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Daniele Banfi
pubblicato il 24-02-2015

«Holoclar» il primo farmaco a base di staminali che ripara la cornea



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L'Unione Europea approva il trattamento che permette di ritornare a vedere dopo ustioni chimiche agli occhi. Intervista allo scienziato Michele De Luca, protagonista di un successo tutto italiano

«Holoclar» il primo farmaco a base di staminali che ripara la cornea

L'Unione Europea ha da poco approvato il primo farmaco al mondo a base di cellule staminali. Un successo che parla interamente italiano. Grazie a Holoclar, questo il nome del trattamento, molte persone potranno tornare a vedere. E' il caso di chi ha subito lesioni alla cornea dovute a ustioni termiche o chimiche. Ne parliamo con il professor Michele De Luca dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, una delle figure chiave di questo storico successo:

Professor De Luca, in cosa consiste il trattamento?

«Attraverso ricerche iniziate negli anni '80 abbiamo scoperto che le cellule staminali che consentono la rigenerazione della cornea risiedono in una piccola area al confine tra la cornea e la congiuntiva chiamata limbus. In caso di danno la cornea smette di rigenerarsi e la congiuntiva a poco a poco comincia a ricoprire la cornea con una patina bianca che rende impossibile la visione e provoca dolore e infiammazione cronici. Partendo dall’evidenza che la cornea è in grado di rigenerarsi grazie alle staminali abbiamo pensato di ricostruire il tessuto danneggiato utilizzando queste cellule. Anche in caso di danno esteso basta solamente un millimetro di tessuto oculare del limbus per poter ricostruire in laboratorio l’intera superficie dell’epitelio che ricopre la cornea. Una volta ricostruita la si trapianta nel paziente. E noi l'abbiamo fatto».

Che cosa deve fare un malato per accedere alla cura?

«Innanzitutto una precisazione: la cura, proprio perché prevede anche un intervento chirurgico, verrà somministrata solo nei centri clinici di riferimento che verranno individuati. Il primo passo è la biopsia. Ovunque si trovi il paziente le staminali prelevate, grazie ad un corriere specializzato, partono e arrivano entro 24 ore a Modena presso il nostro centro. A questo punto inizia il processo di sviluppo di Holoclar che richiede alcune settimane. Successivamente, quando il paziente è pronto, il tessuto generato viene spedito pronto per essere trapiantato. Il tasso di successo si aggira intorno all'80%. Parte del tessuto viene crioconservato e può essere utilizzato per un eventuale secondo trapianto».

Cosa significa aver prodotto il primo farmaco a base di staminali?

«La direttiva europea 1394/2007 equipara sostanzialmente le terapie avanzate cellulari ai farmaci e prevede, tra le altre cose, che le terapie cellulari possano essere prodotte solo in officine farmaceutiche certificate GMP (Good Manufacturing Practice). Se oggi siamo qui a raccontare questo successo è perché grazie al sostegno di pubblico e privato siamo riusciti a certificare il Centro di Medicina Rigenerativa di Modena dove Holostem lavora. L’iter autorizzativo, in cui siamo stati veri e propri pionieri, è stato lungo e complesso ma il risultato ottenuto oggi ci dimostra che le cellule si possono coltivare secondo standard farmaceutici in grado di garantire ai pazienti sicurezza ed efficacia. L’autorizzazione di Holoclar avviene perché in questi ultimi 20 anni abbiamo sperimentato con successo la tecnica. Risultati certificati a partire dalla fine degli anni ’90 con la pubblicazione su Lancet e nel 2010 sul New England Journal of Medicine».

È possibile pensare a nuove applicazioni di questa tecnica?

«Certamente. Ad oggi presso Holostem stiamo lavorando allo sviluppo di una cura per la sindrome dei bambini farfalla, i piccoli colpiti da epidermolisi bollosa, una malattia caratterizzata dalla formazione di ferite continue. Prelevando e modificando con un approccio di terapia genica le staminali epidermiche siamo riusciti, ad oggi, a trattare i primi due casi. La speranza è quella di ripetere con successo quanto ottenuto con il farmaco approvato per gli occhi».

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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