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I nostri ricercatori
Chiara Segré
pubblicato il 05-01-2015

La mia ricerca che combatte lo sviluppo della leucemia



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Grazie a una ricerca sul ruolo dell’interleuchina-12 nel contrastare la crescita delle cellule di leucemia, Elisa Ferretti ha vinto il premio Gerolamo Gaslini Young Investigator 2014

La mia ricerca che combatte lo sviluppo della leucemia

Elisa Ferretti, ricercatrice genovese di 35 anni, è tra i vincitori delle borse di ricerca di Fondazione Veronesi 2015; proprio a Genova Elisa ha sempre svolto la sua ricerca, prima come studentessa di Dottorato e ora come post-doc all’Istituto Giannina Gaslini nel Laboratorio di Oncologia, diretto dal Dottor Vito Pistoia.

Elisa è una ricercatrice di eccellenza; nel 2014 infatti ha vinto il Gerolamo Gaslini Young Investigator Awards, un premio messo a disposizione dall’Istituto Gaslini per i ricercatori che più si sono distinti per i risultati nella ricerca.

Nel 2013, il premio è andato a un’altra ricercatrice sostenuta da Fondazione Veronesi, Claudia Cocco.

In cosa consiste il Gerolamo Gaslini Young Investigator Awards?

«La Fondazione Gaslini ha bandito per il 2014 tre premi per giovani ricercatori, al di sotto dei 40 anni di età, premiando un lavoro pubblicato a primo nome nel biennio 2012-2013 su una rivista internazionale e con impact factor superiore a 8.

L’impact factor misura il valore scientifico di una rivista a livello internazionale: a valori elevati corrispondono riviste con una selezione più rigida degli articoli pubblicati e perciò un prestigio più elevato. La persona candidata doveva essere affiliato all’Istituto Gaslini o collaborare con esso».

 

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Di cosa tratta la ricerca grazie alla quale hai ricevuto il premio?

«Nel progetto di ricerca in questione mi sono occupata di indagare gli effetti dell’interleuchina-12, una molecola segnale utilizzata dal sistema immunitario, sulla crescita di cellule di leucemia mieloide acuta pediatrica.

La leucemia mieloide acuta è un tumore ematologico fortemente aggressivo,responsabile del 30-40% dei decessi per leucemia. Tale tumore deriva dalla trasformazione maligna di cellule bianche del sistema immunitario e di particolari cellule staminali dette initiating cells, resistenti alla normale chemioterapia e capaci di restare dormienti per anni.

Nella ricerca di agenti capaci perciò di colpire le cellule leucemiche, comprese quelle staminali, mi sono soffermata sull’analisi dei possibili effetti dell’interleuchina sulla crescita leucemica. L’interlecuhina-12 è una molecola nota per avere capacità anti-tumorali in diverse neoplasie, anche ematologiche.

Nel mio studio ho dimostrato tramite un modello animale di leucemia mieloide acuta che l’interleuchina-12 è in grado di ridurre la crescita leucemica nelle prime fasi di sviluppo di malattia».

 

Quali prospettive apre per future applicazioni alla salute umana?

«L’interleuchina-12 potrebbe essere utilizzata come adiuvante nel trattamento della leucemia mieloide acuta pediatrica, soprattutto nelle prime fasi della malattia, combinando l’attività anti-leucemica con l’attivazione di meccanismi anti-tumore da parte del sistema immunitario».

 

Com’è la giornata tipo di una ricercatrice?

«Come ogni mamma moderna che lavora, la prima tappa del mattino è accompagnare mio figlio dai nonni. Arrivo in laboratorio per le nove, e mi metto subito all’opera; tra una provetta e una cellula e un po’ di “stasi” al computer si fa l’ora di pranzo.

Questo è uno dei vari momenti “conviviali” in cui mi ritrovo con i miei colleghi per fare due chiacchiere, due risate e mangiare. Poi si ricomincia…fino a quando non ho finito. Non c’è un vero orario; questo lavoro è così, ci sono giorni in cui si va un po’ più con “calma” e giorni in cui si lavora senza sosta fino a tardi la sera».

 

Cosa fai quando non sei in laboratorio?

«Da 19 mesi il mio hobby preferito è Emanuele, il mio bambino. Amo molto il mio lavoro e lo faccio con grande passione, ma il rientro a casa è sempre la situazione più bella e gratificante della giornata. Fare la mamma e la moglie è senza dubbio stancante e impegnativo, ma riempie la mente e il cuore».

 

Perché hai scelto la  ricerca? Quali sono le fatiche e quali invece le soddisfazioni?

«Potrebbe apparire banale, ma già dall’epoca delle superiori avevo il pallino di fare ricerca e volevo lavorare in un ospedale. Mi sono iscritta a Biologia e quando è venuto il momento di fare la tesi sperimentale, ho avuto la fortuna di capitare nel laboratorio del Dottor Vito Pistoia, una persona con una professionalità esagerata e una passione realmente contagiosa.

Qui ho trovato una grandissima professionalità e bravissimi colleghi che ora sono anche dei grandi amici. Questo è senza dubbio un lavoro gratificante perché ogni giorno mettiamo piccoli mattoni in un campo così importante come è quello della ricerca oncologica.

Lo stimolo che ne deriva è quello che fa superare la difficoltà che si ha nell’avere contratti e fondi. Infatti è per lo più solo grazie a realtà esterne, come la Fondazione Umberto Veronesi, che abbiamo la possibilità di procedere nelle ricerche».

 

Come ti vedi nei prossimi dieci anni?

«È difficile ragionare così a lungo termine, a causa della precarietà del mondo della ricerca. Di sicuro la mia volontà è quella di lottare per restare in questo laboratorio, perché è un po’ la mia casa, è il posto in cui passo la maggior parte della giornata, e dove posso fare quello che mi piace: ricerca».

 

Perché è importante investire nella ricerca scientifica?

«Ricerca è opportunità di migliorare concretamente la vita di tutti. Si pensa spesso che queste siano parole finte o sterili: ma così non è. Avanzare nella conoscenza scientifica significa migliorare la vita non solo di chi è malato, ma di tutti.

Donare per la ricerca è un po’ come donare per se stessi. Un piccolo passo può rappresentare tanto se messo insieme a tanti altri passi. Lavorare tutti insieme per il bene comune: questo dovrebbe essere la scienza».

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Chiara Segré
Chiara Segré

Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.


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