Tumore dell'esofago
CHE COS’È
L’esofago è un organo a forma cilindrica dell’apparato digerente che permette agli alimenti introdotti nel cavo orale, di raggiungere lo stomaco, dove prosegue il processo digestivo. È lungo all’incirca venticinque centimetri e la sua parete consta di tre strati concentrici: i due più esterni di tessuto muscolare, il più interno invece è il cilindro mucoso.
La sua attività è propulsiva, cioè funge da pompa per spingere il bolo alimentare verso la cavità gastrica da cui è separato da una struttura muscolare funzionale che assume il ruolo di valvola ed ha lo scopo di prevenire il reflusso di contenuto gastrico, lo sfintere esofageo inferiore.
Il tumore dell’esofago, che colpisce prevalentemente gli uomini con un’incidenza crescente dai cinquant’anni in su, può avere origine da due tipi di cellule: quelle epiteliali che costituiscono la mucosa (si parla di carcinoma squamoso) e quelle ghiandolari (adenocarcinoma) che si possono trovare in modo anomalo in sede esofagea, soprattutto come risposta riparativa rispetto ad una malattia cronica da reflusso non adeguatamente trattata.
L’incidenza di questo secondo tipo di tumore negli ultimi trent’anni è in considerevole aumento e la diagnosi di una malattia da reflusso severa con presenza di “esofago di Barrett” - la trasformazione ghiandolare dell’epitelio mucoso dell’esofago che attraverso l’insorgenza di displasia è da considerarsi la lesione da cui si innesca il processo cancerogeno - è indispensabile per la prevenzione e/o la diagnosi precoce.
In fase iniziale, il tumore all’esofago non si presenta con dei sintomi chiari e la diagnosi è appunto frutto magari di programmi di screening, di follow-up dell’esofago di Barrett in sorveglianza endoscopica, per diagnostica fatta per altri motivi. Quando il tumore è invece in fase avanzata, la difficoltà a deglutire e a far procedere il bolo alimentare nelle vie digestive superiori, la disfagia, è il sintomo cardine. Rigurgito e scialorrea (rigurgito di saliva che non procede in senso anterogrado per l’ostruzione esofagea) sono i sintomi più comuni quando la massa determina un restringimento del lume esofageo e quindi un ostacolo al transito.
La perdita di peso è la logica conseguenza della difficoltà ad alimentarsi mentre meno specifici invece la stanchezza, il calo di rendimento, l’inappetenza, e il dolore toracico.
DIAGNOSI
La corretta diagnosi si basa sulla esofagogastroscopia mentre opzionale e necessario in soli casi particolari è la radiografia con bario della via digestiva. La radiografia permette di riconoscere la presenza di alterazioni morfologiche e funzionali delle prime vie digestive, non per forza collegate alla presenza di una lesione tumorale ed è meno specifica della gastroscopia che invece consente di individuare la lesione, localizzarne la sede esatta lungo il tratto esofageo e di effettuare un prelievo di tessuto.
Una volta fatta la diagnosi occorre stadiare la malattia, cioè valutare la sua estensione verso i linfonodi loco-regionali e la sua possibile estensione ad altre strutture limitrofe (bronchi, aorta, pericardio).
Per questi accertamenti gli esami necessari sono una Tac dell'addome e del torace con mezzo di contrasto e (nei casi in cui la neoplasia non abbia completamente ostruito il lume dell’esofago) la ecoendoscopia, cioè un esame in cui allo strumento endoscopico flessibile è abbinata una sonda ecografica che consente una ecografia da contatto della parete esofagea e quindi l’esatto studio dei tessuti limitrofi.
Una volta effettuati entrambi, la Tac-pet è un ulteriore esame utile ad accertare l’eventuale presenza di metastasi a distanza.
La malattia può presentarsi in quattro diversi stadi. In questo modo si ottiene la stadiazione clinica che consente quindi di classificare i tre elementi caratteristici del tumore: il T (penetrazione del tumore negli strati della parete esofagea), il N (i linfonodi potenzialmente coinvolti dalla neoplasia), il M (la presenza di metastasi a distanza).
FATTORI DI RISCHIO
I tumori sono malattie multifattoriali e, anche nel caso dell’esofago, le cause possono essere genetiche o legate allo stile di vita. Tra i fattori genetici, si riconosce una maggiore incidenza del tumore (nella forma squamocellulare) nelle persone affette da tilosi palmare e plantare, una rara malattia ereditaria contraddistinta da ipercheratosi del palmo della mano e della pianta dei piedi.
Quanto agli stili di vita, il consumo di alcol e tabacco rappresenta il fattore di rischio più rilevante. Le persone che consumano fumo e alcol assieme hanno una probabilità considerevolmente più alta rispetto alla popolazione generale. Anche la dieta è importante per prevenire il tumore dell’esofago.
Il consumo regolare di frutta e verdura, un adeguato apporto di vitamina A e il mantenimento del peso forma contribuiscono a ridurre il rischio oncologico. Le malattie specifiche dell’esofago che invece favoriscono lo sviluppo del tumore sono l’acalasia (un’alterazione della motilità della muscolatura dell’organo) per quanto riguarda il tumore squamocellulare e la malattia da reflusso o meglio l’esofago di Barrett che a essa può conseguire per quanto riguarda l’adenocarcinoma.
