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Alimentazione
Fabio Di Todaro
pubblicato il 06-01-2021

L'impatto silente del diabete di tipo 2 sui pazienti più giovani



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Nei Paesi occidentali, cresce il numero di adulti che sviluppano il diabete di tipo 2. Una condizione subdola, che nel tempo può lasciare il segno sul cuore

L'impatto silente del diabete di tipo 2 sui pazienti più giovani

Spesso tutto parte dalla tendenza a fare la pipì troppo spesso: un'anomalia, per chi è ancora nel pieno della propria esistenza. A seguire, compaiono una fame e una sete eccessive rispetto a quelle avvertite fino a pochi mesi prima. Eppure, mangiando di più, il peso non aumenta. Un colpo di fortuna? No, nella maggior parte dei casi. Il quadro descritto è quello con cui si manifesta il diabete di tipo 2, malattia che colpisce oltre 4 milioni di italiani. E che spesso risulta sottovalutata da ragazzi e adulti, sebbene siano in crescita i numeri che riguardano anche i pazienti più giovani. Per cui, a dispetto di quel che si possa immaginare, le conseguenze possono essere più gravi rispetto a quelle rilevabili tra i diabetici più in là con gli anni.


Covid-19: il rischio cresce con il diabete di tipo 2

 

RISCHI PIÙ ALTI SE IL DIABETE ARRIVA IN GIOVANE ETÀ

Se è vero che gli anziani partono spesso svantaggiati, a causa di condizioni di salute complessivamente peggiori, per i pazienti più giovani occorre considerare la maggiore prospettiva di vita, che li porta a convivere per un periodo di tempo più lungo con la malattia. Questo aspetto, unito all'iniziale sottovalutazione dei sintomi e di conseguenza a diagnosi non sempre tempestive, porta il diabete di tipo 2 a essere un nemico subdolo in questi casi. A certificarlo è un gruppo di ricercatori australiani che ha firmato una metanalisi pubblicata sulla rivista Diabetologia. Passando in rassegna le conclusioni di 26 studi, per un totale di oltre 1.3 milioni di persone provenienti da 30 diversi Paesi coinvolte, i ricercatori sono giunti alla conclusione che «un'età più giovane alla diagnosi è associata con un rischio più alto di mortalità e di complicanze vascolari legate al diabete». Motivo per cui «occorre fare di più in chiave preventiva». Mentre, se la malattia è già presente, «tenere sotto controllo i livelli di glucosio e la salute cardiovascolare» è un impegno da assumere per evitare premature complicanze del diabete.

LA SINDROME METABOLICA AUMENTA
IL RISCHIO DI MALATTIE CARDIOVASCOLARI? 

NON SOTTOVALUTARE I CAMPANELLI D'ALLARME

In assoluto, confrontando due gruppi di pazienti di età molto diverse, i più anziani registreranno un numero di complicanze superiori. A fare la differenza è l'età, che spesso equivale alla presenza anche di altri problemi di salute. Ma considerando l'invecchiamento e la lunga «convivenza» con la malattia, a pagare il prezzo più alto rischiano di essere le persone che si ammalano da giovani. «Il diabete tipo 2 è subdolo poiché, a meno di glicemie particolarmente elevate, può non dare particolari segni o sintomi di allarme», avverte Stefano Del Prato, direttore dell'unità operativa di malattie del metabolismo e diabetologia dell'azienda ospedaliero-universitaria di Pisa e blogger di Fondazione Umberto Veronesi. Troppo spesso si sente dire: «È solo un po’ alta, la glicemia». Oppure: «La prossima volta, prima di fare le analisi, stai attento a cosa mangi». La realtà è che non esiste una forma lieve di diabete, considerando che il prediabete è qualcosa di diverso. Né è possibile considerare il diabete meno pericoloso perché non comporta disturbi. E più l'insorgenza è precoce, maggiore è il rischio di sviluppare le complicanze oculari, renali e nervose (oltre a quelle cardiovascolari) che caratterizzano la malattia, se non controllata. 


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PERCHÈ CI SONO SEMPRE PIÙ GIOVANI DIABETICI?

A preoccupare è soprattutto l'aumento del numero di giovani pazienti, che viaggia a braccetto con i livelli di benessere di una società. «Si ammalano sempre più ragazzi e giovani adulti per le stesse cause che negli ultimi 30 anni hanno comportato il raddoppio del numero di persone con diabete nel mondo: l'eccessivo introito calorico, la ridotta attività fisica, la meccanizzazione del lavoro e l'aumentato livello di stress - prosegue Del Prato, che è anche presidente dell'Associazione Europea per lo Studio del Diabete (Easd) -. In alcune società, a partire da quella americana, questi cambiamenti degli stili di vita hanno comportato perfino un aumento dei casi di diabete tra i bambini». Vale dunque la pena di ribadire le informazioni utili per fare prevenzione. «È indispensabile cercare di seguire uno stile di vita salubre con attenzione alla dieta e all'attività fisica, le fondamenta più solide per mantenere sotto controllo il peso corporeo. I giovani, se già in sovrappeso o obesi, dovrebbero controllare ogni anno la glicemia per cogliere eventuali alterazioni anche in assenza di sintomi».

UN PROBLEMA ANCHE ITALIANO 

Negli ultimi quarant'anni, anche il nostro Paese ha fatto registrare un aumento della prevalenza del diabete tipo 2. Sia nella popolazione generale sia tra i più giovani. I dati dell'osservatorio ARNO oggi dicono invece che si è di fronte a una stabilizzazione dei numeri, assestatasi negli ultimi due lustri. Nel 2019 risultava alle prese con il diabete lo 0.8 per cento dei giovani adulti (20-34 anni) e quasi il 35 per cento degli over 65. Il momento però non permette di abbassare la guardia. A preoccupare è l'elevata frequenza di sovrappeso (4 bambini su 10) e obesità (1 su 5) in età infantile. «Dato che l’obesità è forse il maggior elemento di traino per la comparsa del diabete tipo 2, se non verranno sviluppate adeguate misure preventive, è probabile che anche in Italia l'età di insorgenza possa calare nei prossimi anni», conclude l'esperto.

 

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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