Un argomento ancora oggi difficile da trattare per personale sanitario e pazienti. Per le minoranze di genere le difficoltà sono ancora maggiori
La sessualità rappresenta un aspetto estremamente importante, ma spesso trascurato, nella cura dei pazienti oncologici. Diversi studi stimano che dal 40% al 100% dei pazienti oncologici vadano incontro a problemi sessuali durante il loro percorso di diagnosi e cura. Inoltre secondo gli studi l'87% dei pazienti riferisce che la radioterapia ha un impatto sulla funzione sessuale o sul desiderio, ma solo il 27,9% dichiara di aver ricevuto domande dirette sulla salute sessuale da parte del personale sanitario. Emerge anche che, rispetto agli uomini, le donne affette da tumore abbiano una probabilità significativamente inferiore che le équipe mediche si occupino della salute sessuale (53% contro il 22%). Coerentemente con questo dato le analisi hanno stimato che l'80% dei pazienti con cancro della prostata ricevono informazioni sulla disfunzione sessuale dopo il trattamento del cancro, rispetto al 33% delle pazienti con tumore al seno, rivelando anche delle evidenti disparità di genere. Abbiamo approfondito l’argomento con l’aiuto della dottoressa Florence Didier, psicoterapeuta consulente in sessuologia presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.
TUMORI E SESSUALITÀ: UN PROBLEMA ANCORA POCO AFFRONTATO
Quando viene diagnosticato un tumore si va incontro a profondi cambiamenti che possono avere un impatto negativo sul desiderio e la salute sessuale. In particolare la malattia può distorcere l’immagine di sé, innescando sentimenti di angoscia, stress e insoddisfazione, sia come conseguenza della diagnosi che delle terapie (ad esempio, nel caso di interventi chirurgici radicali, che cambiano in modo significativo il corpo o di terapie particolarmente invasive). Queste esperienze emotive hanno un impatto diretto sul desiderio sessuale, sulla frequenza dei rapporti sessuali e sulla capacità di raggiungere l’orgasmo, generando bassa autostima e diminuzione della soddisfazione sessuale. Tuttavia si parla ancora troppo poco di sessualità con i pazienti oncologici: «La sessualità in queste persone è ancora un tabù nelle visite mediche e nel rapporto col personale sanitario e il piacere delle donne sembra esserlo ancora di più» commenta Florence Didier. «Durante i trattamenti si è più concentrati sulla sopravvivenza e sul superare la stanchezza e le difficoltà dovute alle terapie, per cui la sessualità viene messa da parte. È bene essere consapevoli che si tratta di un processo fisiologico e naturale ma, allo stesso tempo, gli oncologi non sempre preparano i pazienti all’impatto delle terapie sulla sfera sessuale. Questo è un po’ diverso per gli uomini cui, ad esempio nel tumore della prostata, vengono subito proposti dei farmaci per risolvere i problemi di disfunzione erettile. Al contrario, nelle donne la gestione è molto più complessa, per cui la loro sessualità viene spesso maggiormente trascurata e non vengono informate correttamente. È altrettanto importante non dare per scontato che anche i pazienti di una certa età non cerchino una propria salute sessuale, in quanto ormai la popolazione invecchia molto più tardi. In un modello di comunicazione ideale è fondamentale fornire al paziente oncologico la possibilità di parlare precocemente anche della sfera sessuale nel suo percorso di cura. Per questo, è importante per gli oncologi avere anche una formazione per gestire la domanda sessuologica, per poter aiutare il paziente a fare il primo passo e far capire che se ne può e se ne deve parlare».
