La terapia cognitiva basata sulla mindfulness aiuta a spostare l'attenzione dei pazienti oncologici dalla malattia al rapporto che si ha con essa
Molto spesso i pazienti con cancro si concentrano su situazione difficili che non possono essere controllate o modificate, come l’attesa dei risultati degli esami e degli esiti del trattamento, le probabilità di sopravvivenza, la ripresa della progressione della malattia dopo una fase di remissione, la capacità di ritornare alle proprie attività dopo la malattia. Tutte queste condizioni hanno il potenziale di aumentare l’ansia e lo stress psicologico.
Inoltre, molti pazienti, come forma di difesa estrema dall’impatto della malattia, si negano ogni possibilità di essere sereni e positivi: hanno paura di essere colti impreparati da eventuali cattive notizie che potrebbero arrivare. In tutti questi casi può essere utile la mindfulness, una pratica che ha l’obiettivo di sviluppare la capacità di vivere nel presente, quindi liberi da pensieri negativi e ansie per il futuro. La mindfulness (il cui significato è «consapevolezza») si coltiva attraverso esercizi che, dapprima sono guidati da un insegnante (in genere uno psicologo o un counsellor specializzato), e in seguito possono essere eseguiti in autonomia.
Nel corso degli esercizi si impara a focalizzare l’attenzione sulle sensazioni fisiche, sul proprio respiro e sul silenzio, senza un obbiettivo particolare se non quello di imparare a controllare la propria attenzione. Nel tempo, la mindfulness è stata integrata con altri approcci psicoterapeutici dando vita a percorsi ibridi che possono rispondere di volta in volta a specifichi bisogni del paziente. Per esempio, il protocollo Mindfulness Based Stress Reduction mira alla riduzione dello stress, insegnando a riconoscerne la fonte e a rispondere agli stimoli anziché evitarli o reagire impulsivamente e automaticamente.
La terapia cognitiva basata sulla mindfulness (Mindfulness Based Cognitive Therapy), uno degli approcci più diffusi in questo ambito, si fonda sull’idea che più che dalla negatività dell’esperienza (per esempio della malattia), la nostra sofferenza è influenzata da come ci relazioniamo a essa. Se è cosi, allora, è possibile ridurre l’angoscia apprendendo un nuovo modo di rapportarsi con le esperienze spiacevoli e indesiderate, anche se si può fare poco per cambiare l’esperienza stessa.