Tabacco, dipendenza, salute, diritti, tassazione e prevenzione sono stati alcuni dei temi discussi durante l'incontro promosso da Fondazione Veronesi e European Cancer Organisation
La prevenzione primaria e in particolare il contrasto al fumo non è un'opzione accessoria, ma un fondamento della sostenibilità dei sistemi sanitari e della salute degli europei. Questo un passaggio chiave del messaggio che il ministro della Salute Roberto Speranza ha voluto lasciare in apertura dell'incontro “TABACCO, SALUTE E SOSTENIBILITÀ. Strategie per un’Europa libera dal fumo”, organizzato da Fondazione Umberto Veronesi in collaborazione con l'European Cancer Organisation (ECO) il 20 maggio presso l'Università Bocconi di Milano. «Se c'è una lezione di fondo che ci è arrivata da questi mesi così drammatici - ha dichiarato il ministro - è esattamente questa: le politiche per la salute, la sanità, non possono essere considerate semplicemente un tema nazionale, un tema da delegare a una vicenda locale territoriale o appunto da chiudersi e risolversi dentro uno Stato. Si capisce sempre di più ed è sempre più evidente a tutti che le politiche per la salute sono una grande questione internazionale e che come tale esse vanno naturalmente affrontate».
L'evento si è avvalso del contributo scientifico di Università Bocconi CERGAS (Centro di ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale), con il Patrocinio del Comune di Milano. Sono intervenuti esperti e protagonisti del mondo scientifico e delle istituzioni. Ecco alcuni dei passaggi principali della discussione.
Letizia Moratti, Vice presidente e Assessore al Welfare di Regione Lombardia ha sottolineato: «L’impatto economico del fumo sul sistema sanitario è un tema tutt’altro che trascurabile. Dobbiamo lavorare anche per un sistema di screening per anticipare la diagnosi di tumore al polmone».
Ha puntato il dito sui lacci della nicotina Lamberto Bertolè, Assessore al Welfare e Salute del Comune di Milano: «La scelta del fumo non è una scelta di libertà. La scelta del fumo diventa una dipendenza. Occorre promuovere una cultura della prevenzione».
Dolors Montserrat, Deputata al Parlamento Europeo, Commissione UE per l'ambiente, la salute pubblica e la sicurezza alimentare (ENVI) e già Ministra della Salute spagnola è stata molto chiara: «In questa legislazione europea abbiamo fatto della lotta contro il cancro una delle nostre priorità assolute, creando una commissione speciale contro il cancro con tutti i gruppi politici. Il Piano Europeo per la lotta contro il cancro, approvato dal Parlamento lo scorso febbraio, segna un passo storico senza precedenti, un cambio di paradigma delle politiche sanitarie europee con maggiori risorse, nuovi strumenti e una rinnovata volontà di porre fine al cancro».
Si può fare, ha sottolineato Joachim Schutz, Branch Head della sezione Epidemiologia ambientale e stili di vita dell'IARC, l'agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell'OMS: «Nel 2022, in Europa, il tabacco resta ancora la principale causa di cancro. E con l'invecchiamento generale della popolazione europea il numero dei pazienti ammalati di tumore a causa del fumo continua ad aumentare. Entro il 2040 registreremo in Europa 5.2 milioni di nuove diagnosi di tumore ogni anno. Un incremento di oltre un milione in 20 anni. Smettere di fumare è cruciale per ridurre questo numero e il forte declino dei casi di tumore fumo-correlati in alcuni paesi dimostra chiaramente che cosa è possibile fare». E poi: la prevenzione primaria (fare il possibile affinchè le persone non inizino a fumare e aiutare chi vuole smettere a scrollarsi di dosso la nicotina) «richiede tempi lunghi. Ecco perchè è necessario agire subito».
