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Alimentazione
Daniele Banfi
pubblicato il 26-06-2024

Fenilchetonuria: curarla con la terapia enzimatica sostitutiva



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Sino a qualche tempo fa si poteva agire solo sulle abitudini alimentari. Oggi con la terapia enzimatica sostitutiva i pazienti possono cambiare radicalmente il loro modo di mangiare

Fenilchetonuria: curarla con la terapia enzimatica sostitutiva

Sin dalla nascita la cura per le persone affette da fenilchetonuria (PKU) -il 28 giugno si celebra la giornata mondiale dedicata alla patologia- è rappresentata da una dieta rigida che limita in modo sostanziale l’assunzione di determinati alimenti, specie quelli a base di proteine. Un limite non di poco conto che condiziona pesantemente la propria vita e quella dei familiari. Oggi però la situazione sta finalmente cambiando grazie alla terapia enzimatica sostitutiva, un approccio sempre più diffuso che permette di dire addio alle privazioni alimentari nei pazienti che possono ricevere la terapia.

CHE COS’È LA FENILCHETONURIA?

«La fenilchetonuria -spiega la dottoressa Valentina Rovelli, Responsabile dell'Equipe Malattie Metaboliche SC Pediatria Ospedale Clinica Pediatrica San Paolo, ASST Santi Paolo e Carlo, Università di Milano- è una malattia genetica rara caratterizzata dall'incapacità del corpo di metabolizzare correttamente la fenilalanina, un amminoacido essenziale presente in molti alimenti proteici. Questo rappresenta un problema poiché la fenilalanina, se non viene metabolizzata, può accumularsi nel corpo e avere effetti tossici». Ad oggi si calcola che la PKU colpisca in Europa circa un individuo su 10 mila. In Italia la malattia presenta anche picchi di incidenza fino ad un caso su 4 mila nati nelle isole. Fortunatamente da diversi anni la PKU può essere diagnosticata precocemente attraverso lo screening neonatale, quella serie di test effettuati su una goccia di sangue alla nascita in grado di rilevare la presenza delle principali malattie genetiche rare.

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QUALI SONO LE COMPLICANZE?

Come accennato precedentemente il problema principale della PKU è l’accumulo della fenilalanina in seguito al consumo di alimenti che la contengono. «Tra gli alimenti più ricchi di questo amminoacido -spiega l’esperta- ci sono carne, pesce, uova, formaggio e latte. Il loro consumo determina un aumento di fenilalanina nel sangue con effetti tossici su numerosi organi e sistemi, in particolare il sistema nervoso centrale». Senza una cura adeguata la tossicità cronica può generare problemi neurologici seri, come ritardo neurocognitivo grave, o anche di apprendimento e memoria, disturbi motori e dell’umore -ansia e depressione, ma anche iperattività e aggressività- il tutto in base al momento di esposizione (più precoce più deleterio). Per evitare che la fenilalanina in eccesso causi tutti questi danni è fondamentale mantenere bassi i livelli di questo amminoacido. Esattamente come avviene con il glucosio nel caso del diabete, la fenilalanina deve essere monitorata costantemente.

COME SI CURA?

Ad oggi il trattamento cardine per la PKU è di tipo alimentare e consiste nel seguire una dieta a basso e controllato apporto di fenilalanina. «Scopo del trattamento -spiega la Rovelli- è quello di ridurre e mantenere i livelli dell'aminoacido entro i limiti raccomandati al fine di prevenire il rischio di deficit neurologici e quindi garantire ottimali risultati di crescita e sviluppo». Ciò significa escludere dalla dieta gli alimenti ricchi di proteine e limitare altri come cereali, legumi, carne, pesce, latte e latticini. Non solo, oltre a seguire una dieta rigida le persone con PKU devono consumare miscele amminoacidiche prive di fenilalanina in grado di soddisfare il fabbisogno proteico. Prodotti che spesso risultano sgradevoli dal punto di vista del gusto.

