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Emanuela Pasi
pubblicato il 18-02-2025

Nuovi farmaci anti-tumorali: il ruolo delle diacilglicerolo chinasi



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Uno studio sugli enzimi diacilglicerolo chinasi per sviluppare nuove terapie oncologiche e potenziare la risposta immunitaria. L’intervista alla ricercatrice Luisa Racca

Nuovi farmaci anti-tumorali: il ruolo delle diacilglicerolo chinasi

Le cellule tumorali cercano di manipolare i meccanismi molecolari del nostro corpo per proliferare e sfuggire al sistema immunitario. Tuttavia, questa loro capacità potrebbe essere il bersaglio per una nuova strategia terapeutica.

All'Università del Piemonte Orientale, Luisa Racca, una ricercatrice sostenuta da Fondazione Umberto Veronesi, sta studiando una famiglia di enzimi, le diacilglicerolo chinasi, che le cellule tumorali cercano di "hackerare" a proprio vantaggio. L'obiettivo? Sviluppare nuovi farmaci che, bloccando questi enzimi, potrebbero colpire il cancro su due fronti: indebolendo direttamente le cellule malate e potenziando la risposta immunitaria contro di esse.

 

Luisa, i vostri studi si concentrano su enzimi specifici. Ci può spiegare meglio?

Il nostro laboratorio ha maturato una grande esperienza nello studio di questi particolari enzimi, chiamati diacilglicerolo chinasi, fondamentali per il controllo di molte funzioni nel nostro corpo. Infatti, regolano molti meccanismi all’interno delle nostre cellule permettendo il corretto funzionamento del sistema immunitario. Anomalie nella loro attività possono contribuire a causare diverse patologie e le cellule tumorali in particolare cercano di sfruttare questi enzimi a loro vantaggio per sfuggire a meccanismi di morte cellulare programmata, aumentare la proliferazione e sottrarsi all’azione del sistema immunitario.

Concretamente come svilupperete il vostro progetto?

Per trovare potenziali nuovi farmaci in grado di bloccare l’azione degli enzimi, inzialmente analizzeremo “virtualmente” alcune molecole che possano avere questa capacità, per poi verificare la loro efficacia in vitro.  Identificare nuovi farmaci potrebbe avere il doppio vantaggio di contrastare direttamente la vitalità delle cellule tumorali e di potenziare l’azione del sistema immunitario contro le stesse.

Un approccio davvero interessante. Ma cosa vi distingue da altre ricerche in questo campo?

Ci stiamo concentrando su due varianti specifiche di questi enzimi, la ζ e la η, che sono ancora relativamente inesplorate ma sembrano giocare un ruolo cruciale in patologie come la leucemia mieloide acuta. Esistono, infatti, 10 varianti che svolgono diversi ruoli nei vari tipi di tumore. La maggior parte degli studi si è concentrata sulla variante α, ma noi crediamo che esplorare queste nuove strade possa portare a scoperte significative.

C'è stato un momento in cui ha capito che la sua strada era la scienza?
Fin da piccola ero affascinata dai meccanismi nascosti dietro le malattie. Ma il vero colpo di fulmine è stato durante le prime esperienze di laboratorio all’università dove ho capito che volevo passare la vita a cercare risposte.

C'è una motivazione personale dietro la scelta di questo campo di ricerca?

Diverse persone a me care hanno avuto a che fare con il cancro. Ho visto personalmente i progressi che abbiamo fatto grazie alla ricerca in questo campo. Nel mio piccolo, voglio dare il mio contributo a questa battaglia.

Quali sono le sfide maggiori che affronti nel tuo lavoro?

La precarietà lavorativa è sicuramente la più grande. Ci sono periodi in cui mancano le risorse e diventa problematico far bastare i fondi per continuare la ricerca. L'incertezza sul futuro può essere pesante, ma la passione per quello che facciamo ci spinge sempre avanti.

Invece, i momenti gratificanti quali sono?

Vorrei incorniciare tutte le volte che un lavoro a cui ho dato un forte contributo viene pubblicato. Viene quindi riconosciuto la validità e potenzialità dello studio che ho svolto.

Chi sono le persone che ti hanno ispirato nella tua vita?

Sono tantissime! Primi nella lista i miei genitori, gli insegnanti in gamba che ho avuto la fortuna di conoscere negli anni scolastici e, come figura professionale, Marie Curie. Tutte queste persone mi hanno insegnato a lavorare con impegno e dedizione per raggiungere i miei obiettivi, senza mai dimenticare che la vita non si esaurisce nel lavoro, ma che è importante mantenere sempre spazi personali per coltivare hobby e relazioni sociali.

Hai un film o un libro che più ti piace o ti rappresenta?

In realtà ce ne sono tantissimi e, a seconda del mio stato d’animo, possono cambiare. Mi piacciono le storie in cui il protagonista impara ad accettarsi, scopre nuovi lati di sé e alla fine realizza che si può vivere serenamente e pienamente anche senza raggiungere tutti gli obiettivi che la società o lui stesso si era imposto.

Hai un sogno nel cassetto che non hai ancora realizzato?

Mi piacerebbe tanto fare un'esperienza di ricerca all'estero, anche breve. È un'opportunità che non ho ancora avuto ma che spero di realizzare presto. E poi, da un punto di vista più personale, vorrei vedere l'aurora boreale almeno una volta nella vita.

Se potessi cenare con qualcuno, chi sceglieresti?

Alberto Angela, senza dubbio! Mi piacerebbe molto confrontarmi con lui sulla divulgazione scientifica efficace. È fondamentale saper comunicare la scienza in modo chiaro e coinvolgente.

Come si può migliorare la scienza e la comunità scientifica?

Credo fermamente che possiamo ottenere risultati migliori solo collaborando. Per questo auspicherei che venissero incoraggiati e supportati progetti che prevedano la partecipazione di più gruppi di ricerca con competenze e capacità diverse. Un grande aiuto potrebbe sicuramente arrivare dalle istituzioni, sia attraverso l’erogazione di fondi sia mediante la creazione di contratti stabili, che permettano ai ricercatori di portare avanti i loro progetti in modo più sereno.

In Italia c'è fiducia nei confronti della scienza?

Penso che dipenda dalle persone e dalle situazioni. Mi capita spesso di leggere o sentire commenti entusiastici quando vengono pubblicate notizie su nuove cure o scoperte scientifiche, accompagnati da attestazioni di stima per i ricercatori che hanno effettuato gli studi. Quando però si tratta di argomenti più scomodi e controversi, come i vaccini, immediatamente l’atmosfera cambia, così come l’opinione sui ricercatori.

Perché è importante donare a sostegno della ricerca scientifica?

È fondamentale per diverse ragioni. Prima di tutto permette l’inizio o il proseguimento di molte attività che altrimenti rischierebbero di arenarsi per mancanza di fondi. Inoltre, c'è un ritorno alla comunità sottoforma di conoscenza. In ricerca, le carriere sono precarie, instabili e spesso stressanti; di conseguenza, il ricercatore o la ricercatrice sostenuti da finanziamenti si sentono apprezzati e supportati dalla comunità.

Cosa vorresti dire alle persone che scelgono di donare a sostegno della ricerca scientifica?

Vorrei ringraziarli dal profondo del cuore. La ricerca va avanti anche grazie al vostro prezioso supporto. Per me è una motivazione aggiuntiva sapere che ci sono persone che hanno permesso la realizzazione del mio progetto, e spero di ripagarle in qualche modo offrendo conoscenza e nuove terapie.


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