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Fumo
Paola Scaccabarozzi
pubblicato il 18-10-2022

Anche l'intelligenza artificiale può aiutarci a smettere di fumare



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Algoritmi e deep learning possono aiutare a identificare gli ambienti associati al fumo e creare contesti utili per chi smette

Anche l'intelligenza artificiale può aiutarci a smettere di fumare

Il fumo nella nostra società costituisce la prima causa di morte evitabile, legata all’insorgenza di un tumore su tre. Per affrontare un fenomeno così impattante sulla salute individuale e collettiva, un ausilio importante proviene anche dall’intelligenza artificiale. Se ne è parlato, insieme ad alcune delle infinite problematiche e sfaccettature che la tematica “fumo” mette in campo, nel corso del XVIII Congresso della Società Italiana di Tabaccologia (Milano 7-8 ottobre 2022), a cui ha partecipato anche Fondazione Umberto Veronesi. Il Congresso è stato presieduto da Roberto Boffi, Responsabile Centro Antifumo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, con la presidenza onoraria di Girolamo Sirchia (colui che ricordiamo per l’omonima Legge del 2005 che da allora ha tutelato i diritti dei non fumatori nei luoghi pubblici chiusi).

 

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E LA SUA APPLICAZIONE IN MEDICINA

Il termine “intelligenza artificiale” (IA) si riferisce alla capacità degli algoritmi computazionali di apprendere dati in modo che gli algoritmi stessi possano eseguire compiti automatici, ossia senza intervento umano a ogni step del processo. L’intelligenza artificiale viene spesso utilizzata in medicina, in ambiti differenti e con diverse finalità. «Vi sono esempi che vanno dall’analisi dei pattern (algoritmi specifici, a volte ricorsivi, che seguono uno schema prestabilito, ndr) delle immagini diagnostiche raccolte con lo smartphone per l’esame di lesioni cutanee», ha spiegato Cristiano Chiamulera, Professore Ordinario di Farmacologia presso l'Università degli Studi di Verona e responsanbile del laboratorio di NeuroPsicofarmacologia (NeuroPsiLab) presso il Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica, durante la sua Lectio Magistralis al Congresso. «Alle analisi di algoritmi vocali che partono dalla raccolta di registrazioni digitali con lo scopo di supportare la diagnosi di pazienti affetti dal morbo di Parkinson e altri disturbi cognitivi. C’è l’analisi di pattern complessi, raccolti tramite dispositivi indomabili, utili a raccogliere informazioni sul comportamento di pazienti neuropsichiatrici». Insomma, quello dell’intelligenza artificiale è un mondo complesso, in movimento vorticoso e che continua a trovare nuove applicazioni.

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Il fumo. Una dipendenza che mette a rischio la salute

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L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE E IL FUMO

Il rapporto tra fumo e ambiente è una relazione intricata e ambivalente. E l’intelligenza artificiale può costituire uno strumento per comprendere meglio questa delicata interazione. «Se da una parte sono sempre più evidenti e notorie le innumerevoli ripercussioni negative del fumo sull’ambiente. A partire, ad esempio, dall’inquinamento dell’aria fino all’impatto dei mozziconi gettati a terra e il conseguente rilascio di sostanze pericolose - spiega Chiamulera - meno si riflette su quanto l’ambiente stesso con la sua carica di ricordi, di emozioni ed evocazioni, possa impattare sul fumatore e sul rischio di ricaduta, qualora abbia smesso di fumare». Ci sono luoghi che, come calamite, azionano meccanismi interni, consci ed inconsci, e incitano ad accendere la sigaretta.

 

IDENTIFICARE I CONTESTI-TRAPPOLA

L’intelligenza artificiale in questo ambito specifico può rivelarsi uno strumento estremamente utile, come testimoniato da uno studio del 2019 pubblicato sulla rivista Jama (Identifying Smoking Environments From Images of Daily Life With Deep Learning) per comprendere quali siano le situazioni maggiormente a rischio. In questa ricerca sono state analizzate 4.902 immagini di ambienti quotidiani scattate da 169 fumatori in North Carolina e in Pennsylvania, in un periodo compreso tra il 2010 e il 2016. Lo scopo quello di individuare, appunto tramite l’utilizzo di specifici algoritmi, gli ambienti associati al fumo. I risultati hanno evidenziato oggetti e contesti specifici associati al fumo, come una panchina o la fermata in attesa del treno. Come emerso in maniera significativa dallo studio, le previsioni del modello erano significativamente correlate con il desiderio segnalato dai partecipanti stessi quando venivano visualizzati determinati ambienti. «Gli ambienti associati al fumo», ha spiegato Chiamulera, «aumentano il desiderio di fumare e possono provocare ricadute per gli ex-fumatori. L'identificazione degli ambienti a rischio di fumo dalle immagini della vita quotidiana di un fumatore fornisce dunque una base per interventi mirati sull’ambiente».

 

GLI AMBIENTI PER FUMATORI

E, se ci sono luoghi come evidenziato, che in maniera spiccata agiscono su meccanismi interiori predisponenti al fumo, quale l’impatto di luoghi disegnati appositamente per i fumatori? Che cosa emerge dall’esperienza clinica? «Se ci sono ambienti poco allettanti, come ad esempio, la cabina trasparente per fumatori in aeroporto - conclude Boffi, Responsabile Centro Antifumo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano - esistono situazioni molto gradevoli in grado di richiamare l’ex fumatore. Dunque, premesso che l’intenzione non è quella di giudicare il fumatore, non bisogna neppure diventare suo complice, ricadendo nell’errore di metterlo nelle condizioni di riprendere a fumare e di incitarlo a farlo. È un po’ come quando si elargisce un premio ad un ex-fumatore: si è soddisfatti per il risultato ottenuto, ma si resta attenti e guardinghi per il suo bene futuro. È insieme una gioia e un monito». Un Giano bifronte quindi che richiama al mito delle Sirene di Ulisse e che deve essere giocato con estrema attenzione, delicatezza ed esperienza, a partire anche dalla conoscenza dei luoghi che frequenta e delle infine emozioni a questi correlate.

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Paola Scaccabarozzi
Paola Scaccabarozzi

Giornalista professionista. Laureata in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, con specializzazione all'Università Cattolica in Materie Umanistiche, ha seguito corsi di giornalismo medico scientifico e giornalismo di inchiesta accreditati dall'Ordine Giornalisti della Lombardia. Ha scritto: Quando un figlio si ammala e, con Claudio Mencacci, Viaggio nella depressione, editi da Franco Angeli. Collabora con diverse testate nazionali ed estere.   


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