Il 2013 ha visto un ritorno di alcune malattie come epatite A, poliomielite e influenza aviaria. Ma la ricerca scientifica ora sta puntando sul cervello
Un anno di epidemie, ma non solo. Il 2013 è stato caratterizzato anche da diverse notizie positive: dalle percentuali di successo sempre più alte registrate nella lotta ad alcuni tumori alle scoperte che hanno riguardato la terapia per l’Aids e le più recenti evidenze che potrebbero permettere di tenere a bada l’epatite C. Senza dimenticare i progressi - riconosciuti tramite l’assegnazione del Premio Nobel - della ricerca di base, oggi impegnata soprattutto nella mappatura delle cellule cerebrali e del microbiota intestinale dell’uomo.
LE EPIDEMIE - Quello appena concluso è stato un anno segnato da diverse recrudescenze. Malattie infettive di cui non si parlava da tempo sono tornate a occupare con preoccupante frequenza le pagine dei più importanti quotidiani, complice anche lo scetticismo di molti italiani nei confronti dei vaccini. Risalgono a maggio i primi allarmi riguardanti il trend di crescita delle infezioni provocate dal virus dell’epatite A, trasmissibile attraverso alimenti contaminati. Sebbene le indagini non abbiano ancora chiarito la fonte della contaminazione, da tempo l’indice è puntato contro i frutti di bosco surgelati, molti dei quali vengono utilizzati crudi per la decorazione dei dolci. In estate è tornato in copertina il virus della poliomielite, riscontrato a più riprese in Israele. L’autunno, invece, è stato segnato dal “mistero” della Mers, il virus appartenente alla stessa famiglia della Sars che nello scorso decennio provocò oltre mille morti, soprattutto nei Paesi orientali. Per finire con il ciclico ripresentarsi della febbre dengue, ancora in grado infettare ogni anno decine di milioni di persone nel mondo, e di un nuovo virus dell’influenza aviaria: l’H7N9, emerso in Cina e in grado di provocare almeno 45 morti rispetto ai 135 casi di infezione confermati in laboratorio.
AIDS, SPERANZA INFINITA - La soluzione sembra sempre dietro l’angolo, ma finora le conseguenze dell’Aids sono rimaste gravi, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Il perché è presto chiaro: in attesa che la ricerca riesca a sviluppare un vaccino ad hoc, non esiste prevenzione più efficace dell’utilizzo del preservativo, ancora troppo snobbato, anche alle nostre latitudini. Quanto alle terapie, oggi tutte le speranze sono riposte nei farmaci antiretrovirali, il cui accesso risulta però economicamente proibitivo in diverse parti del mondo. Con una loro maggiore diffusione sarà possibile rendere l’Aids una malattia cronica perfettamente compatibile con la vita. «Ciò non toglie, però, che l'utilizzo del profilattico rappresenti l’arma migliore nel contrastare la diffusione dell'Aids - spiega Mauro Moroni, primario di infettivologia all'ospedale Sacco di Milano -. Con gli antiretrovirali si stoppa il contagio, ma è fondamentale convincere le persone a rischio a sottoporsi ai test e, se positive, ad iniziare tempestivamente la terapia».
ONCOLOGIA, QUALI PROGRESSI? - Il 2013 passerà alla storia per la chirurgia preventiva, sdoganata dalla scelta dell’attrice Angelina Jolie di farsi asportare i due seni dopo aver scoperto di essere geneticamente predisposta allo sviluppo del tumore al seno. Scelta efficace sì, ma non su larga scala come potrebbe invece rivelarsi l’immunoterapia, appena premiata da Science come svolta dell’anno nella terapia oncologica. Rilevante è stata anche la scoperta dell’utilizzo delle nanotecnologie nella cura delle neoplasie pancreatiche, dalle conseguenze spesso fatali. Lo stesso principio è alla base di una terapia in fase avanzata di studio per intervenire contro il glioblastoma, la più aggressiva neoplasia del sistema nervoso centrale. «La guerra è ancora lontana dall’essere vinta», ripete sovente Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia. Ma i progressi registrati nell’ultimo ventennio - dal melanoma ai tumori polmonari, dalle neoplasie della vescica ai linfomi - lasciano ben sperare, se le prospettive di vita di molti pazienti continuano a migliorare nel tempo.
ALLA SCOPERTA DEL CERVELLO - Il progetto è colossale: mappare l’intero cervello umano. I costi sono da capogiro: almeno tre miliardi di dollari di investimento. L’ambizione del governo americano è la stessa con cui negli anni ’90 i migliori ricercatori statunitensi si impegnarono per scoprire il genoma umano. Il «Brain Activity Map project» durerà per i prossimi dieci anni. Obiettivo: studiare il cervello per capire come funziona, come può essere curato, e come può essere sfruttato al meglio. Con l’aiuto di istituti di ricerca pubblici e privati, gli Stati Uniti puntano a trovare una risposta a infinite malattie, tra cui quelle neurodegenerative. I primi studi sono stati condotti sulla Caenorhabditis elegans, un verme nematode dotato di soli 302 neuroni. Non prima del 2018 si passerà allo studio di organismi più complessi, per iniziare a studiare il cervello umano tra tre lustri.
Fabio Di Todaro
@fabioditodaro