Secondo un nuovo studio statunitense, i giovani adulti potrebbero essere più suscettibili alla dipendenza da nicotina rispetto agli adulti di mezza età
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Un nuovo studio statunitense suggerisce che i giovani tra la fine dell'adolescenza e i 25 anni potrebbero essere più sensibili alla nicotina e più vulnerabili alla dipendenza rispetto agli adulti di mezza età.
Poiché si tratta di una ricerca sperimentale condotta sui topi, saranno necessarie ulteriori conferme per verificarne la validità negli esseri umani. Tuttavia, i dati ottenuti sono promettenti e offrono spunti di riflessione rilevanti, soprattutto in un periodo in cui il consumo di nicotina si è notevolmente diversificato con l’introduzione di nuovi prodotti commerciali, come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato.
LO STUDIO
Lo studio, pubblicato sulla rivista Behavioral Pharmacology, è stato condotto dallo studente di dottorato Carlos Novoa e dal suo supervisore, il professor Thomas Gould, presso il Dipartimento di Salute Biocomportamentale della Pennsylvania State University. I risultati della ricerca evidenziano che l'assunzione di nicotina comporta una riduzione del movimento nei giovani adulti in misura significativamente maggiore rispetto ai topi di mezza età, mentre la durata è la medesima. Questo suggerisce che gli effetti della nicotina variano in base all'età. I giovani adulti mostrano una risposta più intensa, il che potrebbe aumentare la loro vulnerabilità alle conseguenze della sostanza e favorire una maggiore predisposizione alla dipendenza.
«I giovani adulti sono più propensi a fumare o svapare per il piacere della sensazione, mentre gli adulti più anziani lo fanno più spesso per gestire lo stress o perché già dipendenti», ha dichiarato Novoa. «Se la risposta iniziale è più intensa, il rischio di sviluppare dipendenza potrebbe essere maggiore».
NICOTINA E DIFFERENZE DI ETÀ
Studi precedenti avevano già evidenziato come la nicotina influisca diversamente su bambini, adolescenti e giovani adulti. Questo nuovo studio ha dimostrato che persino all'interno della fascia adulta ci sono variazioni: i topi giovani adulti, di circa due mesi, rispondono in modo più intenso a una dose di nicotina rispetto ai topi di mezza età, di circa otto mesi.
«Questo studio è una conferma del fatto che la relazione dell’individuo con la nicotina ha delle caratteristiche diverse nelle varie fasi della vita», commenta la dottoressa Elena Munarini, psicologa e psicoterapeuta presso il Centro antifumo della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e componente del Comitato scientifico per la lotta al fumo di Fondazione Umberto Veronesi. «Questo vale per la sperimentazione e i primi utilizzi, ma anche per il tipo di rapporto che si stabilisce con essa nel tempo: l’effetto piacevole sperimentato da giovani si riduce, sostituito dalla convinzione che il fumo sia indispensabile per gestire le attività quotidiane e quindi non è più una scelta».
ALTRI EFFETTI DELLA NICOTINA
Oltre alla riduzione del movimento, la nicotina ha avuto un effetto ipotermico sui topi, abbassando la loro temperatura corporea. Sebbene entrambi i gruppi abbiano sperimentato questa reazione, il calo di temperatura è avvenuto più rapidamente nei giovani adulti.
Gli studiosi hanno spiegato che questi effetti fisiologici indicano l'attivazione del sistema colinergico, uno dei principali sistemi di neurotrasmissione del cervello. Pur riconoscendo le differenze tra topi e esseri umani, Gould ha sottolineato che il meccanismo sottostante potrebbe essere simile anche nell'uomo.
«Nei topi è possibile vedere gli effetti della nicotina sull’attivazione dei sistema colinergico (riduzione del movimento e della temperatura) – prosegue Elena Munarini – e l’ipotesi che ciò avvenga anche nell'uomo, seppure con manifestazioni diverse, permette di immaginare la pervasività dell'effetto di questa sostanza a livello non solo cerebrale, ma di tutto il corpo».
VERSO STUDI PIÙ MIRATI
Questi risultati potrebbero avere implicazioni importanti per le politiche di prevenzione e per i trattamenti di cessazione del fumo. Attualmente, meno del 10% dei tentativi di smettere di fumare ha successo, secondo i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC).
«Dobbiamo comprendere come la nicotina influisca sulle persone in base alle loro caratteristiche individuali, inclusa l'età, per migliorare la prevenzione e i trattamenti», ha affermato Novoa. In Italia l’età legale per acquistare prodotti a base di tabacco e nicotina è 18 anni, mentre negli Stati Uniti 21, ma un ragazzo così giovane «potrebbe essere più vulnerabile alla dipendenza rispetto a un quarantenne».
«Nella clinica vediamo quanto incida il fatto di iniziare a fumare presto sul numero di sigarette fumate quotidianamente da adulti che sono di solito di più rispetto a chi inizia più tardi», prosegue la Munarini. «Questa ricerca ribadisce il concetto che più tardi si viene a contatto con la nicotina e meglio è. Il divieto italiano ai minori di 18 anni, oltre che essere rispettato solo raramente, appare comunque inadeguato. Per quello che riguarda la possibilità di acquistare prodotti con nicotina bisognerebbe fissarlo ulteriormente avanti nel tempo».
PRIMA SI SMETTE, MEGLIO È
Per concludere, la dottoressa Elena Munarini ricorda che «non è mai troppo presto per smettere di fumare, perché se è vero che da giovani gli effetti della nicotina sono più forti, è anche vero che c’è una maggiore plasticità. Tra i 20 e i 35 anni, quando c’è una buona motivazione, le chance di riuscire a smettere di fumare senza troppa fatica sono decisamente più alte».
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Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile