Affrontare i disturbi del sonno per i pazienti oncologici diventa cruciale per migliorare non solo la qualità di vita del paziente, ma anche l'efficacia dei trattamenti
Chi soffre di cancro spesso dorme male, non foss’altro che per la preoccupazione a causa della malattia. Ma il legame tra cancro e sonno è molto più profondo, e affonda le basi nella biologia. Più precisamente si tratta di un’associazione bidirezionale: l’uno può influenzare l’altro e viceversa, in un legame ancora in gran parte da chiarire. Ciò che sappiamo è che i differenti disturbi del sonno sono diversi e importanti da trattare nel paziente oncologico, se si pensa che alcuni possono essere fattori di rischio e ridurre l’efficacia terapeutica.
SONNO E SALUTE
Compiamo il viaggio nei legami esistenti tra tumori e sonno con la neurologa Maria Paola Mogavero, ricercatrice presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, Centro di Medicina del sonno dell’Ospedale San Raffaele di Milano. La dottoressa sta scrivendo un volume su cancro e sonno assieme al professor Raffaele Ferri, Direttore scientifico dell’Irccs Oasi di Troina e dall’anno scorso presidente della World Sleep Society (l’Associazione Mondiale di Medicina del Sonno) ed il professor Luigi Ferini Strambi, professore ordinario di Neurologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e primario del Centro di Medicina del Sonno dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano.
IL SONNO PER I MALATI DI TUMORE
Quali sono i disturbi del sonno più comuni fra le persone con un tumore? «Al primo posto tra i problemi del dormire nei malati oncologici troviamo l’insonnia – esordisce Mogavero – , comprensibile per la tensione ansioso-depressiva che vivono per la malattia. Qui lavora la psicologia più la chimica e sul tema sono uscite da poco le linee-guida Esmo (la società europea di oncologia) su come trattare l’insonnia nel paziente oncologico. In particolare, prima interveniamo con la psicoterapia Cognitivo-comportamentale (Cbt), che può essere molto efficace; se non basta, aggiungiamo i farmaci, ma mantenendo la Cbt perché aumenta la forza del trattamento farmacologico». Quanto all’insonnia, non conta soltanto la durata del sonno, ma pure la sua qualità: non dev’essere frammentato, per esempio. Al secondo posto tra i disturbi di sonno cui vanno soggetti i malati di cancro la dottoressa Mogavero elenca i disturbi del ciclo sonno/veglia e, come terzo, la sindrome delle apnee ostruttive del sonno (Osas), molto frequente nei tumori del polmone e del melanoma della pelle.
Proprio le sopraccitate linee guida Esmo raccomandano che la qualità del sonno sia valutata regolarmente in tutti i pazienti con un tumore e in tutte le fasi del trattamento.
ALLODOLA E GUFI: I RITMI CIRCADIANI
Il ritmo sonno/veglia è fondamentale nella vita dei mammiferi, cui apparteniamo, ed è un ritmo circadiano (dal latino circa e dies, giorno), dunque di 24 ore. Ognuno di noi è orientato verso una di queste due predisposizioni: la tendenza ad alzarsi presto e a sentirsi subito molto dinamico (è stato chiamato tipo allodola, uccello mattiniero) e la tendenza ad alzarsi tardi e a restar sveglio dalla sera verso la notte (tipo gufo, uccello notturno). Se si vive un’alterazione della propria predisposizione si verifica un disallineamento nei ritmi biologici, e non è un bene. In particolare ciò avviene con i lavori a turno, in special modo i turni notturni. Ora, nel 2010 la Iarc, Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell'Organizzazione Mondiale della Sanità hanno dichiarato che l’alterazione del ritmo circadiano provocata dall’esposizione prolungata ai turni di lavoro di notte potrebbe essere cancerogena (naturalmente se è un’alterazione cronica, non temporanea). Nel 2019 la stessa agenzia ha rivalutato e confermato la classificazione come agente “probabilmente cancerogeno per l’uomo”.
IL TEMPO COME CURA
Osas è l’acronimo, in inglese, della sindrome dell’apnea ostruttiva del sonno che genera ipossia (carenza di ossigeno) intermittente cronica. Studi su animali e altre ricerche indicano che l’Osas, sempreché sul lungo periodo, possa essere legata a processi tumorali. Maria Paola Mogavero apre un altro capitolo che sempre trascina il tempo nel legame cancro-sonno. «Visto che i ritmi circadiani sono importanti per la salute, si è pensato alla cronoterapia – dice – la cura basata su cronos, il tempo in greco. Oh, non solo in questo ambito della medicina, ma anche in altri settori. Il nostro organismo è regolato da un orologio centrale e ogni cellula ha un suo orologio. La disarmonia tra questi “misuratori del tempo” non è salutare».
Vediamo in dettaglio. L’orologio centrale si chiama masterclock ed è costituito dal nucleo soprachiasmatico (Scn) situato nell'ipotalamo, una regione del cervello coinvolta in molti processi fisiologici, tra cui il sonno e l'appetito. Questo masterclock controlla i ritmi circadiani nei mammiferi controllando tutti gli orologi secondari; da parte sua si allinea al giorno e alla notte, alla luce e al buio elaborando gli input dall’esterno (come la luce, che passa attraverso gli occhi).
SI STUDIA LA CRONOTERAPIA
La cronoterapia propone la somministrazione dei farmaci nel tempo più adatto per quel paziente e per quella malattia. Nel caso dei tumori, vuol dire somministrare la chemioterapia o l’esposizione alla radioterapia rispettando il ciclo biologico della cellula tumorale interessata. In particolare ci sono stati studi con risultati interessanti nel tumore del colon, in cui la cura è risultata più efficace e con minori effetti collaterali. A proposito della “terapia temporizzata”, uno dei fondatori, il rumeno Franz Halberg, mezzo secolo fa sentenziava: «Tempus, non solum dosis, venenum facit», anche l’ora (della somministrazione), non solo la dose, crea il veleno. «Accade pure – interviene la dottoressa Mogavero – che i farmaci stessi vengano studiati in base alla cronoterapia».
LA MELATONINA
E veniamo a un farmaco “impregnato” di tempo: la melatonina (dal greco melas nero e la contrazione di serotonina) che è un ormone regolatore del ciclo veglia/sonno, talvolta raccomandato in associazione con la chemioterapia e studiato per una sua azione antitumorale, ancora da comprendere. «In effetti questa sostanza non è soltanto un regolatore del ritmo circadiano – sottolinea Maria Paola Mogavero –, ha altri ruoli, tra cui capacità antinfiammatorie. Ed entra nella modulazione di processi metabolici coinvolti con il tumore». In ogni caso va assunta dietro consiglio medico, evitando sempre l’autosomministrazione.
ALLO STUDIO L’OREXINA
La studiosa ci introduce a un altro aspetto e ad un’altra sostanza ancora in fase di studio, l’orexina: sembrerebbe che alcuni farmaci che agiscono sui suoi recettori possano, in associazione alla chemioterapia, rafforzare la sua azione contro i tumori del cervello come il glioblastoma. L’orexina è un neuropeptide coinvolto nelle vie del ciclo sonno/veglia e nelle vie biologiche legate al cancro. È stato poi osservato da alcuni studiosi che farmaci che agiscono sui recettori orexinergici, e di comune impiego per alcuni disturbi del sonno, hanno indotto una riduzione della crescita delle cellule tumorali ed una diminuzione della tossicità dei farmaci antitumorali in alcuni tumori gastrointestinali (sebbene siano necessarie più ampie ricerche in merito).
CURARE LE APNEE NOTTURNE
Infine, non un farmaco ma un dispositivo medico: si è constatato nei pazienti oncologici che a trattare la sindrome delle apnee ostruttive del sonno (Osas) tramite la Cpap, un metodo di ventilazione respiratoria impiegato nei pazienti con apnee ostruttive in sonno, a parte il miglioramento della respirazione, si assiste a una riduzione dell’infiammazione correlata anche al tumore e si vede modularsi positivamente l’espressione dei geni coinvolti nel cancro, quelli ovviamente modificabili dall’ambiente.
Fonti
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.