Nel 2020 donazioni e trapianti d'organo calati del 10 per cento. Tra le belle notizie, il primo trapianto di utero e quello (doppio) di polmone decisivo contro Covid-19
La frenata c'è stata: impossibile negarlo, soprattutto agli occhi dei quasi novemila italiani in lista di attesa. Tra gli effetti di Covid-19, come lasciavano intravedere le prime settimane di emergenza, c'è stato un calo nelle donazioni degli organi. E, di conseguenza, nei trapianti, diminuiti del 10 per cento (400 unità) tra il 2020 e l'anno precedente. Visto l'impatto della pandemia in Italia, però, si può dire che la struttura abbia retto. E, nel corso dei mesi, abbia raggiunto anche alcuni primati. Interventi mai realizzati prima che, nel prossimo futuro, potrebbero crescere nei numeri. E offrire dunque una speranza alle (ancora) tante persone che attendono un organo come unica soluzione a un grave problema di salute.
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DONAZIONI IN CALO PER LA SATURAZIONE DELLE TERAPIE INTENSIVE
A pesare, inevitabilmente, è stata la saturazione delle terapie intensive. Quelli che sono i reparti in cui avvengono le donazioni di organi e tessuti necessarie ai trapianti sono state per molti mesi destinate esclusivamente all'assistenza dei pazienti più gravi alle prese con Covid-19. Nel 2020, come si evince dall'ultimo rapporto del Centro Nazionale Trapianti (allegato in versione integrale tra le fonti), le segnalazioni di potenziali donatori in rianimazione sono calate dell’11.5 per cento rispetto al 2019. Questo calo è alla base di quello che ha riguardato i prelievi di organo da donatori deceduti (1.236, contro i 1.379 dell’anno precedente). A diminuire però sono stati anche gli interventi per la donazione di organi da vivente (294, -19.2 per cento), possibile per il rene e per una parte del fegato. «Trattandosi di un’attività chirurgica programmabile, questa tipologia di trapianto ha scontato un rallentamento maggiore», spiega Massimo Cardillo, direttore del Centro Nazionale Trapianti. Risultato complessivo: un tasso di 20.5 donatori per milione di abitanti, che riporta l’Italia indietro di cinque anni. Dal 2016, infatti, l'indicatore era stabilmente sopra quota 21 (l’anno scorso 22.8). A livello locale, la Toscana si conferma la regione con il più alto tasso di donazione (42.6 donatori per milione di abitanti), pur essendo tra quelle che hanno subìto il maggiore rallentamento. In controtendenza, invece, il Piemonte e la Sicilia che, pur con un tasso molto basso (9.2 per milione di abitanti), è l’unica realtà meridionale ad aver migliorato la propria situazione nel 2020.
QUANTO TEMPO PUÒ TRASCORRERE
TRA PRELIEVO E TRAPIANTO D'ORGANO?
MENO DONAZIONI E MENO TRAPIANTI
Di fronte a questo calo, non poteva che ridursi anche il numero dei trapianti effettuati: quasi 400 in meno rispetto al 2019. Sono stati 3.441 gli interventi portati a termine nel 2020. Nel dettaglio, i trapianti di rene sono stati 1.906 (-10.8 per cento), quelli di fegato 1.191 (-8.5 per cento), mentre i trapianti di polmone sono quelli che hanno avuto il calo percentuale più consistente (116, -24.5 per cento). Stabili i trapianti di cuore (239, -2.4 per cento) e quelli di pancreas (42, come nel 2019). La regione che ha effettuato più interventi è stata la Lombardia (652) seguita da Veneto (557), Piemonte (444) ed Emilia Romagna (391). Risultati in linea con quelli registrati negli ultimi anni, ma particolarmente significativi se contestualizzati nell'anno appena trascorso. «Stiamo parlando dei sistemi sanitari più colpiti dall’emergenza fin dalla prima ondata», ricorda Cardillo. A ciò occorre aggiungere che, a eccezione di chi riceve un rene, «tutti i nostri pazienti hanno bisogno di un periodo di degenza in terapia intensiva. Anche per questa ragione, dunque, è necessario attenersi alle indicazioni delle autorità sanitarie per ridurre i contagi». Ciò vuol dire che più letti di terapia intensiva sono occupati per Covid-19, meno opportunità ci sono sia per prelevare un organo sia per «offrirlo» a chi ne attende uno per risolvere un problema di salute diversamente incurabile.
