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Oncologia
Raffaella Gatta
pubblicato il 19-02-2025

Colangiocarcinoma: tumore raro ma sempre più diffuso



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Cresce l'incidenza della malattia. Nel 70% dei casi viene scoperto in fase avanzata. Diagnosi precoce e nuove terapie possono fare la differenza

Colangiocarcinoma: tumore raro ma sempre più diffuso

Il colangiocarcinoma, noto anche come tumore delle vie biliari, è una neoplasia rara ma sempre più diffusa, con un aumento costante dei casi negli ultimi anni. Secondo i dati epidemiologici, l’incidenza globale di questa malattia è cresciuta del 5-6% negli ultimi vent’anni, con una maggiore diffusione in Europa e Nord America. In Italia si contano circa 5 mila nuovi casi all'anno. Nonostante ciò, resta ancora poco conosciuto e spesso viene diagnosticato troppo tardi, compromettendo le possibilità di cura. In occasione della Giornata Mondiale dedicata a questa patologia che si celebra il 20 febbraio, l’Associazione Pazienti Italiani di Colangiocarcinoma (APIC) ha sottolineato l’importanza della diagnosi precoce e della ricerca scientifica per migliorare la prognosi e il trattamento dei pazienti.

CHE COS'È IL COLANGIOCARCINOMA?

Il colangiocarcinoma è un tumore che colpisce i dotti biliari, cioè le strutture che trasportano la bile dal fegato all’intestino. Si distingue in due forme principali:

  • intraepatico, che nasce all'interno del fegato;
  • extraepatico, che nasce all’esterno del fegato (distale o per-ilare).

Si tratta di una malattia aggressiva, spesso diagnosticata in fase avanzata perché nelle prime fasi non provoca sintomi evidenti. I segnali possono essere ittero (colorazione gialla della pelle), dolori addominali, perdita di peso e stanchezza, ma spesso compaiono quando il tumore è già esteso. «Il 70% delle diagnosi avviene in fase avanzata, e questo è un problema enorme perché l’unico trattamento curativo è la chirurgia» ha sottolineato il professor Giovanni Brandi, oncologo dell’Università di Bologna e Fondatore di APIC.

LE DIFFICOLTÀ NELLA DIAGNOSI

Uno dei problemi principali del colangiocarcinoma è la mancanza di programmi di screening e di sintomi specifici nelle fasi iniziali. Attualmente, solo il 30% dei pazienti riceve una diagnosi in una fase operabile, mentre nel 70% dei casi il tumore viene individuato troppo tardi, limitando le possibilità di intervento chirurgico, unica opzione realmente curativa. «Dobbiamo aumentare la conoscenza su questa malattia, perché ancora oggi molte diagnosi arrivano per caso, spesso quando ormai è tardi» ha dichiarato il professor Felice Giuliante, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Epato-Biliare alla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, Università Cattolica del Sacro Cuore. Per questo motivo, APIC ha promosso un progetto di prevenzione e diagnosi precoce, istituendo un fondo per incentivare l’uso dell’ecografia addominale superiore nei pazienti con fattori di rischio o sintomi sospetti. «È essenziale individuare la malattia il prima possibile – ha dichiarato il presidente di APIC, Carlo Leonardi – perché anche pochi mesi possono fare la differenza tra un trattamento curativo e uno solo palliativo».

QUALI SONO I FATTORI DI RISCHIO?

Le cause del colangiocarcinoma non sono sempre chiare, ma esistono alcuni fattori di rischio noti:

In particolare, la ricerca sta approfondendo la correlazione tra l’aumento dei casi e fattori ambientali, come l’esposizione a sostanze tossiche e microplastiche, che potrebbero contribuire allo sviluppo della malattia.

LE NUOVE CURE

Negli ultimi anni, il trattamento del colangiocarcinoma ha fatto progressi significativi. Se in passato l’unica opzione per i pazienti inoperabili era la chemioterapia, oggi si stanno affermando l’immunoterapia e le terapie a bersaglio molecolare, che colpiscono specifiche alterazioni genetiche del tumore. «Abbiamo finalmente una prima linea di trattamento con chemio-immunoterapia, che ha dimostrato di prolungare la sopravvivenza dei pazienti» ha spiegato la professoressa Lorenza Rimassa, Professore Associato di Oncologia Medica all’Humanitas University e IRCCS Humanitas Research Hospital di Rozzano, Milano. Tra i farmaci innovativi disponibili ci sono quelli che agiscono su mutazioni di geni come FGFR2, IDH1 e HER2, migliorando le prospettive di sopravvivenza. Tuttavia, solo il 10% dei pazienti con colangiocarcinoma intraepatico può accedere a questi trattamenti, motivo per cui è fondamentale estendere l’uso dei test genetici e migliorare l’accesso ai farmaci innovativi. «Il problema è che alcuni test non riescono ancora a identificare tutte le alterazioni genetiche – continua la Dr.ssa Rimassa - quindi dobbiamo lavorare per migliorare le tecniche di analisi. E poi bisogna garantire un accesso equo ai farmaci innovativi, perché l’uso di questi test deve essere obbligatorio per tutti i pazienti». Un altro ambito di ricerca promettente riguarda la chirurgia associata a trattamenti pre-operatori, come la chemio-immunoterapia o la radioembolizzazione, per ridurre le dimensioni del tumore e aumentare il numero di pazienti operabili.

L'IMPORTANZA DEI CENTRI DI CURA

Data la complessità della malattia, è cruciale che i pazienti vengano trattati in centri specializzati, dove operano équipe multidisciplinari con oncologi, chirurghi epatobiliari, radiologi e patologi esperti nella gestione del colangiocarcinoma. «Non è possibile avere specialisti di questa malattia in ogni ospedale, quindi è fondamentale che i pazienti siano indirizzati ai centri di riferimento» ha dichiarato il presidente di APIC. Tutti i pazienti devono poter ricevere una diagnosi accurata e un trattamento adeguato, indipendentemente dalla loro regione di residenza.


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