Per chi è reduce da un evento cardiovascolare gli integratori a base di Omega 3 non sembrano utili per prevenire ricadute. Utili invece dieta e farmaci
Gli integratori a base di Omega 3? Sono ininfluenti nella prevenzione secondaria degli eventi cardiovascolari: quella che sono chiamati a rispettare tutte le persone che hanno già avuto un problema legato alla salute del cuore - un'aritmia, un infarto del miocardio, che soffrono di scompenso cardiaco - per ridurre il rischio di una ricaduta. Sono queste le conclusioni di un'ampia revisione di studi - coordinata da Robert Clarke, epidemiologo dell'Università di Oxford, e pubblicata sulla rivista Jama Cardiology - che riassume le conclusioni divergenti a cui sono giunti negli anni diversi studi clinici. Imbottirsi di pillole, dunque, non serve. Altra cosa è - come vedremo - l'aumento dell'introito di omega 3 attraverso la dieta o, se necessario, alcuni farmaci.
A COSA SERVONO I GRASSI?
INTEGRATORI DI OMEGA 3 INUTILI NELLA PREVENZIONE SECONDARIA
Gli autori della ricerca hanno condotto una metanalisi, ovvero una revisione di un più ampio numero di ricerche: in questo caso dieci, col coinvolgimento di oltre 77mila persone già vittime di un evento cardiovascolare. I risultati cozzano con il messaggio riportato nelle principali linee guida internazionali, che raccomandano l'uso di integratori di acidi grassi omega 3 di derivazione marina nella prevenzione cardiovascolare in persone che, avendo già avuto un problema di questa natura, non possono essere considerate sane a tutti gli effetti. Il lavoro di revisione, prendendo in esame studi che ponevano a confronto pazienti che avevano assunto da un minimo di uno a un massimo di sei anni integratori a base di acidi grassi polinsaturi con altri non trattati o trattati con placebo, non ha evidenziato alcun beneficio nella prevenzione di infarti e ictus non fatali o eventi cardiovascolari più gravi. Tutte le persone coinvolti negli studi presi in esame assumevano da un minimo di 226 a un massimo di 1800 milligrammi al giorno: valori in linea con quelle che sono le raccomandazioni.
Grassi saturi: chi ne assume troppi mette il cuore a rischio
IL PESCE E' UN'ALTRA STORIA
La solidità del riscontro è dovuta a due aspetti: la durata dell'osservazione e il non aver considerato gli studi che avevano valutato anche il consumo di pesce nella dieta (principale fonte alimentare degli acidi eicosapentanoico e docosaesanoico). «La fama degli Omega 3 si deve in origine ad alcuni articoli pubblicati negli anni Settanta in cui si chiamava in causa il consumo di pesci o mammiferi marini ricchi di acidi grassi omega 3 come spiegazione per la bassa prevalenza delle malattie cardiovascolari tra le popolazioni eschimesi che vivono in Groenlandia - afferma Samir Sukkar, responsabile dell'unità operativa di dietetica e nutrizione clinica del policlinico San Martino di Genova -. Ma le numerose evidenze scientifiche raccolte finora hanno dimostrato una netta differenza tra gli Omega 3 assunti consumando il pesce e quelli estratti dagli integratori: tanto nella prevenzione primaria quanto in quella secondaria. L'efficacia, nel primo caso, non è in discussione. Mentre sugli integratori, come dimostra quest'ultima metanalisi, le conclusioni sono meno consolidate».
INTEGRATORI E FARMACI
Di sicuro c'è che per le persone con un pregresso problema al cuore l'integrazione di Omega 3 non risolve le lacune né pone rimedio agli errori che si commettono a tavola. «Una persona già colpita da un evento cardiovascolare non può rimanere a dieta libera - prosegue Sukkar -. Alimenti a base di carboidrati semplici e grassi saturi devono essere ridotti, a scapito di frutta, verdura e legumi». Il contributo della dieta, dunque, non è in discussione. Oltre, invece, occorre tenere conto della differenza tra gli integratori e i farmaci. Un aspetto di cui pochi in realtà tengono conto, ma che invece è saliente. La quasi totalità degli integratori - senza addentrarsi nelle differenze tra i singoli prodotti - non contiene infatti più del 50 per cento di acidi grassi polinsaturi. Mentre nei farmaci la concentrazione parte dall'85 per cento. Per questo motivo «gli integratori alimentari possono essere considerati tutt'al più come un supporto a una dieta povera di Omega 3», afferma Alessandro Mugelli, direttore del dipartimento di neuroscienze, area del farmaco e salute del bambino (Neurofarba) all'Università di Firenze. «Per la prevenzione secondaria occorre intervenire con trattamenti sicuramente efficaci, come lo sono i farmaci a base di Omega 3».
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).