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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 31-03-2025

Immunoterapia sottocute: stessa efficacia, meno tempo e più comodità



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L’immunoterapia sottocutanea si dimostra efficace quanto l’endovenosa, con vantaggi concreti in termini di tempo e gestione clinica. I risultati presentati all'European Lung Cancer Congress

Immunoterapia sottocute: stessa efficacia, meno tempo e più comodità

L'immunoterapia sottocute rappresenta una valida alternativa a quella somministrata endovena. L'efficacia è la stessa ma la gestione diventa più snella sia per il paziente sia per la struttura ospedaliera. A dimostrarlo sono i sempre più numerosi studi che stanno comparando le due modalità di somministrazione. Al recente European Lung Cancer Congress 2025 dell'European Society for Medical Oncology (ESMO) sono stati presentati i dati di alcune analisi che hanno confermato come le formulazioni sottocute di pembrolizumab e amivantamab siano non inferiori alla classica via endovenosa.

COME FUNZIONA L'IMMUNOTERAPIA?

Negli ultimi anni l'immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento di molte neoplasie, tumore del polmone compreso. A differenza delle altre strategie di cura, l'immunoterapia consiste nella somministrazione di farmaci in grado di stimolare il sistema immunitario a riconoscere ed eliminare le cellule cancerose. Sino a poco tempo fa l'unica via di somministrazione dell'immunoterapia è stata esclusivamente quella endovenosa. Da tempo però, grazie al progresso nella manifattura dei farmaci, sono state sviluppate formulazioni che possono essere iniettate anche per via sottocutanea. Una modalità più semplice e veloce, che deve però garantire la stessa efficacia e sicurezza di quella tradizionale.

DALL'ENDOVENA A SOTTOCUTE

Ecco perché da qualche anno a questa parte sono in corso delle sperimentazioni cliniche volte a comparare i due metodi. Una di queste, presentata al congresso dell'ESMO, ha riguardato 377 pazienti con tumore del polmone metastatico trattati con pembrolizumab associato a chemioterapia, in formulazione sottocutanea o endovenosa. Nello studio di fase III MK-3475A-D77 la formulazione sottocute ha portato a risultati sovrapponibili con un'efficacia simile in termini di risposta (45,4% vs 42,1%), di sopravvivenza libera da progressione (8,1 vs 7,8 mesi) e sicurezza. 

Un altro trial -PALOMA-2- ha esplorato il passaggio da amivantamab endovena a sottocute in pazienti con tumore del polmone avanzato EGFR-mutato. Su 25 pazienti precedentemente trattati con la formulazione classica, la transizione alla via sottocutanea è risultata ben tollerata, senza nuove tossicità rilevanti e con un netto calo delle reazioni legate alla somministrazione. I dati hanno inoltre confermato la non inferiorità rispetto alla via endovenosa.

PIÙ VANTAGGI PER PAZIENTI E OSPEDALE

Ma c'è di più perché -oltre alla valutazione dei parametri di efficacia- al congresso sono stati presentati i risultati relativi ai vantaggi organizzativi per pazienti e strutture ospedaliere. Per lo studio MK-3475A-D77 è stata condotta un’indagine parallela che ha quantificato i benefici in termini di gestione. Rispetto all’endovena, il tempo attivo del personale sanitario si è ridotto del 46%, il tempo in poltrona del paziente del 50% e la permanenza complessiva in sala trattamento del 47%. Il tutto con una somministrazione che avviene in appena due minuti, contro i 30 richiesti dall’infusione endovenosa. Un dato che, tradotto in termini di efficienza, apre prospettive importanti per ottimizzare le risorse nei day hospital oncologici. Nello studio PALOMA-2 invece è stata condotta una valutazione circa la soddisfazione dei pazienti per la nuova modalità di somministrazione: l'83% ha preferito la somministrazione sottocute.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Questi dati suggeriscono che, almeno per alcuni farmaci già consolidati, la via sottocutanea possa rappresentare un’alternativa concreta alla somministrazione endovenosa. A parità di efficacia, si risparmiano tempo, risorse e disagi, a vantaggio tanto dei pazienti quanto dei sistemi sanitari. Ad oggi, in Italia, l'unica immunoterapia sottocute approvata è atezolizumab per il tumore del polmone. Ma visti i dati promettenti, in futuro potrebbero arrivarne molte altre.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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