. Una rivoluzione - spesso - a 360 gradi che permette di guardare avanti con maggiore ottimismo e meno paura.


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LE ATTIVITA' CONSIGLIATE (E QUELLE DA EVITARE)

Diversi studi hanno documentato come, per esser efficace anche in chiave riabilitativa, l'attività fisica debba essere svolta per almeno 150 minuti a settimana (con una frequenza cardiaca moderata: 80-120 battiti al minuto). «Il percorso di recupero attraverso una blanda attività fisica aerobica può iniziare subito dopo la dimissione», afferma Gabriella Malfatto, responsabile del servizio di riabilitazione cardiologica ambulatoriale all'Istituto Auxologico di Milano. A dare le indicazioni, che ci si alleni nella propria casa o in un ambulatorio, devono essere degli specialisti della prevenzione secondaria, chiamati a controllare anche l'evoluzione dei fattori di rischio (fumo, ipertensione, ipercolesterolemia, sovrappeso). In linea generale però si può dire che le camminate (anche veloci), le passeggiate in bicicletta, il giardinaggio e il potenziamento muscolare a corpo libero (o con pesi non superiori a 5 chili) vanno bene per tutti. Cosa evitare, invece? «Nel primo mese e mezzo e comunque in attesa della prima visita cardiologica, il nuoto: c'è il rischio che determini bruschi cali di pressione o rallentamenti del ritmo cardiaco - aggiunge l'esperta -. Fino al terzo mese, per contenere l'agonismo, meglio invece astenersi dagli sport di contatto come il calcetto, il basket e le arti marziali e il tennis. Idem dicasi per canoa, canottaggio, sci e sci di fondo».


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PRUDENZA SE LA RIABILITAZIONE AVVIENE A CASA

L'ideale sarebbe dedicare allo sport trenta minuti al giorno (5 su 7). Ma gli stessi benefici si osservano dedicando allo sport più tempo con minore frequenza. Purché non si scenda al di sotto delle due ore e mezza a settimana. «Sarebbe il caso che la ripresa dell'attività fisica dopo un infarto avvenga sempre in ambulatorio, sotto il controllo dei fisioterapisti, di un cardiologo e in un infermiere specializzato - conclude Malfatto -. In questo contesto, si può osare anche di più con il tipo di esercizi e il carico di lavoro. In autonomia, invece, meglio essere più prudenti».

 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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