La prevenzione della malattia si basa dunque sulla scelta di evitare l’alcol e il fumo e sul rispetto di una dieta equilibrata e di uno stile di vita attivo (limitare i fattori di rischio) ma certamente in un attento monitoraggio delle condizioni predisponenti per poter arrivare ad una diagnosi precoce, la migliore garanzia di cura.
COME SI CURA
La scelta della terapia dipende dalla sede e dallo stadio del tumore, dall'età e dalle condizioni generali del paziente ed è comunque il frutto di una valutazione multidisciplinare. Oggi si tende a operare direttamente solo i casi con una diagnosi estremamente precoce mentre quelli, seppure tecnicamente resecabili, che si presentano con una malattia “localmente avanzata” (cioè con un T che abbia superato la mucosa e con un N sospetto per metastasi linfonodale) sottoponiamo i pazienti ad un trattamento combinato in cui la chemio o la chemioradioterapia precedono la chirurgia.
Il razionale di questo atteggiamento risiede innanzitutto nel provvedere allo stato generale del paziente e iniziare un progetto di cura immediatamente, rimandando la chirurgia a una fase in cui il paziente è in condizioni generali migliori e quindi meno a rischio, in secondo luogo nel consentire al paziente il cui esame istologico necessiterebbe appunto di una chemio o chemioradioterapia, di beneficiare di questi trattamenti prima della chirurgia riservando la fase postoperatoria al recupero e non alla ulteriore cura.
Chirurgia
L'intervento consiste nell'asportazione più o meno estesa dell'esofago e dei linfonodi regionali (esofagectomia con linfoadenectomia regionale) e nella ricostruzione del canale alimentare congiungendo la porzione sana residua generalmente con lo stomaco opportunamente trasformato con la forma di un “tubulo”.
Occasionalmente e solo in situazioni particolari per la ricostruzione possono essere usati altri visceri (l’intestino tenue o il colon) opportunamente peduncolizzati sui loro vasi. L’esofagectomia può essere eseguita per via transtoracica (quindi con un accesso addominale e toracico, con tecnica aperta o laparo/toracoscopica) o per via transmediastinica (a torace chiuso cioè senza aprire il torace).
Se il tumore è molto superficiale è possibile eseguire una resezione endoscopica della mucosa (mucosectomia endoscopica o dissezione sottomucosa), tecnica riservata ad endoscopisti particolarmente esperti.
Chemioterapia
Il trattamento con farmaci chemioterapici - assunti per via orale o endovenosa - mira a sopprimere selettivamente le cellule cancerose. Nel caso del tumore all’esofago la chemioterapia è usata generalmente assieme alla radioterapia nei pazienti prima di intervenire chirurgicamente (terapia neoadiuvante nelle neoplasie localmente avanzate) oppure come terapia definitiva in quelli in cui la chirurgia non è indicata. I farmaci più usati sono il carboplatino, il taxolo, il cisplatino e il 5-fluorouracile.
Radioterapia
La radioterapia prevede l'impiego di radiazioni ad alta energia per distruggere le cellule tumorali. Le moderne attrezzature consentono di indirizzare in modo estremamente specifico e preciso le radiazioni risparmiando al massimo di procurare danni alle strutture circostanti.
Gli anticorpi monoclonali
Le conoscenze maturate negli ultimi anni sul genoma della malattia hanno permesso l’avvio di diverse sperimentazioni cliniche con farmaci biologici.
QUANTO È DIFFUSO
Stando ai dati riportati nel volume "I numeri del cancro in Italia", nel 2023 saranno 2480 i nuovi casi annui di malattia nel nostro Paese. In molti Paesi sviluppati si osserva una progressiva diminuzione delle forme squamose, presente anche in Italia tra gli uomini, e un aumento degli adenocarcinomi. La mortalità per carcinoma esofageo rappresenta l’1% di tutti i decessi per tumore.
I carcinomi dell’esofago sono caratterizzati da una prognosi molto sfavorevole. Ad oggi, a 5 anni dalla diagnosi, sono vivi il 13% degli uomini e il 22% delle donne. L’elemento tuttavia di maggiore importanza ormai assodato in Italia e all’estero, è che proprio per la complessità della patologia i risultati migliori in termini di cura (gestione multidisciplinare della patologia, morbilità e mortalità perioperatoria, sopravvivenza libera da malattia e sopravvivenza a distanza) si ottengono nei centri cosiddetti ad “alto volume”, quelli cioè in cui la consuetudine alle problematiche di questi malati permette di offrire in tempi brevi le risposte più adeguate.
Consulenza: Riccardo Rosati, primario del reparto di chirurgia gastroenterologica, del peritoneo e dei trapianti dell'ospedale San Raffaele - Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico di Milano
NOTA BENE: le informazioni in questa pagina non possono sostituire il parere e le spiegazioni del tuo medico
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