Una ricerca su donne sottoposte a radioterapia per tumore al seno mostra nelle fumatrici un rischio molto più alto di effetti avversi per i polmoni e per il cuore. Gli esperti: stop al fumoalmeno tre giorni prima della prima seduta
La radioterapia è un trattamento indispensabile alla cura di molti tumori, ma si accompagna a possibili effetti collaterali anche gravi, come secondi tumori e danni cardiaci. Conseguenze che risultano più probabili nei fumatori, come si evince da una ricerca pubblicata sul Journal of Clinical Oncology, secondo cui le donne fumatrici trattate con la radioterapia per curare un tumore al seno hanno un rischio più elevato di sviluppare un tumore del polmone (sullo stesso lato) rispetto alle pazienti non fumatrici. Uno scenario analogo pone la malattia oncologica accompagnata dal fumo a un rischio più elevato di andare incontro a un arresto cardiaco. Per ridurre al minimo questa probabilità, ogni donna ha un’opportunità da cogliere: eliminare il fumo di sigaretta.
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IL FUMO ACCRESCE IL RISCHIO PER UN SECONDO TUMORE (DEL POLMONE) E PER UN ARRESTO CARDIACO
I ricercatori sono giunti a questa conclusione attraverso una duplice analisi: prima passando in rassegna i risultati di 75 studi clinici randomizzati mirati e valutare l’incidenza del secondo tumore o di un attacco di cuore in donne che s’erano sottoposte alla radioterapia, poi esaminando la letteratura più recente per tenere conto anche della maggior accuratezza con cui oggi agiscono gli acceleratori lineari. I risultati sono stati convergenti: smettere di fumare prima di iniziare la radioterapia è la migliore scelta che ogni paziente oncologico possa compiere. Aspetto peraltro deducibile anche da un altro lavoro, pubblicato già nel 2008 sul Journal of Clinical Oncology. Il consiglio, come spiega Roberto Boffi, responsabile del centro antifumo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, «è quello di farlo almeno tre giorni prima, rispetto alla prima seduta». Da qui l’importanza di supportare le donne in questo senso, visto che il contraccolpo psicologico legato alla malattia rischia di rendere più irta di ostacoli la strada verso la disassuefazione dal fumo. «Il rischio di sviluppare un tumore del polmone indotto dal fumo rimane comunque sempre più alto di quello che matura dal trattamento con i raggi X, che oggi è sempre più mirato: proprio per limitare l’irradiazione alla zona colpita dalla malattia».
RAGGI X E FUMO DI SIGARETTA: UNA SINERGIA DA EVITARE
I ricercatori hanno voluto porre l’accento sull’effetto sinergico determinato dal fumo di sigaretta, ritenuto un fattore di rischio nei confronti di 17 tumori. I raggi X sono radiazioni ionizzanti che, rischiando di intervenire a livello genetico, possono essere coinvolti con lo sviluppo di tutti i tipi di tumore. Ma quando si ricorre all’irradiazione a scopo di cura, le dosi più elevate sono motivate dal quadro clinico. Ovvero: il lieve aumento di rischio risulta giustificato dai benefici apportati dal trattamento. Eliminare il fumo, di conseguenza, diventa il primo passo da compiere. «Far smettere una persona di fumare non è mai facile - prosegue Boffi - e lo è ancora meno quando si ha di fronte un malato oncologico. Ma in questo caso la sfida diviene più avvincente. L’obiettivo è coinvolgere psicologicamente il paziente, facendogli capire quanto una sua scelta possa essere in grado di condizionare il percorso di cura. Smettere di fumare, in questo caso, è ancora più importante di quanto non lo sia nella popolazione sana».
UN CONSIGLIO VALIDO ANCHE IN ALTRE SITUAZIONI
Un’associazione pressoché analoga a quella che c’è tra il tumore al seno e il tumore secondario del polmone (che quando si sviluppa, lo fa sullo stesso lato del seno operato) si può verificare tra i tumori della testa e del collo trattati con la radioterapia e quelli delle vie aeree inferiori (laringe e faringe) o del tubo digerente (esofago e stomaco). Idem dicasi tra i linfomi (primari) e i tumori al seno o del polmone (secondari). Motivo a per cui, secondo il principio di precauzione, anche in questo caso conviene abbandonare le sigarette. «La radioterapia, da sola o post-operatoria, ha lo scopo di ridurre il rischio di recidive - chiosa Vincenzo Valentini, direttore della radioterapia oncologica al policlinico Gemelli di Roma -. Siamo sempre al lavoro per minimizzare la dose di tessuto sano che viene colpito dalle radiazioni. Quanto al fumo, far cessare il vizio nei pazienti aumenta le chance di guarigione e riduce il rischio di sviluppare un secondo tumore».
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).