L'IMPATTO DELLA MALATTIA SULLA SESSUALITÀ
Il cancro e le terapie hanno effetti sulla sessualità sia maschile che femminile. Ad esempio, nelle donne con tumore al seno, la chemioterapia e la terapia endocrina possono avere un impatto sulla salute sessuale, attraverso la cessazione temporanea della funzione ovarica e la menopausa precoce, che causano sintomi sistemici come vampate di calore, cambiamenti di umore, insonnia e stanchezza, secchezza vaginale, diminuzione della lubrificazione e della libido. Inoltre, il trattamento chirurgico, quando prevede la mastectomia totale, può avere un forte impatto su come le donne percepiscono il proprio corpo e sulla loro autostima. Oltre ai tumori che colpiscono gli organi direttamente correlati con la sessualità, come le mammelle e gli organi riproduttivi, sono stati segnalati danni alla funzione sessuale anche in pazienti con diagnosi di altri tipi di cancro, compreso il cancro della testa e del collo, il cancro del colon-retto e le neoplasie ematologiche. «Nelle donne, gli interventi demolitivi possono portare a chiedersi se si può ancora essere considerate donne, se si potrò ancora piacere a un uomo o al proprio compagno. Spesso, si sentono in colpa nei confronti del partner e un aspetto da non sottovalutare è anche quello della procreazione, strettamente legato a quello della sessualità. Così come gli uomini si chiedono se potranno ritrovare la loro virilità», racconta la Didier. L’immagine corporea, infatti, è importante anche per la salute sessuale degli uomini. Problemi come cambiamenti di peso, presenza di cicatrici e caduta dei capelli in seguito alle terapie dovrebbero essere discussi e normalizzati anche tra i pazienti di sesso maschile. Inoltre, tumori specifici, come quello della prostata, e le loro terapie possono essere associati a disfunzione erettile, con un impatto diretto sulla sfera sessuale.
SESSUALITÀ E TUMORI NELLA COMUNITÀ LGBTQIAP+
Gli individui che appartengono alle minoranze di genere necessitano di una cura per la loro salute sessuale che comprenda interventi specializzati che, tuttavia, sono ancora carenti. In questi pazienti, il trattamento oncologico può minare in modo ancor più importante la salute psicosociale ed emotiva. Infatti, la mancanza di conoscenza e il pregiudizio, anche in ambito sanitario, possono avere un impatto negativo sull'assistenza sanitaria fornita ai pazienti della comunità LGBTQIAP+, con conseguenti difficoltà nell’accesso alla diagnosi precoce, che può causare un ritardo nel trattamento. Ciò che ostacola prevalentemente il corretto follow-up delle persone LGBTQIAP+, che racchiudono tante identità diverse, è l'omissione di domande sulla loro identità di genere e sull’orientamento sessuale. Per affrontare questi ostacoli, è essenziale che gli operatori sanitari forniscano cure specializzate, che soddisfino i bisogni specifici della comunità LGBTQIAP+. La formazione degli operatori sanitari, infatti, ancora oggi si concentra principalmente su popolazioni eteronormative. Di conseguenza, manca la consapevolezza di esigenze di assistenza individualizzate, che tengano conto della diversità sessuale. È, quindi, necessaria un ricerca più specifica sul cancro e sulle sfide peculiari che la comunità LGBTQIAP+ affronta per l’accesso a cure oncologiche di qualità. Anche la discriminazione e lo stigma possono avere un impatto negativo sugli esiti sanitari e terapeutici.
