Una accurata revisione di studi fa il punto sul vaccino contro l'HPV: funziona nel prevenire i tumori del collo dell'utero e i rischi sono di molto inferiori ai benefici
Il vaccino contro il papillomavirus (HPV) è efficace nel prevenire il tumore della cervice uterina e non è pericoloso per la salute. È questo il risultato dell’ultima revisione di studi condotta dalla Cochrane Collaboration, che ha l’obiettivo di dare risposte a dubbi su un dato problema di salute tirando le somme di quanto la letteratura scientifica ha dimostrato al momento. In questo caso, la domanda era doppia: il vaccino anti-HPV funziona nel ridurre i rischi di carcinoma del collo dell’utero? E quali danni comporta?
L'INDAGINE
Per rispondere, i revisori della Cochrane hanno esaminato 26 studi che hanno coinvolto oltre 73.000 ragazze e donne, nella maggior parte dei casi giovani. Sono stati selezionati solo studi clinici randomizzati, nei quali cioè gli effetti del vaccino sono stati confrontati con un placebo. Tutti gli studi tranne uno sono stati sostenuti anche con i fondi delle aziende farmaceutiche. Il periodo di osservazione si è esteso fino a un massimo di 8 anni.
PROTEGGE DAL TUMORE DEL COLLO DELL'UTERO?
Nelle giovani donne (15-25 anni) prive di infezione da HPV il vaccino ha mostrato di ridurre il rischio di lesioni precancerose associate con i tipi di HPV più a rischio (16 e 18). Di quanto? Fra le donne non vaccinate i nuovi casi di lesioni precancerose sono stati 164 su 10.000, fra quelle vaccinate 2 su 10.000. La riduzione è stata più marcata fra le donne più giovani, con meno di 25 anni, probabilmente – scrivono gli autori - perché le donne vaccinate fra i 25 e i 45 anni erano già state esposte al virus.
COMPORTA RISCHI IMPORTANTI?
Il numero di eventi avversi gravi o letali è risultato simile fra le donne vaccinate contro l’HPV e quelle vaccinate con un placebo o contro altre infezioni. Qualche cautela è raccomandata in gravidanza (durante la quale infatti il vaccino non si fa) poiché anche se non risulta un aumento di rischio di aborto o parto prematuro, mancano dati adeguati per poter dire con certezza che il vaccino non aumenti il rischio di malformazioni nei neonati.
FUNZIONA MEGLIO NELLE DONNE PIù GIOVANI
Quindi la protezione del vaccino risulta particolarmente efficace nelle ragazze con meno di 26 anni e, invece, più bassa, nella popolazione già infettata dal papillomavirus. E questo è il principale motivo per cui il Servizio Sanitario Nazionale propone la vaccinazione (con offerta attiva e gratuita) a femmine e maschi nel loro dodicesimo anno di età. Va ricordato, infatti, che dal 2017 la vaccinazione è raccomandata anche ai ragazzi, dato che protegge non solo dal carcinoma del collo dell’utero, ma anche da lesioni benigne come i condilomi genitali e da altri tipi di cancro ai quali alcuni tipi di HPV sono associati: tumori dell’area anogenitale, come quelli del pene e dell’ano, e tumori del cavo orale, come quelli dell’orofaringe.
IL PAPILLOMAVIRUS
L’HPV è un virus molto diffuso fra le persone giovani con una attività sessuale. Si trasmette infatti per contatto attraverso pelle e mucose; il contagio può avvenire anche con sesso orale o con rapporti non completi. Molto più raramente attraverso altri tipi di contatto. Nella maggior parte dei casi l’organismo si libera da sé del virus e l’infezione, che non dà sintomi, scompare senza che la persona si accorga di averla avuta. Ma a volte il virus permane, l’infezione diventa cronica ed è in questi casi che può portare, nel tempo, a lesioni pretumorali e, poi, al cancro. A influire sul rischio di cronicizzazione concorrono vari fattori, E risultano più esposte le persone con un sistema immunitario compromesso e le fumatrici. Non si tratta di un unico virus, se ne conoscono un centinaio di tipi diversi, fra cui almeno 12 sono stati classificati “virus oncogeni”, ovvero capaci di provocare un cancro. In particolare, l’HPV 16 e 18 sono responsabili del 72 per cento dei casi di tumore del collo dell’utero. Un ulteriore 20 per cento dipende dai tipi 31, 33, 35, 45, 52, 58. Tutti i tumori di questo tipo, quindi, dipendono dall’HPV. Quello del collo dell’utero è il primo tumore riconosciuto come totalmente riconducibile ad una infezione. Il fatto di avere identificato una causa univoca ha permesso di costruire strategie di prevenzione estremamente efficaci, come lo screening e come la vaccinazione.
LA PREVENZIONE
Il processo di formazione di un tumore richiede anni ed è per questo che per le donne è fondamentale effettuare controlli ginecologici e lo screening con il Pap-test, che permette di scoprire lesioni pretumorali e curarle prima che diventino un pericolo. Al Pap-test si è aggiunto nell’ultimo decennio l’HPV-test, già offerto anche nei programmi di screening in alcune regioni alle donne oltre i 30 anni, che permette di rilevare la presenza dell’infezione. Nelle donne che non sono portatrici del virus i controlli si possono diradare, alle altre viene consigliato un piano di prevenzione personalizzato. Lo screening ha permesso di ridurre drasticamente l’impatto del carcinoma cervicale nei paesi in cui è diventato prassi. Se gli screening per individuare lesioni pretumorali e la vaccinazione contro l'HPV fossero adeguatamente diffusi, questo tipo di tumore potrebbe diventare davvero una rarità.
LA VACCINAZIONE
Oggi esistono veri tipi di vaccini: un vaccino bivalente, ovvero attivo contro due tipi di papillomavirus (HPV 16 e 18), uno quadrivalente (contro HPV6, 11, 16, 18) e, dal 2017, uno 9-valente, che previene l’infezione da nove tipi di HPV (HPV6, 11, 16, 18, 31, 33, 45, 52, 58). Si è discusso molto delle reazioni avverse, motivo per cui vengono monitorate attentamente le segnalazioni, su scala mondiale e su un numero di dosi che ormai ha superato i 200 milioni. Le reazioni registrate con una certa frequenza (almeno nell’uno per cento delle persone vaccinate) sono cefalea, capogiro, nausea, dolore e gonfiore nel sito di iniezione, febbre, affaticamento.
Fonti
Donatella Barus
Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.