L'inizio precoce del fumo aumenta il rischio di sviluppare la BPCO e altre malattie respiratorie croniche. I risultati di un nuovo studio statunitense
Il fumo prima dei 15 anni aumenta il rischio di sviluppare la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), secondo un nuovo studio pubblicato sulla rivista Chronic Obstructive Pulmonary Diseases: Journal of the COPD Foundation. Questo studio, che ha coinvolto migliaia di adulti, ha esplorato i legami tra l'età in cui si inizia a fumare e lo sviluppo di malattie polmonari croniche. Scopriamo insieme come è stata condotta la ricerca e cosa ha rivelato sui rischi legati al fumo precoce.
LO STUDIO
La ricerca ha analizzato la relazione tra il fumo in giovanissima età e lo sviluppo di malattie respiratorie croniche, in particolare la BPCO. Per farlo si è basata sui dati dello studio statunitense PATH (Population Assessment of Tobacco and Health), che raccoglie informazioni sulle abitudini legate al tabacco e alla salute della popolazione, ed è organizzato in diverse "onde" o "waves", che rappresentano periodi specifici di raccolta dati. In questo caso si fa riferimento ai dati della quinta onda, raccolti tra il 2018 e il 2019.
Lo studio ha coinvolto 10.126 adulti di età superiore ai 40 anni, con lo scopo di capire come l'inizio precoce del fumo influisca sulla salute polmonare a lungo termine.
COSA È EMERSO
I dati hanno mostrato che iniziare a fumare durante la prima adolescenza aumenta significativamente il rischio di sviluppare la BPCO in età adulta. Tra coloro che avevano iniziato a fumare prima dei 15 anni il 29% ha ricevuto una diagnosi di BPCO. Questo gruppo ha mostrato una maggiore esposizione cumulativa al fumo nel corso della vita, misurata in pack years (numero di pacchetti di sigarette fumati al giorno moltiplicato per il numero di anni di fumo). In confronto, la prevalenza di BPCO è risultata del 21,1% tra coloro che hanno iniziato a fumare dopo i 15 anni e del 7,5% tra i non fumatori. I più a rischio sono uomini, individui di etnia caucasica e membri di famiglie a basso reddito, con una probabilità quasi doppia rispetto ai gruppi ad alto reddito.
«Il nostro studio suggerisce che una persona con una storia di fumo nell'infanzia ha un rischio maggiore di sviluppare la BPCO, indipendentemente dallo stato attuale di fumatore, dalla durata del fumo, dai pack years e dall'esposizione al fumo passivo», ha affermato Laura M. Paulin, pneumologa presso il Dartmouth Hitchcock Medical Center di Dartmouth Health e autrice principale dello studio. «Lo sviluppo critico dei polmoni avviene durante l'infanzia e la prima adolescenza, rendendo i polmoni dei bambini particolarmente vulnerabili ai danni causati dal fumo di sigaretta. Questi risultati sottolineano la necessità di ulteriori sforzi di salute pubblica per ridurre e, in ultima analisi, prevenire il fumo nell'infanzia».
COSA SUGGERISCE LO STUDIO?
La BPCO è una malattia polmonare cronica che limita la capacità respiratoria e peggiora la qualità della vita. Questo studio evidenzia che prevenire il fumo precoce è essenziale per ridurre il rischio di malattie croniche nella popolazione adulta, alleggerendo i costi a lungo termine per la società. Inoltre, l’analisi rivela che il rischio di iniziare a fumare non dipende solo da fattori individuali, ma anche da circostanze sociali ed economiche. Intervenire in maniera mirata, potrebbe fare una grande differenza.
COME INTERVENIRE?
I risultati suggeriscono alcune direzioni per migliorare la salute pubblica. Le strade per intervenire oggi e costruire un futuro più sano per milioni di persone sono molteplici e complementari, dove ogni azione contribuisce a un cambiamento positivo e duraturo. Parliamo ad esempio di:
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educazione precoce: sensibilizzare i giovani sui rischi del fumo fin dalle scuole elementari
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supporto economico: creare programmi di prevenzione e assistenza per famiglie con difficoltà economiche
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campagne mirate: offrire risorse specifiche per i gruppi a rischio, come le comunità con un alto tasso di fumatori.
Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile