Nel giorno dell’Unistem Day una ricerca svela come si parli spesso delle speranze e quasi mai dei fallimenti. Al momento è soltanto una la terapia riconosciuta
“Sclerosi multipla, trattamento con le staminali. I medici: è miracoloso”. “Tumori al cervello, studio Usa: le staminali uccidono la malattia nei topi". “Tumori, create staminali killer: uccidono le cellule del cancro”. Quelli citati sono soltanto tre dei titoli che circolano in rete, digitando come chiavi di ricerca le parole “terapia” e “cellule staminali”. Dei (presunti) benefici apportati da queste ultime si parla sempre più spesso. Ma quali sono i rimedi effettivamente già a disposizione dei pazienti? Ecco il bilancio parziale tracciato nel corso dell’Unistem Day, momento utile per fare il punto sui progressi della ricerca.
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TERAPIE, A CHE PUNTO SIAMO?
Il farmaco a base di cellule staminali già disponibile è soltanto uno: si tratta di Holoclar, prodotto in Italia e approvato nei giorni scorsi dall’Unione Europea per la cura delle ustioni della cornea. Altre applicazioni delle staminali riguardano la rigenerazione della pelle con cui rimediare a gravi ustioni e ad alcune malattie genetiche (anche se i costi dell’intervento sono elevati e i risultati imperfetti). Per il resto tutti i possibili antidoti sono ancora in fase di sperimentazione. Si parla di staminali per far ricrescere i capelli, curare la sclerosi laterale amiotrofica e quella multipla, (sopprimendo la risposta immunitaria e non riparando i neuroni danneggiati), rigenerare le cellule beta del pancreas che non producono insulina nei diabetici di primo tipo, intervenire contro malattie renali ed epatiche e suturare fistole operatorie. Le potenzialità sono ancora in fase di valutazione nei laboratori e non è possibile anticipare se e quando finiranno eventualmente sul mercato.
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FALSE ASPETTATIVE
Paura, ma anche speranza. Sono queste le sensazioni che provano i lettori quando sentono parlare di cellule staminali, ritenute in grado di assicurare potenzialità infinite. Così, almeno in parte, è, visto quanto resta ancora da conoscere. Ma in attesa di conferme più solide, occorrerebbe predicare prudenza. Invece, nonostante la brutta figura fatta con Stamina, quando si parla di queste terapie lo si fa (troppo) spesso con toni trionfalistici. È quanto hanno dimostrato alcuni ricercatori dell’università canadese di Alberta in un lavoro pubblicato su Science Translational Medicine.
Dopo aver analizzato le conclusioni di 307 studi pubblicati tra il 2010 e il 2013 tra Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti, i ricercatori hanno notato che nel 69% dei casi si faceva riferimento a terapie disponibili entro dieci anni. A finire sulle prime pagine dei giornali sono stati soprattutto i possibili risvolti delle scoperte e quasi mai i fallimenti registrati in questo ambito di ricerca. Nel 2011 la Food and Drug Administration ha sospeso il primo trial clinico che puntava a valutare l’efficacia della terapia con le cellule staminali nei pazienti colpiti da una lesione del midollo spinale. Pochi mesi fa è toccato a Nature, riscontrata l’impossibilità di riprodurre gli esperimenti, ritirare due studi giapponesi in cui si discuteva di un metodo per produrre staminali pluripotenti indotte.
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TEMPI LUNGHI
Le terapie a base di cellule staminali embrionali sono promettenti. Ma il loro utilizzo solleva anche diversi problemi di sicurezza, tra cui la capacità di queste cellule di fino a mutare in senso neoplastico. Senza tralasciare il dilemma etico che riguarda le cellule staminali embrionali. Da qui il monito degli autori della ricerca: «Il processo di approvazione di nuove terapie è lungo e complicato. La maggior parte degli studi sulle cellule staminali sono ancora in fase 1 e coinvolgono un numero limitato di partecipanti. In media servono almeno 12 anni per ottenere un nuovo farmaco e altri 11 per completare la sorveglianza successiva alla messa in commercio». Cautela, dunque, è la parola d’ordine.
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PER SALVARE LA VITA
Ciò che sicuramente funziona è il trapianto di staminali adulte - prelevate dal midollo osseo o dal sangue cordonale - che si effettua ormai da quarant’anni nei pazienti colpiti da leucemie, linfomi o mielomi. Si tratta di una procedura salva-vita che nel 1990 valse anche il Nobel per la Medicina a Edward Donnall Thomas. I suoi studi, durati vent’anni, dimostrarono come queste cellule, infuse per via endovenosa, potessero ripopolare il midollo osseo in pazienti colpiti da tumori o da rare malattie congenite. In oncologia si ricorre al trapianto di staminali anche quando un paziente viene sottoposto a una chemioterapia ad alte dosi, allo scopo di restituire all’organismo quelle cellule che risulteranno distrutte dall’alto dosaggio dei farmaci.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).