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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 28-10-2019

Ilva: tumore del polmone, rischi ancora elevati al quartiere Tamburi



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La produzione dell'ex Ilva di Taranto è ai minimi storici. Ma per i cittadini del rione Tamburi il rischio di morire per un tumore del polmone è ancora troppo alto

Ilva: tumore del polmone, rischi ancora elevati al quartiere Tamburi

O la produzione o la salute degli abitanti del quartiere Tamburi. Una scelta potrebbe escludere l'altra, anche oggi che dai cancelli dell'ex Ilva di Taranto (ora di proprietà Arcelor Mittal) escono tutt'al più 5 milioni di tonnellate di acciaio. Un quantitativo dimezzato rispetto a quello immesso sul mercato fino a un decennio addietro. Ma che, considerando le emissioni di polveri sottili (PM 2,5) registrate nel 2015, rappresenta «un rischio inaccettabile per chi risiede al quartiere Tamburi», più esposto all'eventualità di morire a causa di un tumore del polmone rispetto agli altri concittadini. Sono chiare le conclusioni della valutazione integrata di impatto ambiente e salute (Viias), pubblicata sulla rivista Epidemiologia&Prevenzione dai ricercatori dell’Arpa Puglia ed Emilia Romagna, dell’Aress Puglia, delle Asl di Taranto e Brindisi e del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio. Le conclusioni confermano quanto complessa sia la convivenza tra la fabbrica e il capoluogo ionico, al culmine di una storia iniziata 60 anni fa. 


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MORTALITA' LEGATA ALLA PRODUZIONE

Dopo aver dimostrato l’associazione tra le emissioni e gli effetti sanitari e il nesso che lega il calo della produzione a quello delle emissioni, il lavoro documenta per la prima volta gli impatti sulla salute in relazione ai diversi scenari produttivi. I ricercatori hanno fotografato la situazione relativa al 2015, per confrontarla con quella relativa al 2010 e al 2012. Le due annate prese come riferimento non sono casuali. La prima fa riferimento al periodo di massima produttività dell'ex Ilva. Il 2012 è stato invece l'anno del rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia), che ha fissato a 8 milioni il tetto di massimo di produzione. Un limite al di sotto del quale la fabbrica si è poi assestata, complici anche le vicende giudiziarie che l'hanno imbrigliata e la crisi dell'acciaio registrata in tutta Europa. Usando i dati riguardanti le emissioni di polveri sottili, modellando la probabile dispersione e potendo contare sui tassi di mortalità della popolazione, i ricercatori hanno dimostrato che lo scenario nel complesso è progressivamente migliorato. Ma non per tutti. Nel quartiere Tamburi, infatti, anche una produzione annua ridotta a 4.7 milioni di tonnellate rappresenta un'insidia per la salute. Il dato della produzione è identico a quello che sarà registrato nel 2019, ma con una differenza: l'assenza di interventi ambientali (ora in corso). 


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RISCHIO INACCETTABILE AL QUARTIERE TAMBURI

Ciò equivale a dire che, alle condizioni attuali, la produzione di acciaio in riva allo Ionio - l'acciaieria di Taranto è la più grande a ciclo integrale d'Europa, dà lavoro a ottomila dipendenti (escluso l'indotto) e rappresenta l'1.3 per cento del Pil italiano - rappresenta «un rischio cancerogeno inaccettabile per la cittadinanza». Di fronte a un simile scenario, secondo gli esperti, «servono interventi di protezione della salute che vadano oltre quelli previsti dal piano ambientale». Diversamente, i residenti del quartiere Tamburi continueranno a convivere con questa spada di Damocle sul capo. Pur considerando che entro la prossima estate dovrebbero essere complete le coperture dei parchi minerali e fossili, principali fonti di polveri sottili nell'aria di Taranto, diventa infatti difficile immaginare come il rischio possa calare considerando le soglie di 6 (attuale) e 8 milioni di tonnellate di acciaio (a cui Arcelor Mittal punta ad arrivare dopo il 2023). Per chiarire questi dubbi, a ogni modo, nei prossimi mesi le autorità regionali renderanno nota la valutazione del danno sanitario relativamente ai due scenari: derivanti dalle soglie produttive citate. Sarà questo il punto di partenza della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (Aia), richiesta dal ministro dell'Ambiente Sergio Costa. Il documento rappresenta l'autorizzazione di cui necessitano alcune aziende per salvaguardare la propria produzione, con l'obbiettivo però di prevenire (o quanto meno ridurre) l'inquinamento.


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LO SCENARIO DI TARANTO

Appare incontrovertibile, anche alla luce della pubblicazione di un'altra ricerca sulle colonne della rivista Environmental International, che la mortalità nel quartiere Tamburi sale e scende di pari passo con i livelli di produzione dell'acciaieria. Un dato che conferma la complessità dello scenario sanitario del capoluogo ionico, dove da anni si osservano tassi più alti rispetto alla media di incidenza (nuove diagnosi) e mortalità per malattie oncologiche associate all'esposizione industriale: come il tumore del polmone e il mesotelioma pleurico. Nell’intera provincia, tra il 2006 e il 2012, si sono registrati poco più di tremila casi di cancro all'anno. Oltre a quelli citati, a Taranto da tempo si osserva un maggior numero di diagnosi di tumori che riguardano il polmone, la pleura, la vescica, il fegato, il pancreas, il rene e il sangue. Superiore alla media è anche il tasso di leucemie infantili. Diversi studi hanno evidenziato inoltre una maggiore incidenza di malattie respiratorie e cardiovascolari, soprattutto nella popolazione infantile. 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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