Secondo una ricerca sulle proprietà di 600 cibi, i valori nutrizionali di quelli biologici non differiscono poi tanto dagli stessi rilevati nei prodotti convenzionali
Portare a tavola alimenti di origine biologica è una scelta che compie una quota crescente di italiani. Nel 2018 quasi 9 connazionali su 10 hanno acquistato almeno un prodotto bio (+8.4 milioni le famiglie acquirenti in soli 7 anni) e la metà di questi consumatori li ha preferiti agli altri almeno una volta a settimana. Una decisione di questo tipo viene assunta di norma per due ragioni: per proteggere l’ambiente e perché spinti dal desiderio di migliorare la dieta. Sul primo punto, a livello di scelte individuali, l’opportunità è concreta (ma su larga scala il beneficio si riduce). Se invece si opta per i prodotti biologici al fine di accrescere la qualità delle proprie scelte alimentari e buttare giù qualche chilo di troppo, lo sforzo rischia di essere vano. Al di là della categoria di prodotti che si sceglie, organico (sinonimo di biologico) non vuol dire infatti più equilibrato per il nostro organismo.
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BIO O NO? CONFRONTO IN PARITA'
È questo il messaggio che emerge da un’analisi condotta da quattro ricercatori del Gruppo Giovani della Società Italiana di Nutrizione Umana su 569 coppie di prodotti confezionati (biologici e non). Obiettivo: valutare le eventuali differenze sul piano nutrizionale attraverso l’analisi delle informazioni riportate sulle etichette. Il confronto - i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Nutrients - si è concluso con un pareggio. Dall'accostamento dei prodotti (cereali; pane e sostituti; pasta riso e altri cereali; latte, formaggi e bevande di origine vegetale; tè e succhi di frutta; marmellate, miele e creme spalmabili; frutta e verdura; legumi; oli e altri condimenti) non sono emerse differenze significative. Le uniche variazioni hanno riguardato la pasta, il riso e i cereali e le marmellate, le creme e il miele.
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POCHE (E TRASCURABILI) DIFFERENZE
Nel primo caso, i prodotti biologici garantivano un apporto proteico ed energetico inferiore, a fronte però di un aumento dei grassi saturi. Quanto ai dolci, un contenuto inferiore di zuccheri semplici e carboidrati complessi era in parte bilanciato da un maggiore contenuto proteico. «In tutti casi - affermano gli autori del lavoro, coordinati da Daniela Martini, ricercatrice in nutrizione umana all'Università degli Studi di Milano - si è trattato di oscillazioni contenute, che confermano l’impossibilità di considerare una delle due categorie superiore all’altra». Non essendo indicati gli apporti in etichetta, non è invece stato possibile effettuare un raffronto tra micronutrienti (vitamine e sali minerali) e apporto di fibre, che in altre circostanze ha premiato i cibi bio. Questi ultimi sembrerebbero infatti avere maggiori concentrazioni di un’ampia gamma di antiossidanti. Ma che il loro consumo determini uno o più benefici per la salute è una conseguenza ancora tutta da dimostrare. E l'eventuale vantaggio «potrebbe comunque derivare anche da altri fattori - si legge nella discussione dello studio -. Chi consuma cibi biologici sovente ha uno stile di vita più salutare».
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ALIMENTI «BIO»: COSA VUOL DIRE?
I prodotti alimentari di origine biologica - vegetali e animali - vengono realizzati seguendo i principi della produzione organica. Questi non prevedono l'utilizzo di sostanze chimiche di sintesi (concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi), oltre che organismi geneticamente modificati (Ogm). Per essere definito biologico, un alimento deve essere certificato come tale almeno per il 95 per cento. Stesso discorso anche per le carni, che devono sempre provenire da animali nutriti con mangimi vegetali ottenuti secondo il metodo di produzione biologico. A eccezione dell’acqua, del sale e dei pochi additivi ammessi, dunque, tutti gli ingredienti utilizzati nella realizzazione di uno di questi prodotti devono aver seguito le indicazioni previste per il bio. Diverso dal convenzionale deve essere anche l'iter della lavorazione. Ai produttori di alimenti biologici è richiesta una linea indipendente, che eviti qualsiasi «contaminazione» con i prodotti convenzionali.
DIETA BIO, MALATTIE CRONICHE E TUMORI
La legge non consente in alcun caso di veicolare il messaggio che un cibo di origine biologica garantisca una qualità (organolettica, nutritiva o sanitaria) superiore a quella di un analogo alimento convenzionale. Detto ciò, la tendenza da parte dei consumatori a considerare questi alimenti più indicati per la dieta è diffusa. Da qui l'importanza del messaggio che emerge dalla ricerca. «Sul piano nutrizionale, non sembrano esserci vantaggi nel prediligere gli alimenti di origine biologica», spesso peraltro più costosi di quelli tradizionali: questa la sintesi degli autori. A dimostrazione di ciò, ci sono anche diversi studi condotti al fine di valutare l'eventuale effetto protettivo di una dieta ricca di alimenti biologici nei confronti delle malattie croniche correlate a una cattiva alimentazione. Da nessuno di questi sono però emerse differenze rilevanti, soprattutto per quel che riguarda l’insorgenza dei tumori. In questi casi, escludendo la presenza di altri fattori di rischio legati alla dieta (a partire dall'obesità), occorre considerare che i livelli di fitofarmaci presenti negli alimenti convenzionali sono già quasi sempre inferiori ai limiti fissati dalla legge. I limiti relativamente ad altre sostanze - è il caso delle micotossine, dei nitrati, dei metalli pesanti e delle diossine - sono invece gli stessi sia per i prodotti biologici sia per quelli che non lo sono.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).