Il report annuale dell'ISS avvisa: fumano 12,4 milioni di italiani, non erano così tanti dal 2009
Non è una sorpresa, purtroppo. Le avvisaglie c’erano tutte: in Italia il numero dei fumatori è aumentato, mentre si riduce il numero dei fumatori che smettono o provano a farlo. Lo testimoniano i dati presentati come ogni anno dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in occasione del 31 maggio, Giornata mondiale senza tabacco. Fuma un italiano su quattro (24,2 per cento della popolazione totale) e bisogna tornare indietro al 2009** per trovare una percentuale analoga.
I DATI
Dopo decenni di calo (soprattutto fra gli uomini) e alcuni anni si sostanziale stallo, dunque, il numero dei fumatori è tornato a salire. Oggi sono 12,4 milioni, il 2 per cento in più rispetto al 2019, anno dell’ultima rilevazione. L’aumento riguarda sia gli uomini sia le donne. Fumano più gli uomini giovani (ben il 43 per cento fra i 25 e i 44 anni) e le donne mature (il 24,5 per cento fra i 45 e i 64 anni). Dopo i 65 la prevalenza di fumatori cala di molto; gli ex fumatori sono il 15 per cento della popolazione. Più diffuso il tabagismo al Sud, tanto negli uomini (32,6 per cento) quanto nelle donne (21,6 per cento).
QUANTO SI FUMA?
Si fumano in media 11,5 sigarette al giorno (è un dato in calo, sia pure lento, ma in calo: dieci anni fa se ne fumavano 13,4). I forti consumatori (più di 20 sigarette al giorno) sono soprattutto maschi (25,6 per cento rispetto al 13,4 per cento delle donne). Molto pochi sono i forti fumatori fra i 15 e i 24 anni: quasi la metà dei ragazzi che fumano si limitano a meno di 9 sigarette al giorno, e un’altra quota rilevante (il 45,5%) ne fuma fra 10 e 19.
CHE COSA SI FUMA?
Cala un po’ l’uso di tabacco sfuso e sigarette fatte a mano, che rappresentano quasi il 15 per cento del consumo, a fronte di un 85 per cento di sigarette confezionate. Aumentano gli utilizzatori di sigarette a tabacco riscaldato, che triplicano rispetto al 2019 e diventano il 3,3 per cento della popolazione. Oltre un terzo delle persone le considera meno dannose di quelle tradizionali.
MENO ATTENTI AL FUMO PASSIVO
Questa percezione si rifletta anche in un calo dell’attenzione sul fumo passivo. Sono infatti passati 17 anni dall’entrata in vigore della legge n.3 del 2003 “Tutela della salute dei non fumatori”, nota come legge Sirchia, e non fumare negli ambienti chiusi è diventato un comportamento acquisito e approvato dalla gran parte delle persone. Eppure ancora il 22,6 per cento dei fumatori dichiara di esporre al fumo passivo i bambini. Parallelamente, recita il report dell’ISS «il 66,8% degli utilizzatori di e-cig (erano il 62,6% nel 2019) ed il 74,6% dei fumatori di sigarette a tabacco riscaldato (erano il 62% nel 2019) si sentono liberi di usare questi prodotti nei luoghi pubblici (mezzi di trasporto pubblici, privati, locali, bar, ecc..). Gli incrementi percentuali registrati nel 2022 degli utilizzatori di entrambe le tipologie di prodotti disposti a trasgredire i divieti di fumo, mandano un ulteriore chiaro segnale di allerta nei confronti di una legislazione ancora troppo fragile nei confronti dei prodotti diversi dalla sigaretta tradizionale». In altre parole, se c’è chi spera di abbandonare le sigarette con le sigarette elettroniche e tabacco riscaldato, molti fumatori sembrano piuttosto utilizzarle come dispositivi per continuare ad assumere nicotina anche dove non si può accendere una sigaretta tradizionale.
«Il dato di quest’anno – dice Roberta Pacifici, responsabile del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’ISS – ci conferma come la pandemia abbia significativamente influenzato le abitudini al consumo dei prodotti del tabacco e di nicotina degli italiani. I nuovi prodotti del tabacco e le e-cig si sono aggiunti al consumo delle sigarette tradizionali e i loro utilizzatori infatti sono quasi esclusivamente consumatori duali».
CHI AIUTA CHI VUOLE SMETTERE?
Nel frattempo, sempre meno persone provano a smettere: se nelle indagini del 2008 fra il 40 e il 45 per cento dei fumatori in Italia aveva provato a smettere nei 12 mesi precedenti, nel 2020 il dato è crollato al Sud (intorno al 30 per cento) e al Centro, restando in crescita solo al Nord. Pochi, poi, ce la fanno: l’11 per cento è astinente da meno di sei mesi e il 9,6 per cento da più di sei mesi. Questi dati sollevano il grande tema di cosa si sta facendo per aiutare chi vuole smettere, ricordando che il tabacco provoca dipendenza, che non si tratta di un comportamento meramente voluttuario o come spesso si dice, di un “vizio”. Per questo investire in centri antifumo, personale preparato, visite, esami, strumenti terapeutici, investire in ricerca indipendente sul tabagismo e sulla disassuefazione è una necessità urgente, di alto profilo etico e certamente con un ottimo bilancio fra costi e benefici, se si considera che il tabacco, fra costi diretti e indiretti, in Italia costa almeno 26 miliardi l’anno.
L’Iss ha presentato la piattaforma “Smettodifumare” (https://smettodifumare.iss.it) con la mappa geolocalizzata dei Centri Antifumo presenti sul territorio nazionale. Resta sempre attivo il Telefono Verde contro il Fumo (TVF) 800 554088
IL FUMO DANNOSO PER LE PERSONE E PER L'AMBIENTE
Quest’anno l’OMS ha dedicato la giornata del 31 maggio all’impatto del tabacco sull’ambiente. «Ogni anno l'industria del tabacco costa al mondo oltre 8 milioni di vite umane, 600 milioni di alberi, 200.000 ettari di terreno, 22 miliardi di tonnellate di acqua e 84 milioni di tonnellate di CO2». La Cina in questi anni ha più che triplicato la produzione di tabacco, altri grandi produttori sono Brasile, India, USA, Indonesia e diversi altri paesi, quasi tutti a basso reddito. Le tecniche agricole usate per coltivare il tabacco non sono ecologicamente sostenibili, provocano deforestazione (che si traduce fra l’altro anche in un aumento dell’effetto serra), consumo di suolo, uso di pesticidi e impoverimento del suolo, abbattimento di alberi per avere legna necessaria ad affumicare le foglie. E così via sino al tema dei rifiuti: la plastica degli involucri, accendini e device vari per svapare, i mozziconi (tossici, ci mettono da 1 a 15 anni per degradarsi, nel 2006 erano il 40 per cento dei rifiuti trovati nel Mar Mediterraneo, si trovano nello stomaco di pesci e uccelli).
Prima di stasera, in una sola giornata e solo nel nostro paese, saranno circa 143 milioni i mozziconi buttati, oltre la metà dei quali nell’ambiente.
**EDIT: il testo è stato corretto e aggiornato in data 2/5/2023 per recepire la correzione di un refuso nel comunicato dell'Istituto Superiore di Sanità: l'anno di inizio del trend discendente è il 2009 e non il 2006
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Fonti
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.