I risultati dello studio Sentieri evidenziano che, nelle aree più inquinate, si registra un eccesso di mortalità, di diagnosi di tumore e di malformazioni congenite
Quasi dodicimila morti, più tra le donne (6.725) che tra gli uomini (5.267), in sette anni. Questo, dal 2006 al 2013, è stato l’impatto che l’inquinamento ha avuto nei 45 siti di interesse nazionale (Sin) sparsi in tutta Italia. Un dato che, pur con le dovute cautele, documenta le ricadute crescenti che le alterazioni dei suoli e delle acque stanno avendo sulla salute di chi abita in queste aree. E non è tutto. Lo studio Sentieri non considera infatti l’impatto dell’inquinamento atmosferico, ragion per cui «l’entità della contaminazione è in realtà maggiore di quanto stimato», si legge nella prefazione della quinta edizione del rapporto. Le conseguenze dell’inquinamento nel nostro Paese sono dunque sicuramente superiori - nella portata, oltre che nella diffusione - a quanto descritto da questo lavoro.
Tumori e ictus tra gli effetti dell'inquinamento atmosferico
STUDIO SENTIERI: DI COSA SI TRATTA?
Lo studio Sentieri fotografa lo scenario nelle aree a maggior rischio per la presenza (passata o attiva) di industrie che, nella loro normale attività e nello smaltimento dei rifiuti, hanno contaminato il suolo e le acque. L’indagine epidemiologica, partita nel 2007, permette di valutare l'impatto che l'inquinamento ha sulla salute della popolazione. Per poi, se necessario, mettere a punto gli interventi di risanamento necessari. L’attuale aggiornamento ha riguardato 45 siti all’interno dei quali rientrano 319 Comuni: nei quali vive un decimo della popolazione italiana (5.9 milioni di persone). Quattro i parametri valutati: la mortalità generale, i tassi di l’ospedalizzazione, l’incidenza oncologica (con il limite di soli 22 siti coperti da un registro dei tumori) e la frequenza di malformazioni congenite (soltanto 15 siti coperti da un registro ad hoc). I dati sono stati poi comparati alla prevalenza media sia dei tumori sia delle malformazioni su base regionale.
IL FUMO FA PIU' DANNI
DELL'INQUINAMENTO ATMOSFERICO?
FOCUS SUI TUMORI
Tra le evidenze più significative, ci sono quelle riguardanti i tumori. L'eccesso di malattie oncologiche «pesa» maggiormente sugli uomini. Nel loro caso, nel periodo preso in esame, l'eccesso diagnostico ha portato a 3.375 nuovi casi di malattia. Minore invece l'impatto misurato nelle donne: con 1.910 nuove diagnosi. Il rapporto non spiega questo dato, ma considerando che «gli eccessi tumorali si osservano prevalentemente nei siti con presenza di impianti chimici, petrolchimici e raffinerie, oltre che nelle aree nelle quali vengono abbandonati rifiuti pericolosi», pur rimarcando l'impatto che potrebbero aver avuto gli stili di vita, non è da escludere l'origine professionale di queste malattie. Anche le neoplasie riscontrate con maggiore frequenza - tutte più frequenti tra gli uomini - danno sostanza a questa ipotesi: mesotelioma pleurico, tumori del polmone, del colon-retto e dello stomaco. Quanto ai tumori pediatrici, l'eccesso rilevato nelle aree a rischio è risultato pari al 9 per cento. Il totale di casi diagnosticati ammonta a 666: prevalentemente sarcomi dei tessuti molli e leucemie mieloidi acute nei bambini, linfomi non Hodgkin, leucemie mieloidi acute e tumori del testicolo negli adolescenti.
L'inquinamento (nel mondo) provoca quasi nove milioni di decessi
ECCESSI DI MALFORMAZIONI CONGENITE
Una delle novità della quinta edizione del rapporto è data dal conteggio delle malformazioni registrate nelle aree esaminate. In sette dei 15 siti coperti dai Registri delle anomalie congenite, «sono stati rilevati eccessi nella prevalenza alla nascita per tutte le anomalie». Potrebbe non essere un caso, però, che questi «siano caratterizzati dalla presenza di attività industriali complesse»: Gela, Mantova, Livorno, Manfredonia, Milazzo, Piombino e Taranto. Nello specifico, gli eccessi hanno riguardato malformazioni a carico degli organi genitali, del cuore, degli arti, del sistema nervoso, dell'apparato digerente e dell'apparato urinario. Tutta colpa dell'inquinamento? Non ci sono gli elementi per mettere questa affermazione nero su bianco. Secondo gli estensori del rapporto, sebbene le conoscenze disponibili sul profilo tossicologico degli agenti chimici presenti supportano l’ipotesi che la documentata contaminazione dell’ambiente abbia giocato un ruolo causale nel determinare alcuni di questi eccessi, «si tratta di malattie molto rare che possono derivare da più cause».
LE REAZIONI
I risultati dello studio saranno presentati - e commentati - il 4 luglio all'Istituto Superiore di Sanità. Alla pubblicazione dei dati è però seguita la reazione della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo). «Il diritto fondamentale alla salute non può essere compresso da nessuna istanza sociale né dal diritto al lavoro», è il pensiero del presidente, Filippo Anelli. Secondo Emanuele Vinci, coordinatore della commissione professione, salute, ambiente e sviluppo economico della Fnomceo, «tutti questi dati portano a riconoscere la malattia quando è già avanzata, mentre per una prevenzione più efficace occorrerebbe spostare la sorveglianza sanitaria alle prime fasi della malattia». A ciò occorre aggiungere che «i dati sul monitoraggio degli inquinanti ambientali e alimentari sono rapportati ai valori soglia delle singole sostanze». Motivo per cui «è intuibile che la sommatoria di tutti questi possa provocare danni in grado di spiegare dati epidemiologici così allarmanti».
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).