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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 14-03-2018

L'attività fisica è una medicina per il cuore



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Il 40% degli italiani non pratica sport. La sedentarietà incide sul rischio di malattie cardiache. Le regole per proteggere il cuore anche con l'esercizio fisico

L'attività fisica è una medicina per il cuore

In Italia il 40% delle persone è sedentario, ovvero non pratica alcuna forma di attività fisica. Questo ha come effetto diretto l'insorgenza di molte malattie cardiovascolari e oncologiche. Secondo i dati dell’Oms l’inattività fisica rappresenta infatti il quarto fattore di rischio di mortalità globale. Eppure non è mai troppo tardi per iniziare: anche se in sovrappeso chi pratica regolare attività fisica vive di più di chi è normopeso ma sedentario. E' questo uno dei principali messaggi che emergono dal recente congresso della SIPREC, la Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare.

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Secondo gli ultimi dati ISTAT il 26,5% della popolazione (pari a 15 milioni 640 mila persone) non pratica uno sport ma svolge attività fisica come fare lunghe passeggiate a piedi o in bicicletta. I sedentari invece, ossia coloro che dichiarano di non praticare alcuno sport o attività fisica nel tempo libero, sono oltre 23 milioni (40% della popolazione) e aumentano con l'età fino ad arrivare a quasi la metà della popolazione di 65 anni e più. 

 

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GLI EFFETTI DELLA SEDENTARIETA' 

«L’attività fisica - spiega Giorgio Galanti, direttore del dipartimento di medicina sportiva all'Ospedale Careggi di Firenze - è uno dei più importanti determinanti della salute pubblica. Si definisce attività fisica qualsiasi movimento corporeo prodotto dalla contrazione dei muscoli scheletrici che aumenta il dispendio energetico sopra il livello basale. Un’insufficiente attività è associata frequentemente ad un aumentato rischio di malattie croniche non trasmissibili come il diabete, l’ipertensione, le malattie cardiache e varie forme di cancro». In particolare secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia, la sedentarietà è causa del 9% delle malattie cardio-vascolari, dell’11% dei casi di diabete di tipo 2, del 16% dei casi di cancro al seno, del 16% dei casi di cancro al colon e del 15% dei casi di morte prematura.

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Eppure le evidenze che l'attività fisica possa ridurre l'incidenza di queste condizioni c'è tutta: «In media chi è attivo e normopeso vive circa 7 anni più a lungo rispetto ai sedentari obesi. Ma c'è di più. «Nonostante un indice di massa corporea superiore alla norma o una condizione di obesità con aumento della circonferenza addominale sia spesso associato a un rischio cardiovascolare aumentato, è ben noto come soggetti fisicamente attivi, benché in sovrappeso, abbiano un rischio cardiovascolare inferiore rispetto ai soggetti sedentari» spiega Galanti. Ma l’importanza dell’attività fisica è anche dimostrata dal fatto che chi è sedentario, anche se normopeso, abbrevia la sua vita di circa 3 anni rispetto a chi è attivo ma obeso.

 

QUANTO SPORT PRATICARE?

Alla luce di queste evidenze quanta attività fisica occorre praticare? A tal proposito l'OMS ha definito i livelli di attività fisica raccomandati per tre gruppi di età: giovani (5-17 anni), adulti(18-64 anni) e anziani (over-65 anni):

per bambini e ragazzi (5-17 anni): almeno 60 minuti al giorno di attività moderata-vigorosa, includendo almeno 3 volte alla settimana esercizi per la forza, che possono consistere in giochi di movimento o attività sportive

per gli adulti (18-64 anni): almeno 150 minuti alla settimana di attività moderata o 75 minuti di attività vigorosa (o combinazioni equivalenti delle due) alla settimana

per gli anziani (≥65 anni): le indicazioni sono le stesse degli adulti, con l’avvertenza di svolgere anche attività orientate all’equilibrio per prevenire le cadute.

• Chi è impossibilitato a seguire in pieno le raccomandazioni, deve fare attività fisica almeno 3 volte alla settimana e adottare uno stile di vita attivo adeguato alle proprie condizioni.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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