LE BARRIERE DAL PUNTO DI VISTA DEL MEDICO
Come accennato, molti studi hanno evidenziato che il personale sanitario non sempre pone domande sulla sessualità durante le visite cliniche e i controlli dei pazienti oncologici. Per questo motivo, i pazienti potrebbero non ricevere informazioni, supporto o risorse sufficienti per aiutarli ad affrontare i propri sentimenti e problemi sessuali. Le barriere, dal punto di vista di medici e infermieri, possono includere il sentirsi non adeguatamente formati o non sufficientemente qualificati, la mancanza di tempo, preoccupazioni sulla privacy e il non voler mettere a disagio i pazienti o se stessi. Gli studi dimostrano anche che molti medici e infermieri non conoscono le domande giuste da porre sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. «È compito, in prima battuta, del medico e di tutto il personale sanitario quello di parlare e ascoltare se il paziente abbia voglia di confrontarsi sulla sua vita sessuale, in quel momento o in futuro, per dare la possibilità di informarsi. È importante fornire ai pazienti gli strumenti, tramite la consulenza psico-sessuologica, per riprendere in mano la loro salute in toto, che comprenda anche la loro sessualità, un tema che spesso viene dimenticato. C’è ancora tanto da fare anche nella formazione dei medici e del personale sanitario. Per superare i tabù è fondamentale formarsi, creare un clima comunicativo, superare vergogna e colpa. Se il paziente non ne parla, è importante dargli la possibilità di farlo e poi orientarlo verso i percorsi corretti», afferma l'esperta.
I SERVIZI A DISPOSIZIONE DEI PAZIENTI
«Gli psiconcologi si sono preoccupati di inserire la sessualità nella valutazione dei bisogni psicosociali dei pazienti» afferma la Didier. «Secondo le linee guida nazionali, inoltre, ogni reparto oncologico dovrebbe avere a disposizione uno psiconcologo, meglio ancora se formato in sessuologia, per affrontare i problemi specifici e le disfunzioni sessuali, e stiamo lavorando molto per far conoscere sempre di più questa figura. Negli ospedali esistono servizi dedicati ai pazienti in cui psicologi e sessuologi lavorano in sinergia con i ginecologi, ad esempio, poiché è fondamentale una valutazione multidisciplinare, che tenga conto sia dell’impatto delle cure sulla sessualità, che dell’impatto psicologico. Un approccio integrato è, quindi, fondamentale».
UN PERCORSO DI COPPIA
Infine, un aspetto che è necessario non trascurare è quello del ruolo dei caregiver e di come la malattia cambi anche la loro sessualità e il rapporto con il partner. Gli studi hanno dimostrato che i pazienti riferiscono una migliore qualità della vita e si sentono più attraenti quando hanno un partner di supporto o un caregiver di cui possono fidarsi per parlare della propria intimità. Anche poter parlare dei propri problemi emotivi e sessuali con il partner può aiutare a rassicurare il paziente. Ad esempio, i caregiver e i partner potrebbero essere in grado di aiutare il paziente a riconoscere i problemi di autostima, desiderio sessuale e funzione sessuale in modo che se ne possa parlare apertamente e gestirli in modo efficace. Possono anche aiutare a tenere traccia degli effetti collaterali delle terapie che influenzano la sessualità. Una comunicazione aperta col partner può aiutare il paziente ad affrontare la situazione e a sentirsi più a suo agio nel chiedere aiuto. A seconda del tipo di problema, può essere una buona idea accompagnare il paziente anche al trattamento e alle visite di controllo. «Nella consulenza dello psiconcologo si può creare un percorso per la coppia. Le consulenze di coppia sono fondamentali in quanto i partner sono spesso disorientati e, se poco si parla di sessualità nei pazienti oncologici, ancor meno si parla dei caregiver. Il partner non deve essere per forza presente durante le consulenze psico-sessuologiche, anche se sarebbe meglio, ma deve essere correttamente informato per capire il tipo di percorso che sta affrontando la persona amata. Questo è ancora più importante nel caso di storie d’amore appena nate, in cui il caregiver viene subito investito del ruolo di cura, ma si perde completamente di vista l’aspetto erotico. Alcuni uomini, in particolare, possono far fatica a riprendere la dimensione erotica quando si sono presi a lungo cura della propria compagna come caregiver, un ruolo che non include la sessualità. Tenere insieme tutte queste sfaccettature è difficile e può creare crisi nelle coppie. Per questo, è necessario supportare i caregiver in tutti questi ruoli per aiutarli a orientarsi, non devono essere trascurati» conclude l'esperta.