DIFFICILE SEGUIRE LE INDICAZIONI

L’impatto della malattia sulla persona e sulla famiglia è tutt’altro che trascurabile. Pianificazione dei pasti e aderenza ai piani terapeutici per i diversi prodotti sono solo la punta dell’iceberg. «Spesso i pazienti riducono la propria aderenza dietetica nel tempo, stanchi di dover continuamente limitare le proprie scelte alimentari con il rischio di conseguenze cliniche importanti. Inoltre, spesso capita che per la necessità di dover seguire indicazioni dietetiche restrittive, e per il disagio che questo comporta, un paziente con PKU rinunci ad occasioni di convivialità con amici, parenti o colleghi con un alto impatto psicologico e sociale» spiega l’esperta.

IL RUOLO DELLA TERAPIA ENZIMATICA SOSTITUTIVA

Fortunatamente, grazie alla ricerca, da qualche tempo l’intervento sulla dieta non è più la sola strategia di cura per la PKU. A cambiare radicalmente le prospettive ci ha pensato la terapia enzimatica sostitutiva con pegvaliase -una strategia che mira a fornire al corpo un enzima alternativo a quello mancante/deficitario, utile a metabolizzare la fenilalanina- disponibile nel nostro Paese dal 2020. Questo approccio viene utilizzato già da diverso tempo per molte malattie rare metaboliche caratterizzate dal deficit di produzione di determinati enzimi. «L’utilizzo della terapia enzimatica sostitutiva -spiega la dottoressa- ha rivoluzionato il trattamento della fenilchetonuria. Potendo iniettare direttamente l’enzima viene meno la necessità di controllare attentamente ciò che si mangia. Somministrato per via sottocutanea, gli studi hanno dimostrato che questo approccio è in grado di ridurre significativamente i valori di fenilalanina raggiungendo non solo i range raccomandati dalle linee guida a fronte di un’alimentazione del tutto libera ma anche valori di assoluta normalità».

TROVARE LA GIUSTA DOSE

Approvata all’utilizzo nelle persone affette da PKU dai 16 anni di età in su, la terapia è specificamente destinata a quei pazienti che non riescono a controllare adeguatamente i livelli di fenilalanina nel sangue con la sola dieta a basso contenuto di fenilalanina. Dopo un’attenta valutazione che include anche la volontà del paziente ad intraprendere il percorso, la terapia inizia con una fase di incremento delle dosi sino a trovare la giusta quantità che consente alla persona di raggiungere i valori prefissati. «Durante tutto il trattamento -spiega la Rovelli- è essenziale monitorare regolarmente i livelli di fenilalanina nel sangue per valutare l'efficacia della terapia e apportare eventuali aggiustamenti del dosaggio. Anche il monitoraggio per eventuali reazioni allergiche è fondamentale, specialmente nelle prime fasi del trattamento quando il rischio di reazioni è più alto. Ecco perché nei primi 6 mesi di trattamento è necessaria la presenza di un familiare o caregiver di riferimento opportunamente formato per gestire eventuali reazioni allergiche».

CAMBIA LA VITA DEI PAZIENTI E DEI LORO FAMILIARI

Il percorso per arrivare a trovare la giusta dose non è immediato ma la motivazione di poter ottenere un cambio radicale nella propria visione di vita è ciò che ad oggi spinge il paziente a voler avviare il trattamento. «Questa terapia -conclude la Rovelli- rappresenta un cambio di passo epocale per la gestione dei pazienti con PKU. La terapia enzimatica sostitutiva è destinata a rivoluzionare la concezione di malattia e di trattamento nonché di impattare profondamente sulla prospettiva di vita a lungo termine. Chi si sta sottoponendo al trattamento può testimoniare il cambiamento radicale nella qualità di vita. Non più privazioni e programmazione dei pasti ma completa libertà nel consumare ciò che si desidera».

IL FUTURO DELLA TERAPIA GENICA

Ma se la terapia enzimatica sostitutiva rappresenta oggi una realtà, le prospettive a lungo termine per una soluzione definitiva sono rappresentate dalla terapia genica. In questo caso l’obiettivo è quello di inserire in maniera permanente all’interno delle cellule del fegato la copia del gene corretto in grado di produrre l’enzima mancante. Ad oggi sono già 3 le terapie geniche in sperimentazione per la PKU (HMI-102, HMI-103 e SAR444836).

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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