Alessandra Moretti, eurodeputata e membro della Commissione UE per l'ambiente, la salute e la sicurezza alimentare, ha sottolineato la necessità di uno scatto in avanti: «La lotta al fumo ha bisogno di un salto di qualità. Le politiche portate avanti fino ad oggi hanno funzionato: molte meno persone oggi fumano rispetto a qualche decennio fa. Ma occorre essere consapevoli che nella lotta al fumo, non potremo vincere con un solo strumento. Potremo invece farcela utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, leva fiscale, cultura, educazione con una serie diversificata di azioni dalle limitazioni al fumo negli spazi pubblici, al divieto di aromi caratteristici; e così via. Solo una strategia organica e ampia potrà sconfiggere questa piaga e ottenere l’obiettivo della tobacco-free generation». Quest'ultimo è il traguardo esplicitato nel Beating Cancer Plan, che si propone di arrivare nell'arco di pochi anni ad un 5 per cento di fumatori in Europa, a fronte dell'attuale 25 per cento.
Come? Giulia Veronesi, direttrice del programma di Chirurgia Robotica toracica all'IRCCS San Raffaele di Milano: «Laddove i prezzi delle sigarette aumentano, diminuisce il consumo. Non dimentichiamo però che il fumo è una dipendenza e come tale va trattata. Inoltre non possiamo dimenticarci di chi a causa del fumo si ammala: investire in programmi di screening per il tumore al polmone nei forti fumatori è fondamentale. Oltre a salvare vite diminuiamo drasticamente i costi associati al trattamento della malattia».
Giovanni Apolone, direttore scientifico dell'IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: «Conosciamo gli effetti dannosi del fumo sulla salute degli italiani. Non solo sul cancro, ma sulle malattie cardiovascolari e respiratorie. Conosciamo anche le possibili azioni da implementare per contrastare questa abitudine, che vanno dalla prevenzione primaria a quella terziaria. La ricerca e le esperienze sul campo, non sempre positive, ci suggeriscono però che essendo le cause multi-fattoriali, gli interventi devono essere multipli e integrati, nel contesto di un piano unico. Ad esempio, nei prossimi programmi di screening della malattia polmonare, tumorale e non, la diagnosi precoce deve essere affiancata da interventi anche farmacologici per ottenere una più efficace smoking cessation». Insomma, non si può pensare di ridurre il danno del fumo in termini di malattia (con gli screening, ad esempio), senza migliorare gli strumenti per aiutare i fumatori a smettere.
Molti interventi, durante l'incontro, si sono concentrati sull'opportunità della leva fiscale, ovvero sull'aumento della componente della tassazione che permette di ridurre i consumi e aumentare le risorse disponibili per contrastare il fumo e alleviare il suo impatto devastante sulle persone. E sulle risorse comuni, dato che solo in Italia si calcolano 26 miliardi l'anno di costi diretti e indiretti dovuti al fumo. Giovanni Fattore, Professore Ordinario di Health Policy presso SDA Bocconi School of Management e Università Bocconi, ha spiegato come: «Aumentare il prezzo del tabacco porta ad una diminuzione dei fumatori. Un aumento del 10 per cento nel prezzo causa una riduzione del 3-4 per cento del consumo. Con un prezzo di 10 euro a pacchetto, non lontano da ciò che accade in alcuni Stati, potremmo avere una riduzione nel numero di fumatori del 30-40% non intaccando le entrate fiscali derivanti dalla vendita. Chi continuerà a fumare pagherà un prezzo molto elevato. In quel 60% che continua a fumare con pacchetti a 10 euro, per un forte fumatore un terzo del reddito finisce in fumo. Ecco perché occorre discutere anche di equità sociale. Mancano sufficienti investimenti per aiutare le persone a smettere di fumare. Tutte le attività (visite, farmaci, ndr) non sono inserite nei LEA, i livelli essenziali di assistenza. Con le entrate derivanti dagli aumenti bisogna investire in percorsi di smoking cessation».
Mike Morrissey, CEO di European Cancer Organisation ha concluso ribadendo forte e chiaro: «La tassazione del tabacco è una misura fondamentale per salvare vite». (Qui l'intervista completa).
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