Chiudi
Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 04-02-2019
aggiornato il 02-02-2023

Lotta al cancro: tutti i successi dal 1900 ad oggi



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

La cura del cancro passa dalla prima rudimentale chirurgia e radioterapia ad inizio '900 sino alla rivoluzione dell'immunoterapia. Ecco le principali tappe nella lotta ai tumori

Lotta al cancro: tutti i successi dal 1900 ad oggi

Il cancro fa sempre meno paura. Complice il progresso della ricerca la cura dei tumori è sempre più alla nostra portata. Una storia di successi iniziati già all'inizio del secolo scorso e culminati con l'ultima delle rivoluzioni, l'immunoterapia. In occasione del World Cancer Day, che si celebra ogni 4 febbraio, ripercorriamo le principali tappe della ricerca contro il cancro.

1900 - CHIRURGIA E RADIAZIONI

L'obbiettivo principale nella lotta ai tumori è la loro rimozione dal corpo. Per farlo, dall'inizio della storia della medicina ad oggi, l'approccio principale utilizzato è quello chirurgico. Agli inizi del '900, complice l'avvento delle pionieristiche tecniche di anestesia totale, iniziano le prime rudimentali operazioni chirurgiche volte ad eliminare le masse tumorali. Accanto a questo approccio si affiancano i primi esperimenti di radioterapia. In quegli anni infatti, grazie alla scoperta della radioattività ad opera di Marie Curie, alcuni chirurghi russi incominciano a trattare alcune forme di cancro della pelle mettendole a contatto con sostanze radioattive. L'alba della radioterapia.

1947 - IL PRIMO SUCCESSO NELLA CURA DELLE LEUCEMIE DEI BAMBINI

Per oltre 50 anni la chirurgia e le rudimentali tecniche radioterapiche furono le sole armi nella lotta ai tumori. Lo spartiacque lo si ebbe nel 1947 quando al Children's Hospital di Boston viene documentata la prima parziale remissione di una leucemia acuta in un bimbo di 4 anni grazie all'utilizzo di aminopterina, una sostanza in grado di contrastare i livelli di acido folico e quindi di inibire la crescita delle cellule tumorali. In seguito furono desscritti molti altri casi di guarigione grazie all'utilizzo di questa molecola. Una pietra miliare nella cura delle leucemie se si pensa che prima del 1947 l'aspettativa di vita di questi bambini era di pochi mesi.

1949 - IL PRIMO CHEMIOTERAPICO APPROVATO NELLA STORIA

Nel primo dopoguerra nasce la chemioterapia. Il primo farmaco ad essere approvato è la "mostarda azotata", una molecola che veniva usata a scopi bellici. Il composto in questione, appartenente alla famiglia delle azotipriti, aveva come caratteristica la capacità di modificare il Dna della cellula facendole accumulare così tante mutazioni da condurle a morte. Partendo da questa osservazione -e sapendo che il cancro si moltiplica molto più velocemente delle altre cellule- gli scienziati provarono ad utilizzare la mostarda azotata per eliminare le cellule cancerose. Visti i successi nelle sperimentazioni il farmaco fu il primo ad essere utilizzato nel trattamento del Linfoma di Hodgkin.

1958 - COMBINARE PIU' FARMACI PER SCONFIGGERE LA LEUCEMIA

A fine anni '50 è il campo delle leucemie -essendo tumori del sangue l'accesso nella somministrazione delle terapie è più semplice- quello dove si registrano maggiori successi. Nel 1958 viene dimostrato che la combinazione di due farmaci chemioterapici porta ad una remissione di alcune forme di leucemia acuta sia nei bambini sia negli adulti. Un risultato fondamentale poiché si dimostra che il tumore può essere attaccato su più fronti senza necessariamente ricorrere ad alte dosi di chemioterapico.

ANNI '70 - CURE SEMPRE MENO INVASIVE NEL TUMORE DEL SENO

Lungo tutti gli anni '70 il trrattamento del tumore al seno viene rivoluzionato. Nel 1971 viene dimostrato che nei casi di malattia ai primi stadi si può evitare la mastectomia radicale in favore di un approccio conservativo capace di ridurre il dolore, migliorare il recupero post-operatorio e cambiare radicalmente l'impatto psicologico della mastectomia. Una rivoluzione che porta soprattutto il nome del professor Umberto Veronesi. Nel 1975, grazie ancora al contributo italiano del professor Gianni Bonadonna, viene sdoganato il concetto di terapia adiuvante nel tumore del seno. Dagli studi condotti è stato dimostrato che le donne con tumore al seno, se trattate con chemioterapia dopo l'operazione, hanno minori possibilità di andare incontro a recidiva. Sul finire degli anni '70 il concetto di quadrantectomia, ovvero l'utilizzo di una chirurgia conservativa per alcune forme di tumore al seno, viene definitivamente sdoganata grazie ad uno storico lavoro di Umberto Veronesi pubblicato dal New England Journal of Medicine.

