Uno studio evidenzia un ruolo chiave del cloruro di sodio nell'avvio della risposta immunitaria. Trovate elevate concentrazioni di sale nella pelle dei pazienti colpiti dalla dermatite atopica
Le allergie rappresentano una delle categorie di malattie in aumento, ormai da diversi decenni. La causa di questo trend, per adesso, non è stata individuata. Ma gli esperti sono concordi su un punto: considerando invariata la genetica dell'uomo, la risposta non può che risiedere in un fattore esterno al nostro corpo che ha determinato un incremento di queste condizioni. Parte delle responsabilità sarebbero ascrivibili all'inquinamento dell'aria.
Un ruolo non trascurabile potrebbe però averlo anche il sale da cucina, i cui consumi sono cresciuti di pari passo con la diffusione dei cibi di origine industriale: concomitante con la crescita dei numeri delle allergie.
L'AZIONE DEL SALE SUL SISTEMA IMMUNITARIO
Il cloruro di sodio, nome chimico del più noto sale da cucina, fungerebbe da carburante per la maturazione dei precursori dei linfociti T (in linfociti Th2). Questa, in estrema sintesi, è la sintesi che emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine.
I ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo aver studiato in vitro cellule cutanee prelevate sia dall'uomo sia da un modello animale: tutte quelle appartenenti a soggetti allergici sono risultate più abbondanti in cloruro di sodio.
I linfociti T sono cellule del sistema immunitario che, in condizioni normali, hanno il compito di attaccare agenti esterni (batteri, virus, parassiti) che possono entrare nel nostro organismo. La loro attività, se incontrollata, può però innescare l'«attacco» a parti del nostro corpo o a sostanze normalmente innocue (è quanto si verifiche nelle persone allergiche).
La manifestazione più comune di questo processo è la dermatite atopica: il segno più ricorrente di un'allergia (arrossamento, secchezza e prurito della pelle).
SALE IN ECCESSO SULLA PELLE DI CHI SOFFRE DI DERMATITE ATOPICA
La maggiore presenza di sale giocherebbe un ruolo cruciale sia nella maturazione dei linfociti sia nell'incremento della sintesi delle interleuchine (IL-4 e IL-5) - molecole in grado di avviare la cascata delle reazioni mediate dal sistema immunitario - a partire dai Th2. A conferma delle evidenze osservate a livello cellulare, occorre aggiungere che, nella pelle delle persone affette dalla dermatite atopica, sono state rilevate maggiori concentrazioni di sale.
Un risultato che non ha sorpreso Christina Zielinski, immunologa della Technische Universität di Monaco di Baviera e coordinatrice della ricerca. «Si tratta di un rilievo piuttosto frequente, che fa il paio con un altro. I pazienti con questa condizione ospitano sulla propria cute livelli elevati del batterio Staphylococcus aureus. Si tratta di un microrganismo che, a differenza di molti altri, prospera in un ambiente salino».
Dietro le quinte si affaccerebbe dunque pure il microbiota cutaneo, la cui composizione potrebbe svelare i tasselli che mancano per decifrare l'incremento delle allergie.
ALLERGIE E INTOLLERANZE ALIMENTARI: COME RICONOSCERLE E DISTINGUERLE?
IL SALE E LE ALLERGIE
A conferma di quanto affermato, i ricercatori hanno rilevato che, riducendo i livelli di sale a cui erano esposte le cellule, diminuiva la sintesi delle interleuchine.
Ciò che rimane da capire è come queste maggiori quantità di sale arrivino sulla cute delle persone colpite dalla dermatite atopica (nei bambini, l'eczema che si manifesta potrebbe in realtà celare un'allergia alimentare).
Considerando però che l'aumento della prevalenza delle allergie è viaggiato di pari passo con la diffusione del consumo di alimenti processati, più ricchi di sale, l'ipotesi dei ricercatori è che «il quantitativo di sale che apportiamo con la dieta può avere un ruolo cruciale, nell'attenuare o nel fare progredire la risposta immunitaria». E se ci fosse anche lo zampino del sale dietro l'aumento dei numeri delle allergie?
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).