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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 02-02-2018

Terapia genica: una Car-T per la leucemia linfoblastica acuta



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Curato un bimbo di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta con la prima Car-T con un "gene suicida"

Terapia genica: una Car-T per la leucemia linfoblastica acuta

Sperimentata con successo una nuova terapia genica CAR-T per la cura della leucemia linfoblastica acuta. Agli scienziati dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù va il merito di aver messo a punto una cura capace di stimolare il sistema immunitario a riconoscere il cancro e al contempo in grado di "spegnersi" in caso di effetti collaterali. Una nuova tecnica, completamente realizzata presso la Cell Factory dell'ospedale di Roma, che rappresenta un'evoluzione dell'attuale CAR-T approvata dalla FDA americana per il trattamento di questa forma di leucemia. Il primo a essere curato è stato un bimbo di 4 anni affetto dalla malattia.

 STIMOLARE IL SISTEMA IMMUNITARIO

Da alcuni anni a questa parte l'immunoterapia è entrata di diritto - dopo chirurgia, chemio e radioterapia - tra le strategie terapeutiche per la cura dei tumori. L’idea alla base di questo approccio è quella di sfruttare l'innata capacità del sistema immunitario di riconoscere il cancro. Quest’ultimo, però, grazie a particolari meccanismi, spegne la risposta immunitaria e prolifera. Ecco perchè agire dall’esterno, mantenendo attiva la risposta, rappresenta una strategia vincente.

 

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DAGLI IMMUNOTERAPICI ALLA TERAPIA GENICA

I sistemi più diffusi per potenziare il sistema immunitario ad oggi sono i farmaci immunoterapici, dei particolari anticorpi che iniettati nel paziente agiscono rimuovendo il freno alle cellule del sistema immunitario. Da qualche tempo a uesta parte però, complice lo sviluppo di tecniche di manipolazione del Dna sempre più precise, gli scienziati hanno pensato di ottenere lo stesso effetto agendo direttamente sul "libretto di istruzioni" delle cellule immunitarie. Attraverso la terapia genica è infatti possibile veicolare dei frammenti di Dna all'interno dei linfociti in modo da insegnare loro a riconoscere il tumore. Nel caso di CAR-T le cellule del malato vengono prelevate, modificate in modo che esprimano CAR -un recettore posto sulla superficie dei linfociti capace di aumentare la risposta immunitaria- e successivamente reintrodotte nel malato.

ANNO 2012: IL PRIMO SUCCESSO DI CAR-T 

Con questo approccio, sviluppato dai ricercatori dell’Università di Pennsylvania presso il Children Hospital di Philadelphia, nel 2012 una bambina di 7 anni con leucemia linfoblastica acuta fu la prima ad essere curata con successo. Un risultato confermato sempre in più persone -il primo caso in Italia è del 2016 e riguarda un bimbo curato al San Gerardo di Monza- che ha portato nel 2017 alla commercializzazione di tisagenlecleucel, il primo farmaco a base di CAR-T sviluppato dall’industria farmaceutica. Proprio in questi giorni il New England Journal of Medicine ha mostrato nuovamente la bontà di questo "farmaco CAR-T" nel trattamento della leucemia linfoblastica acuta nei bambini.

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LA NUOVA CAR-T SVILUPPATA DAL BAMBINO GESU' 

Attenzione però a pensare che sia tutto così semplice. Uno degli effetti collaterali più diffusi e gravi delle diverse terapie geniche CAR-T è la sindrome da rilascio di citochine (CRS), un fenomeno in cui vi è un'eccessiva risposta immunitaria. Ed è proprio sulla prevenzione della CRS che la tecnica dei ricercatori del Bambino Gesù è rivoluzionaria: la straordinarietà della tecnica consiste nell'aver inserito, oltre al recettore, una sorta di “gene suicida” in grado di bloccare l’azione dei linfociti modificati. Una sorta di interruttore “on-off” attivabile dall'esterno in caso di necessità. 

LA CAR-T NON E' LA SOLA VIA

Lo sviluppo di queste nuove tecniche non deve però far dimenticare le terapie efficaci che già esistono. Nel caso della leucemia linfoblastica acuta la cura spesso consiste nella chemioterapia seguita dal trapianto di midollo. Alle volte però questo metodo non funziona ed è in questo caso che interviene la CAR-T. Come per il bimbo trattato a Roma: «Per questo piccolo - spiega Franco Locatelli, direttore del dipartimento di oncoematologia pediatrica, terapia cellulare e genica del Bambin Gesù - non erano più disponibili altre terapie potenzialmente in grado di determinare una guarigione definitiva. Qualsiasi altro trattamento chemioterapico avrebbe avuto solo un’efficacia transitoria o addirittura un valore palliativo. Grazie all’infusione dei linfociti T modificati invece il bambino oggi sta bene ed è stato dimesso. È ancora troppo presto per avere la certezza della guarigione, ma il paziente è in remissione: non ha più cellule leucemiche nel midollo». 

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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