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Oncologia
Vera Martinella
pubblicato il 16-12-2013

Le nuove armi contro i tumori del sangue



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Al convegno della Società americana di ematologia presentati gli esiti di studi sulle cure per leucemie, linfomi, mieloma

Le nuove armi contro i tumori del sangue

NEW ORLEANS

Una manciata di farmaci innovativi già arrivati alle ultime fasi di sperimentazione, nuove opportunità di trapianto (usando come donatori genitori, figli o fratelli compatibili solo a metà) e diverse cure applicabili anche ai pazienti anziani, che rappresentano la maggior parte dei malati di tumore del sangue per i quali però le strategie a disposizione erano finora limitate perché in molti casi troppo pesanti da sopportare.

Il futuro, non troppo lontano, della cura delle malattie del sangue più difficili da trattare passa da qui, secondo gli esiti di alcuni studi presentati a New Orleans durante il convegno della Società americana di Ematologia (American Society of Hematology, ASH).

 

MIX DI CURE PER AVERE MIGLIORI RISULTATI

«Sono molte le forme di tumore del sangue, in totale si registrano circa 36.500 nuovi casi ogni anno nel nostro Paese - spiega Fabrizio Pane, presidente della Società italiana di ematologia e direttore dell’Ematologia all’ Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli –.

Ma si tratta di tante tipologie differenti, eterogenee fra loro per caratteristiche biologiche, decorso clinico, prospettive di guarigione, approcci diagnostici, complessità delle cure. Grazie agli straordinari risultati della ricerca, a cui hanno dato notevole contributo molti gruppi italiani riconosciuti a livello internazionale, sono state messe a punto negli ultimi anni nuove e più efficaci strategie terapeutiche che hanno portato, per alcune tipologie di neoplasie, prospettive di guarigione e il prolungamento della sopravvivenza a risultati impensabili».

Si tratta spesso di soluzioni complesse che si basano, in molti casi, su un mix dei vari trattamenti disponibili: dal trapianto di cellule staminali emopoietiche a nuove categorie di farmaci biologici (capaci di eliminare selettivamente le cellule malate interagendo con particolari strutture che ne regolano la crescita e la proliferazione), dalla radioterapia fino a un migliore utilizzo di vecchi e nuovi chemioterapici.

 

TANTI TIPI DI FARMACI DIVERSI

«Molti degli studi presentati con i risultati più promettenti paiono andare verso la combinazione di diversi farmaci - aggiunge Pierluigi Zinzani, professore direttore Scuola di Specializzazione in Ematologia all’Università di Bologna -ci sono le nuove target therapies, gli anticorpi monoclonali che mirano a un preciso bersaglio che abbiamo riconosciuto come “colpevole” dello sviluppo del tumore, gli inibitori di molecole responsabili della proliferazione delle cellule cancerose (come PTK, BITK, PI3K) e poi ci sono i farmaci “drug coniugated”, ovvero quei farmaci cosiddetti intelligenti composti da un “carico velenoso” capace di uccidere le cellule malate e da un vettore in grado di guidare il carico e portarlo a depositarsi sulle cellule malate, risparmiando così quelle sane».

Infine, grande attenzione durante l’Ash hanno destato i buoni risultati ottenuti grazie al potenziamento del sistema immunitario dei malati.

 

RAFFORZARE IL SISTEMA IMMUNITARIO

In particolare, il metodo di  modificazione cellulare CAR (chimeric antigen receptor, ovvero recettore antigene-specifico chimerico) testato su adulti e bambini malati di leucemia, prevede di estrarre (con un semplice prelievo di sangue) alcuni linfociti T del malato, cellule del sangue che hanno un ruolo chiave per l’azione del nostro sistema immunitario, e equipaggiarli in laboratorio con due potenti «munizioni»: un recettore da mettere sulla superficie esterna (come una sorta di «rilevatore di nemici») in grado di riconoscere la proteina CD19, presente nella maggior parte delle cellule leucemiche; e un potente meccanismo posto all’interno del linfocita T, che lo stimola a espandersi e proliferare nel momento in cui si attacca alla proteina malata, dopo averla riconosciuta.

A questo punto i linfociti T potenziati vengono re-iniettati nel paziente e sono in grado di cercare, trovare e distruggere le cellule cancerose.

 

I SUCCESSI PIU’ RECENTI

Grazie ai passi avanti compiuti dalla ricerca negli ultimi anni i risultati sono già visibili:  «Oggi alcune forme di leucemia acuta guariscono in circa l’80 per cento dei pazienti; il linfoma di Hodgkin in circa il 90; la forma più frequente di linfoma aggressivo, il linfoma diffuso a grandi cellule B, in oltre la metà dei casi – dice Giovanni Pizzolo, direttore dell’Unità di Ematologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Integrata di Verona -.

E poi i nuovi trattamenti per il mieloma hanno raddoppiato la durata della risposta alle cure con una sempre migliore qualità di vita; i malati di leucemia mieloide cronica, che avevano una sopravvivenza media di circa cinque anni, con l’unica eccezione dei pochi casi che potevano essere guariti con il trapianto di midollo osseo, convivono oggi senza problemi con la loro malattia, con la prospettiva di invecchiare come tutti».

E con le nuove sperimentazioni si mira ad ampliare la gamma di pazienti possono trarre vantaggi dalle terapie più innovative, includendo sempre più frequentemente anche i pazienti anziani fino a pochi anni fa «discriminati» dalla ricerca.

 

PAZIENTI OVER 65 SEMPRE MENO ESCLUSI

«Oggi accade ciò che 20 anni fa era impensabile – conclude Pane -. Sono stati presentati qui a New Orleans studi sui trapianti effettuati in persone di 70 anni o più, che così possono avere maggiori probabilità di guarigione o di allungare notevolmente la sopravvivenza.

Questo grazie al fatto che oggi si possono accettare donatori compatibili a metà (i figli) mentre prima servivano esclusivamente i fratelli che spesso però, vista l’età, erano già deceduti oppure non in buone condizioni di salute.

Inoltre con nuovi farmaci  o nuovi mix meno tossici ed ugualmente efficaci riusciamo a includere nei trattamenti migliori questi malati che spesso, a fronte dei loro anni, già soffrono in maniera più o meno grave di altre patologie concomitanti, come disturbi di cuore, renali, respiratori».

Un esempio su tutti è quello del nuovo anticorpo monoclonale (GA101 o obinutuzumab) che, in combinazione con un vecchio chemioterapico (clorambucile), ha dimostrato di ottenere risultati decisivi, migliori rispetto alla cura standard, con una tossicità sopportabile proprio sui pazienti più «deboli» (over 65 e con altri problemi di salute) con una delle forme più comuni di tumore del sangue, la leucemia linfatica cronica.

Vera Martinella
Vera Martinella

Laureata in Storia, dopo un master in comunicazione, inizia a lavorare come giornalista, online ancor prima che su carta. Dal 2003 cura Sportello Cancro, sezione dedicata all'oncologia sul sito del Corriere della Sera, nata quello stesso anno in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi.


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