Uno studio italiano conferma i rischi legati al consumo eccessivo di alimenti ultraprocessati. Soprattutto per l'apparato cardiovascolare
Evitarli, tra gli scaffali dei supermercati, è sempre più difficile. Gli alimenti ultraprocessati sono ormai onnipresenti nella nostra società. Perché, evidentemente, graditi e maggiormente consumati rispetto al passato. Ma non per questo privi di effetti (negativi) per la salute. Il loro eccessivo consumo era già stato correlato a un aumento della mortalità per cause cardiovascolari lo scorso anno, attraverso due studi pubblicati sul British Medical Journal. Ipotesi ora suffragata da un nuovo lavoro italiano, condotto dai ricercatori dell’Irccs Istituto Neurologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli (Isernia) e apparso sulle colonne dell’American Journal of Clinical Nutrition. In calce anche le firme di Maria Benedetta Donati (vicepresidente del comitato scientifico) e di due ricercatrici in passato sostenute da Fondazione Umberto Veronesi: Maria Laura Bonaccio e Simona Costanzo.
Cibi industriali: più ne mangiamo, più ne vogliamo?
IL CONSUMO DI CIBI PRONTI E I RISCHI PER IL CUORE
Seppur diversa nella tipologia rispetto ai due studi francesi citati, questa ricerca fotografa l’impatto della dieta su oltre 22mila adulti italiani (dai 35 anni in su) arruolati nello studio Moli-Sani. Potendo contare sulle informazioni relative alle abitudini alimentari di queste persone, raccolte per otto anni, epidemiologi e nutrizionisti hanno posto in relazione il consumo di alimenti ultraprocessati con il rischio di morte per tutte le cause. E, nello specifico, per problemi di natura vascolare. I risultati hanno confermato l’impatto negativo che questa tipologia di prodotti può avere sulla salute, con incrementi del rischio di morte rispettivamente del 26 e del 58 per cento rilevati tra coloro che seguivano una dieta rappresentata per un sesto da questi prodotti rispetto agli adulti che invece ne facevano un consumo sporadico (con alimenti ultratrasformati corrispondenti a meno del 6 per cento della dieta).
COME QUEL CHE MANGIAMO
PUÒ RENDERCI SANI O MALATI?
QUANDO UN ALIMENTO È ULTRAPROCESSATO?
Secondo la classificazione «Nova», che prevede la suddivisione degli alimenti in base ai «processi fisici, chimici e biologici che li interessano una volta separati dalla natura e prima di essere consumati o utilizzati nella preparazione di piatti», esistono quattro categorie di alimenti: quelli non trasformati (frutta, frutta secca, semi, verdura, cereali e farine derivate, legumi, tuberi, carne, pesce, frutti di mare, uova, spezie, té, caffè, yogurt e succhi senza zuccheri aggiunti), gli ingredienti culinari (sale, zucchero, miele, oli vegetali, burro, aceto), gli alimenti trasformati (conserve di verdure e legumi, noci e semi salati o zuccherati, carni lavorate, pesce in scatola, frutta sciroppata, formaggi, pane e patate fritte) e quelli ultratrasformati (che prevedono anche l'aggiunta di additivi con funzione stabilizzante e conservante). Di questa categoria fanno parte energy drinks, bibite zuccherate e gassate, succhi di frutta, dolciumi vari, piatti pre-confezionati, hamburger e hotdog, patatine fritte e chips. La loro diffusione è cresciuta con la necessità di avere prodotti pronti da mangiare, da bere o riscaldare. Oltre che competitivi sul piano economico.
Quali rischi per la salute se si segue una dieta «occidentale»?
COLPA DEGLI ZUCCHERI O DEI PROCESSI DI LAVORAZIONE?
Secondo gli autori, l’impatto negativo sulla salute sarebbe determinato principalmente dall'eccessivo apporto di zuccheri semplici, aggiunti agli alimenti ultraprocessati. Ma in realtà le cause che sottendono a questa relazione - con l'aumento del rischio di morte per problemi cardio e cerebrovascolari, ormai documentato in diversi studi epidemiologici - sono con probabilmente più complesse. «L’eccesso di zuccheri incide per il 40 per cento sull’aumento del rischio di morte - afferma l’epidemiologo Augusto di Castelnuovo -. Un ruolo importante sembra essere svolto però anche dai processi di lavorazione di questi alimenti, in grado di modificare la struttura e la composizione dei nutrienti». Facendo perdere, come accade per esempio in frutta e verdura, i benefici determinati dalle molecole presenti al loro interno. O finendo per provocare un aumento dell'infiammazione nell'organismo, alla base dell'insorgenza di diverse malattie (acute e croniche). Adottare uno stile di vita più salutare, dunque, non vuol dire soltanto rivedere le porzioni e recuperare la dieta mediterranea. Ma anche essere più accurati nella selezione di ciò che si acquista tra gli scaffali del supermercato.
CONSIGLI PER UNA DIETA SALUTARE
Un messaggio che, secondo gli esperti, è necessario dare soprattutto ai giovani, i più esposti al rischio di consumare con maggiore frequenza alimenti ultraprocessati: per praticità e basso costo. «Occorre far presente a tutti, ma in particolare ai ragazzi nel momento in cui cominciano a essere autonomi, l’importanza di consumare alimenti freschi o comunque poco lavorati», spiega Licia Iacoviello, a capo del dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Neuromed. Basta poco, d’altronde, per migliorare la qualità della dieta. «Spendere pochi minuti per cucinare piuttosto che scaldare un primo pronto nel microonde. O prepararsi un panino rinunciando a consumare snack preconfezionati», conclude l’esperta.
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).