Da fattore di rischio a possibile conseguenza: c'è un «doppio» collegamento tra il diabete e la steatosi epatica nei primi anni di vita. La prevenzione parte dalla riduzione del peso
Di per sé, è già un problema di fronte al quale porre attenzione. La steatosi epatica è la malattia cronica a carico del fegato più frequente nel mondo occidentale. Già diffusa in età infantile e adolescenziale, la condizione, che in Italia si stima riguardi il 15 per cento dei bambini, rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo della cirrosi e, a seguire, del tumore del fegato. Ma essendo l'organo la centrale energetica dell'organismo, le ripercussioni possono riguardare anche altre «vie» del metabolismo. Come quello che porta alla degradazione degli zuccheri, dal momento che la steatosi epatica aumenta il rischio di ammalarsi di diabete (e viceversa).
COME QUEL CHE MANGIAMO
PUO' FARCI AMMALARE?
FEGATO GRASSO E PANCREAS IN «TILT»
L'indicazione emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Hepatology da un pool di ricercatori italiani (ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma e Università di Verona) e inglesi (Università di Southampton). L'indagine, condotta su 700 bambini del nostro Paese seguiti dal 2003 al 2018, ha portato a riscontrare una maggiore probabilità, per coloro che erano affetti da steatosi epatica non alcolica (confermata dall'esame istologico), di sviluppare una maggiore difficoltà a metabolizzare il glucosio. Nello specifico, la «resistenza» nei confronti degli zuccheri è emersa per un bambino su cinque (uno su dieci tra coloro che non avevano il fegato grasso). Nella maggior parte dei casi il problema si è manifestato attraverso una condizione di prediabete: con una difficoltà nel controllo della glicemia reversibile, intervendo sull'eccesso di peso. In meno dell'un per cento di questi, invece, è stato possibile portare a termine una diagnosi di diabete mellito in pazienti in età infantile o adolescenziale.
Il fegato può essere grasso anche in chi è magro
DIABETE E FEGATO GRASSO VANNO A BRACCETTO
Il fegato grasso (o steatosi epatica) è la più frequente malattia epatica in età pediatrica. Detto della percentuale complessiva di bambini che ne sono affetti nel nostro Paese, il 70 per cento di loro è in sovrappeso, se non obeso. Un aspetto che conferma come l'eccesso ponderale nei primi anni di vita possa determinare da subito - e non soltanto con il passare del tempo - un danno alla salute. Il diabete, oltre a essere un fattore di rischio per lo sviluppo della malattia, può dunque insorgere con maggior frequenza in chi ha il fegato grasso. La correlazione tra le due condizioni è ormai chiara agli scienziati. Alla base della steatosi epatica vi è infatti la resistenza all’insulina, ovvero l'incapacità che le cellule hanno di incamerare il glucosio. Questa costringe il pancreas a secernare quantità sempre crescenti dell'ormone, al fine di mantenere la glicemia nella norma. Una tendenza, quest'ultima, che a lungo andare può spianare la strada al diabete. E, a seguire, ai problemi cardiovascolari che possono derivarne.
LA CURA STA NELLA DIETA
A legare le due condizioni (e non solo) è l'eccesso di peso in età infantile. L'aumento della sua prevalenza ha nel tempo fatto crescere anche la diffusione di malattie per decenni rilevabili quasi esclusivamente tra i «grandi». La rilevanza del collegamento conferma quello che gli esperti ripetono da tempo. «L’unica terapia per la steatosi epatica non alcolica è la correzione degli stili di vita - dichiara Ludovico Abenavoli, gastroenterologo dell'Università Magna Graecia di Catanzaro -. La dieta mediterranea è quella che dovremmo seguire tutti, indipendentemente dal peso di partenza. Chi parte da una condizione di eccesso, deve però ridurre l'apporto calorico e incrementare l'attività fisica». Sconfiggere la steatosi epatica è meno difficile di quello che sembri, a patto di cambiare subito rotta. Nessun farmaco si è rivelato finora in grado di far «dimagrire» il fegato.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).