1986 - RIDURRE IL RISCHIO DI RECIDIVA CON IL TAMOXIFENE

Gli anni '80 continuano a portare grandi novità nel trattamento del tumore al seno. Nel 1986 viene approvato l'utilizzo del tamoxifene, una molecola che farà la storia nella prevenzione delle recidive per il tumore al seno. Complice lo sviluppo di tecniche di laboratorio sempre più precise si scopre che i tumori del seno possono essere divisi in due grandi categorie, quelli ormonosensibili e quelli no. I primi hanno infatti la caratteristica di avere sulla loro superficie cellulare dei recettori che possono essere utilizzati per colpire il tumore. Il tamoxifene agisce proprio su di essi. In questo modo, dopo l'operazione, l'utilizzo protratto nel tempo di una terapia ormonale è in grado di ridurre il rischio recidiva e aumentare così le probabilità di guarigione dal tumore al seno. Ad inizio anni '90 si registra poi un'altra grande novità: per la prima volta in assoluto la mortalità per cancro comincia a calare, segno che diagnosi precoce e terapie cominciano a dare frutti.

1997 - IL PRIMO FARMACO A BERSAGLIO MOLECOLARE

A fine anni '90 la lotta al cancro subisce una ulteriore accelerazione. Nel 1997 viene approvata il primo farmaco a bersaglio molecolare. Se sino a quel momento la chemioterapia colpiva indiscriminatamente tutte le cellule (cancerose e non), ora si cominciano a studiare farmaci che interferiscano solo sui meccanismi molecolari. E' questo il caso di rituximab, un anticorpo capace di agire selettivamente su alcuni recettori delle cellule del sistema immunitario. Il farmaco in questione si è dimostrato utile nella cura della Linfomi non Hodgkin a cellule B che non rispondevano ad altri trattamenti.

2004 - TAGLIARE I RIFORNIMENTI AL TUMORE: L'ERA DEGLI ANTIANGIOGENICI

Gli anni duemila si aprono con una novità. Insieme alle armi già in possesso, la ricerca comincia a produrre nuove molecole con un differente target. Ora l'attenzione si sposta sui meccanismi che i tumori mettono in atto per sopravvivere. Nel 2004 viene approvato il bevacizumab, il primo farmaco a bersaglio molecolare antiangiogenico. La molecola in questione agisce bloccando la formazione di nuovi vasi sagnuigni intorno al tumore. In questo modo viene tagliato il nutrimento necessario per crescere. Sperimentato nel tumore del colon-retto presto il bevacizumab comincia ad essere utilizzato nel tumore del polmone, nel tumore del rene e nel tumore dell'ovaio.

2011 - INIZIA L'ERA DELL'IMMUNOTERAPIA

Con il 2011 inizia una vera e propria rivoluzione per le cure anti-cancro. Se sino agli anni duemila l’obbiettivo era quello di sviluppare molecole dirette contro le cellule tumorali, ora nel mirino finiscono le cellule del sistema immunitario. L’idea di fondo alla base dell'immunoterapia è sfruttare la capacità delle cellule che ci difendono di riconoscere la presenza del cancro. Nascono così i primi immunoterapici, molecole capaci di stimolare il sistema immunitario a combattere la malattia. Il primo ad essere approvato, nel 2011, è ipilimumab, un anticorpo capace di cambiare la storia del melanoma metastatico. Oggi, 2019, i dati sulla sopravvivenza ad un melanoma a dieci anni di distanza parlano chiaro: con ipilimumab siamo a quota 20%,Un risultato straordinario se confrontato con l’aspettativa di vita media di 9 mesi con la sola chemioterapia. Dal 2011 ad oggi sono state approvate diverse molecole che hanno reso croniche alcune forme di tumore che prima non lasciavano scampo.

2017 - LA PRIMA TERAPIA GENICA CONTRO IL CANCRO: LA CAR-T

Nel solco dell'immunoterapia e complice lo sviluppo di tecniche di manipolazione del Dna sempre più precise, alcuni tumori che non rispondono alle classiche terapie possono essere affrontati modificando in laboratorio le cellule immunitario del paziente stesso. La tecnica, nota con il nome di Car-T, consiste nel prelievo dei linfociti T del malato per poterli così modificare geneticamente in modo tale che sulla loro superficie esprimano un particolare recettore chiamato CAR (Chimeric Antigenic Receptor). La presenza di CAR ha come effetto un potenziamento dei linfociti che li rende in grado, una volta reinfusi nel malato, di riconoscere e attaccare le cellule tumorali presenti nel sangue e nel midollo fino ad eliminarle completamente. Sperimentata con successo nei tumori del sangue, nel 2017 viene approvata Tisagenlecleucel, la prima Car-T al mondo utile contro alcune forme di leucemia linfoblastica acuta resistente a qualsiasi trattamento.

2022 - L'ERA DEGLI ANTICORPI CONIUGATI NEL TUMORE AL SENO

Al congresso dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO) -il più importante appuntamento mondiale dedicato alle terapia anticancro- sono stati presentati i risultati di Destiny-Breast04, uno studio che cambierà radicalmente la storia del trattamento del carcinoma mammario a bassa espressione del recettore HER2, uno delle tipologie di tumore al seno più diffuso in assoluto. I risultati lasciano poco spazio alle interpretazioni: l'utilizzo di trastuzumab deruxtecan, rispetto alla chemioterapia standard, è in grado di raddoppiare la sopravvivenza libera da malattia e di migliorare significativamente la sopravvivenza globale. Un risultato che cambierà la pratica clinica estendendo l'indicazione sull'utilizzo del farmaco non solo alle donne con malattie HER2+ ma anche a quelle a bassa espressione, sino ad oggi escluse dal trattamento.

Dona ora per la ricerca contro i tumori

Dona ora per la ricerca contro i tumori

Sostieni la vita


Scegli la tua donazione

Importo che vuoi donare

 

Sostieni la ricerca, sostieni la vita. Dona ora per la ricerca scientifica d'eccellenza.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina