L'utilizzo di tecniche di riproduzione assistita nelle giovani donne con pregresso tumore al seno BRCA mutato non aumenta il rischio di recidiva. I risultati presentati ad ESMO Breast
Nelle giovani donne con pregresso tumore al seno BRCA mutato, le tecniche di riproduzione assistita non rappresentano un fattore di rischio per un'eventuale recidiva di malattia e dunque possono essere considerate sicure. Ad affermarlo è uno studio -il primo al mondo per donne coinvolte e durata dell'osservazione- presentato in questi giorni a Berlino al congresso ESMO Breast.
I TUMORI AL SENO BRCA MUTATI
Nel 2023 in Italia, secondo i dati dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica, sono stati diagnostica 55.900 nuovi casi di tumore al seno. Di questi, una quota pari al 5-10% è caratterizzata dalla presenza di mutazioni nei geni BRCA. La presenza di queste alterazioni infatti -il più famosa è il caso dell'attrice statunitense Angelina Jolie- è in grado di aumentare le probabilità di insorgenza della malattia. Tra le giovani donne, ovvero nei casi di tumore al seno sotto i 40 anni, questa quota raggiunge il 15-20%.
IL TIMORE DI RECIDIVA
In passato in questa fetta di popolazione, una volta superato il tumore, spesso veniva sconsigliato l'utilizzo delle tecniche di riproduzione assistita per la ricerca di una gravidanza. Il motivo è presto detto: tali tecniche prevedono l'utilizzo di farmaci che stimolano la produzione ormonale. Il timore dunque era quello di aumentare il rischio di recidiva poiché la malattia spesso progredisce proprio sotto la spinta degli ormoni.
LO STUDIO
Ed è partendo da questo dato che negli anni è stato "disegnato" uno studio per comprendere se effettivamente il timore era fondato o meno. Per farlo il coordinatore della ricerca -l'italiano Matteo Lambertini, professore associato e consulente in oncologia medica presso l'Università di Genova e l'IRCCS Policlinico San Martino- ha raccolto dal 2000 al 2020 i dati di quasi 5000 donne con pregresso tumore al seno BRCA mutato provenienti da 78 centri ospedalieri sparsi per il mondo. Tra queste la ricerca ha messo a confronto 107 donne che hanno avuto una gravidanza tramite tecniche di riproduzione assistita e 436 che hanno concepito un figlio per via naturale. Dalle analisi non sono emerse differenze nel rischio di recidiva dei due gruppi. Il rischio di un nuovo tumore è risultato identico, segno che le tecniche di riproduzione assistita non aumentano le probabilità di malattia.
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Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.