Schiacciati dagli impegni, molti ragazzi con l'arrivo dell'adolescenza abbandonano lo sport. Così la loro salute peggiora, anche se gli effetti rischiano di vedersi dopo molti anni
L'adolescenza è il periodo in cui più spesso si registra l'abbandono dell'attività sportiva. La scelta è spesso il frutto della difficoltà che i ragazzi trovano nel ritagliarsi il tempo necessario per lo sport, in una fase della vita in cui gli impegni tendono ad aumentare. Così, tra le varie incombenze, a essere sacrificati sono quasi sempre il calcio, il basket, l'atletica leggera, il nuoto, la danza o il tennis. Per i pediatri, la questione non è nuova. Ma il fatto che a portarla a galla sia l'Organizzazione Mondiale della Sanità, dà l'idea della gravità del problema. Spulciando i risultati di quasi 300 indagini, i ricercatori hanno fatto luce sui livelli di attività fisica di oltre 1.6 milioni di ragazzi (11-17 anni) di 146 diversi Paesi. Sconfortanti i risultati raccolti. Al pari degli adulti, oltre l'80 per cento di loro si muove meno di quanto dovrebbe: un'ora al giorno.
ATTIVITA' SPORTIVA NON AGONISTICA:
QUALI CONTROLLI EFFETTUARE?
SPORT E DIFFERENZE DI GENERE
La loro ricerca, pubblicata sulla rivista The Lancet Child & Adolescent Health, è la prima ad aver indagato l'attitudine allo sport dei ragazzi. Lo scenario più preoccupante riguarda le ragazze, dal momento che i livelli di sedentarietà misurati tra di loro hanno raggiunto l'85 per cento (78 per cento il dato tra i coetanei maschi). Nei casi estremi, il divario di genere ha superato i quindici punti percentuali. E, più in generale, risulta in aumento rispetto a vent'anni addietro. «Lo studio evidenzia che ai giovani è spesso negato il diritto di giocare - afferma Fiona Bull, ricercatrice del dipartimento di promozione della salute dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e coordinatrice dello studio -. Serve l'impegno di tutti i governi per mettere i ragazzi nelle condizioni ideali per trarre i benefici che l'attività fisica è in grado di assicurare». Spulciando tra i risultati relativi ai singoli Stati, la Corea del Sud fa registrare la più alta prevalenza di inattività fisica tra le ragazze (97 per cento) e nella sommatoria dei dati relativi ad ambo i sessi (94 per cento). Il peggior dato maschile riguarda invece le Filippine (93 per cento). Preoccupanti anche le statistiche rilevate in Bangladesh, in India e negli Stati Uniti.
Adolescenti: ancora poca attenzione alla salute
ATTIVITA' FISICA (ALMENO) PER UN'ORA AL GIORNO
Questa tendenza alla sedentarietà si traduce in un peggioramento delle condizioni di salute a partire dall'adolescenza, con inevitabili riflessi anche su quelle che sarà la salute dei futuri adulti. I benefici determinati da uno stile di vita fisicamente attivo durante l'adolescenza sono molto ampi e includono il miglioramento dello sviluppo muscolare, delle salute respiratoria e cardiovascolare, oltre che delle ossa. Si tratta di conseguenze pressoché scontate e derivanti da una gestione migliore del peso corporeo. Più ci si muove, infatti, minori sono le probabilità di ritrovarsi a combattere con i chili di troppo. Le evidenze non sono ugualmente forti, ma diverse ricerche hanno ipotizzato un beneficio anche per lo sviluppo cognitivo e la costruzione di una solida rete sociale da parte dei più giovani. Vantaggi che tendono a protrarsi fino all'età adulta. Da qui l'appello dell'Organizzazione Mondiale della Sanità: «Gli adolescenti dovrebbero svolgere un'attività sportiva tutti i giorni: almeno della durata di un'ora».
MENO DISUGUAGLIANZE PER GIOVANI PIU' SPORTIVI
Per migliorare i livelli di attività fisica tra gli adolescenti, gli autori del rapporto esigono il varo di programmi efficaci per incrementare nei ragazzi l'attitudine a praticare sport. Un'azione di questo tipo deve essere articolata a più livelli e prevedere una sinergia tra le famiglie e il sistema scolastico. Ma a essere chiamata in causa è anche la classe politica. «Riconoscere e superare le disuguglianze presenti all'interno della società è il primo passo da compiere per ridurre anche le differenze di genere», affermano i ricercatori, che si appellano a chi si occupa di pianificazione urbana e sicurezza stradale, affinché le loro scelte siano assunte per incentivare lo sport all'aria aperta.
Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).