Il consumo di una dieta prevalentemente vegetariana aiuta a controllare l'apporto di sale e a ridurre i numeri dell'ipertensione e delle malattie cardiovascolari
La chiave di volta, anche in questo caso, risiede nella dieta mediterranea. Chi sposa un regime alimentare prevalentemente vegetariano, come quello che caratterizzava soprattutto le famiglie del Sud dell’Italia ma che con il tempo è stato progressivamente abbandonato, fa soprattutto del bene alla propria salute. Anche per quel che concerne l’apporto di sale che, se eccessivo, può aprire la strada all’ipertensione e alle sue complicanze cardiovascolari. Un aspetto da rimarcare nel corso della Salt Awareness Week (8-14 marzo), la settimana che dal 2006 la World Action on Salt, Sugar & Health dedica alla sensibilizzazione per ridurre i consumi di sale nella popolazione.
ECCO TUTTI I BENEFICI
DELLA DIETA MEDITERRANEA
MENO SALE A TAVOLA CON LA DIETA MEDITERRANEA
A ricordarci quanto la scelta della dieta mediterranea possa essere efficace per ridurre i consumi di sale è un'indagine condotta dalla Società Italiana di Nutrizione Umana. Gli autori dello studio, pubblicato sulla rivista Nutrients, hanno indagato la conoscenza degli aspetti legati al consumo di sale e alle ripercussioni dei suoi eccessi sulla salute in un gruppo composto da quasi dodicimila connazionali. Da qui l'evidenza che la consapevolezza e i comportamenti più idonei a proteggere la propria salute sono tanto più elevati quanto maggiore è il grado di adesione alla dieta mediterranea. Chi è informato in maniera più adeguata su questi aspetti, dunque, tende a prediligere il regime alimentare considerato più efficace per il mantenimento del peso corporeo e, in linea più generale, per la prevenzione delle malattie croniche. Candidandosi così ad andare incontro a minori problemi di salute, nel tempo. Il vantaggio di scegliere la dieta mediterranea risiede nell'ampio spazio dato agli alimenti di origine vegetale e al consumo di prodotti non ultralavorati: tutti accompagnati da un ridotto apporto di sodio, a differenza di quelli più consumati da chi sposa una dieta di tipo occidentale.
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CONSUMO DI SALE ECCESSIVO PER OLTRE 9 ITALIANI SU 10
Favorire la conoscenza di questi aspetti è dunque il primo passo per permettere alle persone di compiere scelte alimentari mirate alla tutela della propria salute. La consapevolezza di questi temi è cresciuta, negli ultimi anni. Prova ne è, come documentato in uno studio condotto dall'Istituto Superiore di Sanità con l'Università Federico II di Napoli, che negli ultimi dici anni il consumo di sale degli italiani si è ridotto sia tra gli uomini (-12 per cento) sia tra le donne (-13 per cento). Ma siamo ancora lontani dal traguardo. Lo dimostrano i dati che evidenziano «come i consumi di sale nella popolazione italiana risultino ancora mediamente elevati, sia tra gli adulti sia tra bambini e adolescenti», avvertono i ricercatori. Né va meglio per quel che riguarda i pazienti già affidati alle cure degli specialisti per tenere sotto controllo valori di pressione sanguigna più alti del dovuto. Nel dettaglio, l'apporto di sale è più elevato rispetto al valore soglia (5 grammi al giorno) nella quasi totalità degli uomini (97 per cento) e in una quota comunque elevata di donne (87 per cento). Inevitabile la conseguenza, certificata dai dati del Progetto Cuore dell'Istituto Superiore di Sanità: in Italia oltre 1 uomo su 2 (53.7 per cento) e oltre 1 donna su 3 (40.3 per cento) è iperteso.
SALE: COME RISPETTARE LA SOGLIA GIORNALIERA DEI 5 GRAMMI?
Il sale da cucina contiene sodio. È questo minerale a favorire l’aumento della pressione sanguigna, principale fattore di rischio per l'insorgenza dell'infarto del miocardio e dell'ictus cerebrale. In condizioni normali, il nostro organismo ha bisogno di piccole quantità di sodio (393.4 milligrammi), che corrispondono all'incirca al consumo di un grammo di sale da cucina (cloruro di sodio) al giorno. Attraverso l’alimentazione, però, un italiano ne introduce media un quantitativo di dieci volte superiore: attingendo ad alimenti che ne contengono naturalmente e andandone ad aggiungere ad altri (prevalentemente carne, pesce, contorni). Come raccomanda l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ogni giorno bisognerebbe consumare meno di cinque grammi di sale da cucina (all'incirca la quantità contenuta da un cucchiaino di caffè), tra quello già presente negli alimenti e quello aggiunto, che corrispondono a circa due grammi di sodio.
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PIÙ A RISCHIO LE FASCE DEBOLI DELLA POPOLAZIONE
Tornando alla situazione italiana, quello che è emerge è che il consumo di sale è inversamente proporzionale ad alcuni determinanti sociali di impatto acclarato per la salute: dall'età al livello di istruzione, dalla disponibilità economica al tipo di occupazione. In queste categorie, è quanto confermato dall'ultima indagine, l'accesso alle informazioni è spesso inadeguato e il consumo di alimenti pronti e ultraprocessati (preparati con maggiori quantità di sale) più frequente. Particolare attenzione va posta anche nei confronti degli adolescenti, risultati più avvezzi ad aggiungere il sale alle pietanze già cotte e meno portati a controllare il contenuto di sale degli alimenti confezionati e a richiedere prodotti poco salati quando mangiano fuori.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).