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I PRIMATI RAGGIUNTI (COMUNQUE) NEL 2020
In compenso, però, anche nell'anno della pandemia in Italia sono stati raggiunti dei risultati importanti. Due gli interventi degni di nota: il trapianto di utero (realizzato a Catania ad agosto, primo intervento italiano di questo tipo) con cui è stata offerta a una donna affetta da una malattia rara l'opportunità di affrontare una gravidanza e l'altettanto innovativo trapianto di polmoni (a maggio, primato europeo) effettuato su un ragazzo di 18 anni con gli organi irrimediabilmente compromessi da Covid-19. A ciò occorre aggiungere che, tra novembre e dicembre, in Piemonte, Liguria, Toscana, Lazio, Abruzzo e Sicilia sono stati portati a termine (per la prima volta al mondo) dei trapianti da donatori positivi al coronavirus. Mentre è già a quota 8 il numero di fegati trapiantati in uomini e donne infetti al momento dell'intervento. Infine, è stata confermata l'efficacia del trapianto nella terapia del tumore del fegato (se limitato alla ghiandola).
Rischio tumori (spesso) sottovalutato dopo un trapianto d'organi
ANCORA TROPPI ITALIANI CONTRARI ALLA DONAZIONE DI ORGANI
Ai numeri fin qui snocciolati, gli esperti hanno già iniziato a porre rimedio e contano che la situazione possa nel tempo soltanto migliorare: al di là dell'andamento della pandemia. Nel medio e lungo periodo, però, Covid-19 rischia comunque di lasciare il segno sull'attività dei trapianti. Una firma invisibile, ma legata al forte calo nelle dichiarazioni di volontà registrate nei Comuni nell'ultimo anno. Nel 2020, il sistema ne ha registrate meno di due milioni. Erano state 2.4 milioni nel 2019. A pesare è stata soprattutto la chiusura dei servizi anagrafici durante il primo lockdown e la decisione del Governo di prorogare la scadenza dei vecchi documenti d’identità. In totale, a oggi, le dichiarazioni presenti nel Sistema informativo trapianti sono quasi nove milioni. Di queste, 6.5 milioni contengono un consenso, mentre nel 2020 sono cresciute le opposizioni (registrate in un caso su 3). Un punto su cui occorre intervenire, perché «questo dato che rischia di essere insostenibile sul lungo periodo», avverte Cardillo. Se tra i giovani adulti la propensione alla donazione è quasi del 75 per cento, ci sono da convincere soprattutto gli over 60: considerando che nei grandi anziani quasi 2 su 3 sono contrari alla donazione degli organi. Un problema che nel prossimo futuro rischia di emergere, considerando più probabile che tocchi prima a una persona di questa età dover compiere la scelta piuttosto che a un trentenne.
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DONAZIONI E TRAPIANTI DI STAMINALI EMOPOIETICHE
Ciò che non sembra aver risentito particolarmente della pandemia è l'attività di prelievo e trapianto di cellule staminali emopoietiche. La rete dei centri italiani ha messo subito in campo percorsi Covid-free e il Registro dei donatori di midollo ha garantito stabilmente la ricerca dei donatori compatibili e il trasporto in sicurezza del materiale biologico. Risultato? Il più alto numero di trapianti di midollo da donatore non consanguineo mai realizzato nel nostro Paese (875) e di donazioni effettuate (288). In calo invece il reclutamento dei nuovi potenziali donatori, frenata dal blocco delle attività sociali che ha impedito gli eventi di reclutamento nelle piazze. Nel 2020 si sono aggiunti alla lista quasi 21mila italiani: oltre la metà in meno di quelli del 2019. Un numero che ha permesso di mantenere in attivo il bilancio dei potenziali donatori, ma comunque da rafforzare, per evitare affanni nei prossimi anni.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).