Insieme all'attività fisica, il consumo quotidiano di cereali integrali è considerato la prima prevenzione del tumore del colon-retto. Merito della fibra
Da sola, non permetterà di portare a zero i numeri della malattia. Ma le evidenze che vedono la dieta mediterranea agire come uno scudo nei confronti del tumore del colon-retto, il più diffuso con quasi 53.000 diagnosi annue, sono sempre più solide.
Le ultime che giungono dagli Stati Uniti premiano una volta in più i cereali integrali: tanto nella prevenzione della malattia quando nella risposta terapeutica, migliore tra i pazienti che ne consumano in maggiore quantità.
DIETA MEDITERRANEA: QUAL E' IL RUOLO
DEI CEREALI INTEGRALI?
LA FIBRA PER LA PREVENZIONE DEL TUMORE DEL COLON-RETTO
Assieme all'attività fisica, d'aiuto nel mantenimento di un peso corporeo nella norma, il consumo quotidiano di cereali integrali è considerato il migliore antidoto alla malattia.
Più se ne mangiano, minore è rischio di ammalarsi: è questo il messaggio che emerge da un rapporto redatto dall'Istituto e dal Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro.
La metanalisi - realizzata al fine di valutare l'impatto del peso, di vari elementi della dieta e dell’attività fisica sulla probabilità di ammalarsi di tumore - ha dato sostanza a quella che era un'evidenza più volte citata come risultato di singoli studi o di revisioni ridotte.
Tra i consumatori di circa tre porzioni al giorno di cereali integrali, per un apporto complessivo di 90 grammi, il rischio di ammalarsi di tumore del colon risultava ridotto del 17 per cento.
Merito dell'apporto di fibre che, riducendo il tempo di transito del bolo alimentare nell'intestino, diminuiscono l'esposizione della parete del colon a sostanze potenzialmente cancerogene. Altre evidenze protettive hanno riguardato il consumo di alimenti ricchi di vitamina C: come gli agrumi, le fragole e gli spinaci. «Le conclusioni confermano quante possibilità abbia il singolo individuo di proteggersi da questa malattia - afferma Edward Giovannucci, docente di nutrizione ed epidemiologia all'Università di Harvard e curatore del rapporto - Il tumore del colon è uno dei più diffusi, ma è anche vero che concede diverse opportunità per ridurre il rischio di ammalarsi. Senza dimenticare che, mettendo in pratica queste indicazioni, si protegge la salute anche da altre possibili malattie».
COSA NON SCEGLIERE A TAVOLA
Oltre ai comportamenti utili, il dossier ha svelato anche le scelte che ci espongono a un più alto rischio di malattia.
Un'altra bocciatura è emersa riguardo al consumo eccessivo di carni processate, che ribadisce il responso diffuso dall'Organizzazione Mondiale della Sanità due anni addietro.
Conferme sono giunte anche per i consumi eccessivi di carni rosse (più di 500 grammi a settimana) e di bevande alcoliche (due o più drink al giorno), oltre che per il sovrappeso e l'obesità.
Tutte queste indicazioni si rivelano utili non soltanto per prevenire la malattia, ma probabilmente pure per custodire maggiori chance di guarigione, come si evince da uno studio pubblicato sulla rivista Jama Oncology.
In questo caso il beneficio è stato osservato in pazienti già operati per la rimozione di una neoplasia non metastatica, fino a otto anni dopo l'intervento. Analizzando i diari alimentari dei pazienti, i ricercatori statunitensi hanno dedotto che, con soli cinque grammi di fibra in più al giorno, il rischio di morire per il tumore potrebbe ridursi fino al 22 per cento.
«Si tratta di un'evidenza confortante che ha comunque dei limiti, come tutti gli studi di nutrizione che si basano sulla compilazione dei diari alimentari - afferma Riccardo Caccialanza, responsabile del servizio di dietetica e nutrizione clinica del policlinico San Matteo di Pavia -. Le conclusioni, però, non mi sorprendono. Le linee guida degli oncologi americani prevedono infatti di utilizzare nei pazienti le stesse indicazioni che si rivolgono alle persone sane per la prevenzione dei tumori».
TUMORE DEL COLON-RETTO: QUALE PREVENZIONE PRIMA DEI 50 ANNI?
SCREENING: MEGLIO PARTIRE DAI 45 ANNI?
Un'altra opportunità per proteggersi dal tumore del colon è data dallo screening, che consente a uomini e donne tra i 50 e i 69 anni di indagare (a cadenza biennale) la presenza di sangue occulto nelle feci.
Se l’esame dà esito positivo, il protocollo prevede che la persona si sottoponga a una colonscopia.
Tutto ciò senza tenere conto delle differenze su base regionale, che spiegano come mai sei italiani su dieci con più di cinquant’anni non si siano mai sottoposti al test di screening.
Da qualche tempo, però, si discute della possibilità di anticipare l'inizio dello screening di cinque anni: indipendentemente dalla storia clinica di una persona.
Questo perché, secondo alcuni dati presentati a Barcellona in occasione del congresso della Società Europea di Gastroenterologia, la scoperta di polipi e adenomi raddoppia quando lo screening inizia a 45 anni.
Buona parte di questi sono grandi anche meno di cinque millmetri.
Al momento nessuno si sbilancia però sull'opportunità di rimuoverli subito o eventualmente dopo aver effettuato il primo screening, non più di cinque anni più tardi.
Sostieni la ricerca, sostieni la vita. Dona ora per la ricerca contro i tumori del colon-retto
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).