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Daniele Banfi
pubblicato il 30-03-2017

Vaccini e operatori sanitari: l'obbligo non è la sola via



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Investire di più nel percorso di studi, in organizzazione delle strutture sanitarie e in campagne di informazione. Solo così gli antivaccinisti peseranno sempre meno

Vaccini e operatori sanitari: l'obbligo non è la sola via

A differenza di quanto si è portati a pensare gli operatori sanitari - per la loro scarsa propensione a sottoporsi ai vaccini - sono un anello debole ampiamente documentato nella catena di trasmissione delle malattie infettive. Secondo i dati presentati alla Conferenza nazionale Medice cura te ipsum -del tutto comparabili alle statistiche disponibili a livello europeo- medici, infermieri ed altri professionisti in campo sanitario tendono a snobbare la vaccinazione. Un esempio? Solo il 31,4% in media dichiara di essersi sottoposto alla vaccinazione antinfluenzale nella stagione appena conclusa: la metà dei medici intervistati e meno di uno su quattro tra infermieri e altri operatori. «Un comportamento errato che -secondo il professor Pierluigi Lopalco, docente di igiene all’Università di Pisa, già responsabile del Programma malattie prevenibili con vaccino del Centro europeo per il controllo delle malattie di Stoccolma (ECDC)- fa il gioco degli antivaccinisti». Quali misure dunque adottare? Può l'obbligatorietà risolvere il problema?

LE RAGIONI DELLA DIFFIDENZA SIMILI A QUELLE DELLA POPOLAZIONE GENERALE

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Come spiega la dottoressa Maria Grazia Pascucci, pediatra e referente per il programma vaccinale della Regione Emilia Romagna, «Nella nostra Regione i tassi di vaccinazione negli operatori sanitari oscillano da un anno all’altro in relazione ai falsi allarmi riportati dalla cronaca, esattamente come accade nella popolazione generale. Non è accettabile che un medico o un infermiere sia vittima della disinformazione come un qualunque altro cittadino. Se non ci si vuole vaccinare, non si dovrebbe ottenere l’idoneità a svolgere mansioni a contatto con i pazienti più fragili». Ma da dove nasce la diffidenza? Secondo gli esperti riunitisi a Pisa le dinamiche che portano medici, infermieri e tutti gli operatori sanitari che gravitano intorno agli ospedali sono del tutto simili a quelle della popolazione generale. Il professor Icardi del San Martino di Genova, citando un report dell'ECDC, traccia un quadro desolante: «Preoccupazione relativa agli effetti indesiderati, sfiducia nei confronti delle istituzioni e delle case produttrici sono tre delle principali motivazioni che portano molti operatori a non vaccinarsi». Motivazioni alle quali si aggiunge una maggiore propensione a considerare il vaccino come strumento per proteggere solo sé stessi e non i pazienti in corsia.


OBBLIGARE NON SEMPRE E' LA VIA GIUSTA

Come uscire da questo stato dal momento che i vaccini sono -senza ombra di dubbio- lo strumento più efficace per ridurre la circolazione delle malattie infettive? Può l'obbligatorietà essere considerata uno strumento valido? Secondo Darina O’Flanagan, consulente ECDC ed ex direttrice del programma vaccinale irlandese, la risposta è negativa: «Inserire l’obbligatorietà consente di ottenere risultati più rapidi, ma a costo di un contenzioso legale non indifferente. All’obbligo bisognerebbe fare ricorso solo quando nessun’altra via è percorribile. L’esempio del Regno Unito e di altri Paesi mostra invece che è possibile far risalire le coperture con un forte impegno e un investimento sui servizi, oltre che sull’acquisto dei vaccini».

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«A un problema complesso come questo, che riconosce molteplici cause, dalle carenze culturali e comunicative a quelle organizzative ed economiche, si può rispondere solo con un approccio multidisciplinare» spiega il professor Gaetano Privitera, responsabile di Igiene ospedaliera, epidemiologia e rischio clinico presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana. I campi su cui giocare dunque sono molti. Secondo gli esperti una maggior preparazione nel percorso degli studi, incentivi a chi si vaccina, campagne di sensibilizzazione a seconda del profilo professionale ed un'offerta del vaccino sul luogo di lavoro sono tutte strategie che potrebbero essere messe in atto per aumentare in maniera l'adesione ai vaccini negli operatori sanitari.

CONVINCERE GLI INDECISI, FORMARE GLI OPERATORI

«Per risolvere il problema del ritorno di alcune malattie -dovute al calo della copertura vaccinale- puntare il dito solo contro i genitori che decidono di non vaccinare i propri figli è sbagliato. Ognuno deve fare la propria parte. Se un operatore sanitario ha una probabilità di contrarre il morbillo 18 volte superiore rispetto ad un normale individuo, è necessario spingere affinché questa categoria di persone si sottoponga alle vaccinazioni. Se già solo riuscissimo sia a convincere i genitori indecisi sia ad aumentare considerevolmente il numero degli operatori vaccinati, l'effetto dovuto a quella quota dei convinti antivaccinisti sarebbe molto minore» conclude Lopalco.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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