Risonanza magnetica o ecoendoscopia le indagini a cui sottoporsi se si è ad alto rischio di ammalarsi di tumore del pancreas. Ecco chi dovrebbe effettuarli (e quando)
Le statistiche descrivono un trend crescente dei casi. Quanto all'aggressività, invece, il tumore del pancreas è sempre stato tra i peggiori. Al punto che diverse stime lasciano intendere come, nell'arco di dieci anni, possa diventare la seconda causa di morte oncologica al mondo (alle spalle del tumore del polmone). Un impatto rilevante, dovuto alla scarsa specificità dei sintomi nelle fasi iniziali della malattia, che sono quelle in cui occorrerebbe intervenire per aumentare le probabilità di sopravvivenza. Come «intercettare» quanto prima i nuovi pazienti? Uno screening rivolto alla popolazione generale non esiste (né è raccomandato). Ma l'opportunità è invece a disposizione per due categorie più «sensibili»: le persone ad alto rischio per familiarità o per predisposizione genetica a sviluppare un adenocarcinoma pancreatico.
I CORRETTI STILI DI VITA DA ADOTTARE
PER PREVENIRE I TUMORI
«SORVEGLIANZA» PER LE PERSONE A RISCHIO
La lotta al tumore al pancreas parte dunque da una fascia selezionata della popolazione, che convive (per tutta la vita) con una probabilità di ammalarsi più alta rispetto alla norma. L'opportunità sarà presto garantita a chi ha visto nella propria famiglia (stesso ramo) almeno due persone colpite dalla malattia e a chi porta con sé una predisposizione che può essere dettata da diversi fattori: come l'essere già stati colpiti da un tumore (al seno o all'ovaio, ma soltanto se con la mutazione dei geni Brca e comunque con almeno un caso di tumore del pancreas in famiglia) o da condizioni più rare come le sindromi di Lynch, il melanoma familiare, i portatori di una mutazione del gene Palb2 (in tutti e tre i casi purché ci sia stata una diagnosi di tumore del pancreas tra i parenti più stretti), di Peutz-Jeghers e la pancreatite cronica ereditaria (in questi casi non è indispensabile la familiarità, per essere arruolati). In simili situazioni la sorveglianza attiva potrebbe fare la differenza, permettendo di riconoscere lesioni precancerose che risultano presenti nel venti per cento delle persone a rischio.
DIAGNOSI: RISONANZA MAGNETICA ED ECOENDOSCOPIA
L'efficacia della procedura è confermata da uno studio pubblicato sull'American Journal of Gastroenterology, in calce al quale c'è la firma di 19 ricercatori italiani. Il programma di sorveglianza, portato avanti per due anni e mezzo tra il 2015 e la fine dell'inverno scorso, è stato condotto coinvolgendo 187 persone (in sei centri: il San Raffaele e l'Humanitas a Milano, il policlinico di Verona e quello di Bologna, la clinica Pederzoli di Peschiera del Garda e l'ospedale Sant'Andrea di Roma) considerate a rischio di sviluppare un tumore del pancreas: per familiarità (due o più parenti già colpiti dalla malattia) o predisposizione genetica. Lo screening è stato condotto sottoponendo ognuno di loro, in assenza di sintomi, a una colangiografia a risonanza magnetica: un esame altamente sensibile (permette di visualizzare le vie biliari e la ghiandola pancreatica) a fronte di rischi pressoché nulli (non invasivo e senza ricorso a radiazioni ionizzanti). L'accertamento, se negativo, è stato ripetuto a cadenza annuale. Se positivo (con lesioni solide o cistiche sospette) è stato invece è stato seguito dall'ecoendoscopia, che permette di esplorare il pancreas grazie alla visione ecografica garantita da una sonda posta sulla punta dello strumento.
QUALE ESAME PREDILIGERE?
Con questo approccio, è stato possibile riscontrare «anomalie» in più di un paziente su quattro: maligne in quasi il tre per cento delle persone coinvolte. Un tasso che, spiega Salvatore Paiella, ricercatore all'Istituto del pancreas all'Università di Verona, «è tra i più alti mai rilevati». A scoprire quattro delle cinque neoplasie maligne rilevate, di cui soltanto due trattate chirurgicamente (segno che il 60 per cento delle diagnosi è servito a scoprire neoplasie già in fase avanzata), è stata l'ecoendoscopia. «Ma allo stato attuale è giusto definire le due metodiche complementari», aggiunge il primo autore della pubblicazione, prima di ricordare quelli che, soprattutto in persone che convivono con un'aumentata probabilità di sviluppare un tumore del pancreas, rappresentano dei fattori di rischio aggiuntivi: l'avere più di 50 anni, l'abitudine al fumo e la presenza di più di due casi di malattia in famiglia. «Per quello che riguarda la scelta dell'esame migliore, altri dati recenti suggeriscono che si possano alternare le due metodiche, ad anni alterni, e utilizzare l'ecoendoscopia qualora la risonanza vedesse qualcosa di dubbio», precisa Gabriele Capurso, responsabile dell'unità di ricerca clinica del centro sulle malattie del pancreas dell'ospedale San Raffaele di Milano.
IN ITALIA SCREENING AL VIA IN SEI CENTRI
Quanto alla presenza di lesioni cistiche non preoccupanti in queste persone, riscontrate con frequenza, «il monitoraggio non deve essere più intenso di quello che si raccomanda ai soggetti con cisti pancreatiche senza casi in famiglia di tumore del pancreas», sostiene Capurso. I risultati appena pubblicati stanno determinando, proprio in queste settimane, un rilancio del programma di screening italiano per il tumore del pancreas: rivolto esclusivamente alle persone a rischio (con indicazioni specifiche anche in merito all'età di inizio dei controlli). Maggiori informazioni in merito - il link è riportato nelle fonti - sono disponibili sul sito dell'Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas (Aisp).
Fonti
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).