Dopo la diagnosi e il trattamento di un tumore al seno, le donne affrontano molteplici problematiche. Scopriamo quali sono e come gestirle al meglio per aumentare la qualità di vita delle pazienti
Grazie a terapie sempre più efficaci e diagnosi precoci, in Italia oggi sono 834.200 le donne viventi dopo una diagnosi di tumore della mammella. Per identificare tutte le persone che a distanza di anni sono vive dopo una diagnosi oncologica si utilizza il termine “lungoviventi”, coniato dalla comunità medica e scientifica. Si parla di persone operate, trattate e guarite, ma anche di coloro che convivono con un tumore metastatico e che si ritrovano ad affrontare gli effetti collaterali dei trattamenti e del tumore stesso.
Grazie alla dottoressa Marta Bonotto, medico oncologo presso l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale al Santa Maria della Misericordia di Udine, scopriamo quali sono queste problematiche e come gestirle al meglio per aumentare la qualità della vita delle donne lungoviventi dopo una diagnosi di tumore al seno.
I SINTOMI ENDOCRINI
In linea con l’alta prevalenza delle diagnosi di carcinoma mammario potenzialmente ormonoresponivo, che esprime i recettori degli estrogeni/progesterone, sono molte le donne in trattamento con terapia antiormonale, chiamata anche ormonoterapia o terapia endocrina, per una lunga finestra di tempo che dura dai cinque ai dieci anni. Gli effetti endocrini della terapia antiormonale, unitamente a quelli dell’eventuale chemioterapia, possono indurre l’amenorrea iatrogena, ovvero la cessazione delle mestruazioni, portando le donne a confrontarsi con i sintomi di una menopausa più o meno precoce. Farmaci antiormonali come tamoxifene, inibitori delle aromatasi o soppressori ovarici, unitamente alla deprivazione estrogenica, possono causare numerosi sintomi tra cui: guadagno di peso, vampate di calore, stanchezza, disfunzioni della sfera sessuale e sintomi muscolo scheletrici.
COME GESTIRLI?
Per meglio convivere con questi sintomi, che sono perlopiù reversibili, l'approccio farmacologico non è la prima scelta. Queste donne, infatti, che si stanno già sottoponendo a una terapia ormonale, sono molto più propense a seguire consigli sullo stile di vita. Suggeriamo attività fisica olistica che vada a lavorare su tutti i distretti corporei per risolvere problemi di rigidità multi distrettuale. Attività consigliate sono la piscina, lo yoga e corsi comunitari. Ginnastica, danza e ballo, che aiutano anche lo spirito, sono l’ideale. Dati positivi sul miglioramento dei sintomi sono presenti in relazione all’attività aerobica in generale, che le linee guida consigliano di svolgere per 150 minuti a settimana. Da non sottovalutare anche l’aspetto della mindfullness per sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e dell'ambiente circostante, nonché una maggiore capacità di gestire lo stress, l'ansia e altre difficoltà emotive. Questi sono solo esempi delle possibili strategie di miglioramento della convivenza con i trattamenti.
LE PATOLOGIE CARDIACHE
I vari trattamenti oncologici possono avere delle tossicità cardiologiche anche a distanza di molto tempo. È importante incoraggiare le pazienti lungoviventi a prevenire la patologia cardiaca e, in generale, a prendersi cura del benessere del cuore ad esempio evitando il fumo, misurando la pressione arteriosa quotidianamente, controllando il colesterolo e il peso corporeo.
IL LINFEDEMA
I trattamenti loco regionali sull’ascella, come ad esempio radioterapia ascellare o asportazione dei linfonodi ascellari, può determinare linfedema, ovvero un rallentamento o un blocco della circolazione linfatica a carico dell’arto superiore. Fondamentale è effettuare diagnosi precoce per riuscire ad avere una completa risoluzione della problematica; se invece il linfedema viene riconosciuto quando il gonfiore è ormai visibile, potrebbe essere difficile ritornare alla situazione di normalità iniziale.
DISTURBI COGNITIVI E SALUTE MENTALE
Dopo le cure, o in generale dopo la diagnosi di tumore, quasi la metà delle pazienti descrive un declino della funzione cognitiva a causa di fattori organici e non. L’intersecarsi di differenti sintomi provoca una reazione a catena: le vampate di calore, ad esempio, causate dal trattamento ormonale, possono causare insonnia con conseguente riduzione della concentrazione e dell'apprendimento, che rendono plausibile l’instaurarsi di una deflessione dell’umore, con ripercussioni sulla salute mentale. Non dimentichiamo che la diagnosi rappresenta una tempesta emotiva da cui non è facile riprendersi anche a distanza di anni. Banalmente, è importante prevenire i problemi cognitivi con un esercizio costante della mente oppure aiutandosi con approcci organizzativi come ad esempio prendere appunti tramite dei post-it.
FERTILITÀ E DISFUNZIONE SESSUALE
I trattamenti chemioterapici possono andare a compromettere la funzione riproduttiva. È importante che tutte le Breast Unit tengano in considerazione il bisogno e il desiderio genitoriale che può essere soddisfatto anche a seguito di un tumore. Fondamentale è informare le donne sulla possibilità di crioconservare gli ovociti prima di sottoporsi al trattamento chemioterapico per poi procedere in un secondo momento, se lo si desidera, alla Procreazione Medicalmente Assistita.
Le disfunzioni sessuali, invece, possono derivare dall’effetto endocrino dei trattamenti, da stati depressivi e difficoltà di accettazione della malattia e delle sue conseguenze, anche sul cambiamento del proprio corpo. Fondamentale, dunque, non è solo il supporto ginecologico, ma anche psicologico.
DOLORE, SONNO E FATIGUE
Come esito del trattamento farmacologico, chemioterapico o antiormonale, il sintomo più temuto è il dolore, per cui esistono approcci farmacologici e non, anche se tra i disturbi più riscontrati e riportati dalle donne, interessate per il 70%, ci sono i problemi del sonno. Possono essere trattati in primis con norme igienico comportamentali e con terapia cognitivo comportamentale, anche se in Italia non è una realtà molto sviluppata. Esistono anche dei trattamenti farmacologici seppur con evidenze minori.
La fatigue, quella stanchezza che toglie alle pazienti l’energia necessaria a compiere anche semplici attività quotidiane, spesso non migliora con il sonno. Può essere gestita intervenendo su eventuali fattori organici come l’anemia, e anche aiutando la paziente ad accettare la convivenza con la fatigue ricorrendo alla terapia occupazionale, tenendosi cioè impegnata.
La sfida lavorativa è un’altra importante problematica delle lungoviventi, che potrebbero non sentirsi più le stesse di un tempo, faticando a reinserirsi nell’ambiente di lavoro. Questo può essere causa di burnout, sindrome legata allo stress lavoro-correlato, problemi familiari, finanziari e può incidere naturalmente sulla salute mentale.
COSA POSSIAMO MIGLIORARE?
L’attenzione nei confronti della qualità di vita delle lungoviventi è crescente, ma ancora scarsa. Spesso la gestione dei sintomi psico-fisici è lasciata alle associazioni di volontariato e ai gruppi di supporto. Queste organizzazioni, pur essendo di importanza fondamentale, dispongono di risorse limitate e la loro azione, sebbene preziosa, non può sostituire un sistema di supporto strutturato e sostenuto a livello istituzionale, che coinvolga maggiormente le realtà territoriali. Parallelamente, è cruciale aumentare la consapevolezza pubblica riguardo al tema della qualità di vita delle lungoviventi attraverso una sempre crescente attenzione dal punto di vista divulgativo e campagne di sensibilizzazione e informazione.
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Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile