Riscoprire lo stile mediterraneo e informare meglio i consumatori: ecco la ricetta di Francesco Branca e Marco Silano per ridurre l'impatto della dieta sulla mortalità. L'attenzione ai redditi più bassi
«Undici milioni di morti a causa della cattiva alimentazione? Dati di questo tipo, per ampiezza e solidità, prima non erano disponibili. La situazione è preoccupante: occorre intervenire, altrimenti tenderà a peggiorare». Francesco Branca, direttore del Dipartimento di nutrizione per la salute e lo sviluppo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, non è stupito dagli esiti della ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet. «Sebbene l’Italia, come altri Paesi dell’Europa del Sud, abbia valori di mortalità complessivamente più bassi rispetto ad altre parti del mondo, la prevalenza dell'obesità e delle dislipidemie è cresciuta, come conseguenza di un peggioramento delle abitudini alimentari. I tassi di obesità infantile di alcune regioni meridionali, per fare un esempio, sono tra i piu’ alti d’Europa».
ECCO TUTTI I BENEFICI
DELLA DIETA MEDITERRANEA
QUEL NESSO FRA MALNUTRIZIONE E REDDITO
Per ragioni diverse, oggi si mangia male in molte aree del Pianeta. La malnutrizione, rispetto ad altre disuguaglianze, è più democratica. «Ci sono Stati dell’Africa in cui la dieta fa registrare consumi minori di sale e maggiori di fibre rispetto a quanto si rileva in alcuni Paesi dell’Europa dell’Est». Ma le differenze, a un certo punto, emergono sempre. Nei Paesi a basso e medio reddito, anche chi ha maggiori disponibilità spesso segue una dieta poco equilibrata. Un effetto che invece è meno evidente nelle nazioni più agiate, dove però chi è povero ha una maggior probabilità di sviluppare sovrappeso ed obesità. «Ormai ce lo dicono i dati: nelle regioni italiane con il Pil più basso, i tassi di obesità sono maggiori - aggiunge Marco Silano, direttore del dipartimento alimentazione, nutrizione e salute dell’Istituto Superiore di Sanità -. Il benessere è comunque un antidoto nei confronti dell’eccesso ponderale. È vero che pure chi ha maggiori disponibilità economiche può seguire una dieta squilibrata, ma ha più risorse che possono permettere di scegliere alimenti di migliore qualità, fare attività fisica ed eventualmente avere un accesso più facile ai sistemi sanitari, se dovesse sopraggiungere una malattia».
IL PESO DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI
Rispetto alla statistica complesiva, oltre nove milioni di morti evitabili sono da ricondurre a problemi cardiovascolari: come va giudicato questo dato? «Le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte al mondo, anche nei Paesi più ricchi. Dunque un simile dato non deve sorprendere - prosegue Branca -. Il primo fattore di rischio dietetico, in questo caso, è il sale. Se imparassimo a cucinare piatti meno sapidi e se il contenuto di sale degli alimenti industriali e dei pasti offerti dai ristoranti e dalle mense diminuisse, il numero degli infarti e degli ictus calerebbe sensibilmente». Delle conseguenze negative provocate da una dieta ricca di sale e grassi saturi in molti si preoccupano soltanto dopo aver avuto un problema di salute, quando invece sarebbe importante scegliere una corretta alimentazione per evitare che quell’evento si verifichi (prevenzione primaria). Ma per un’analisi completa, occorre andare oltre gli alimenti. «È il nostro modo di vivere attuale che ci rende più vulnerabili - secondo Silano -. Abbiamo perso l’idea di ciò che era la dieta mediterranea: tra la minoranza che la segue, la maggior parte si alimenta secondo uno schema molto diverso da quello dei nostri avi. A ciò occorre aggiungere tutti gli altri fattori di rischio, piuttosto diffusi, che concorrono all’insorgere delle malattie cardiovascolari: come il fumo di sigaretta, il consumo di bevande alcoliche e la sedentarietà». Dalla sommatoria degli effetti di queste cattive abitudini, deriva lo scarso stupore degli esperti.
COME AIUTARE LE PERSONE MENO AGIATE?
Cosa possiamo fare per non aggravare la nostra situazione? Su un punto, i due esperti concordano: il primo passo va compiuto nei confronti delle persone con minori possibilità. È su di loro che una dieta squilibrata determina le conseguenze più gravi. Sulle modalità di azione, le proposte sono diverse, ma ciò non toglie che possano essere complementari. Secondo Branca, «i consumatori hanno bisogno di strumenti di più semplice comprensione per valutare le caretteristiche nutrizionali degli alimenti confezionati. Un esempio? Cito quanto fatto nei ristoranti di New York, dov’è stata introdotta l’informazione sul contenuto calorico dei piatti, per far compiere scelte più salutari a chi è abituato a mangiare spesso fuori. Anche il controllo della pubblicità degli alimenti ad alto contenuto di sale, zucchero e grassi, in particolare quella destinata ai bambini, richiede una limitazione». Per Silano, invece, «occorre uniformare l’accesso ai servizi sanitari e incrementare gli investimenti sull’educazione alimentare», ritenuta fondamentale per diffondere la cultura e la consapevolezza su potenziali benefici e rischi determinati dalla dieta.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).